Gli Stati Uniti sono arrivati a chiedere uova al Veneto
Per sopperire al notevole calo di produzione dovuto all’aviaria, che ha fatto alzare i prezzi

Negli ultimi dieci giorni diversi imprenditori veneti che producono uova hanno ricevuto richieste dagli Stati Uniti, alle prese con una carenza notevole dovuta all’influenza aviaria. Il Veneto è la prima regione italiana per produzione di uova: ogni anno dagli allevamenti veneti ne escono circa 2 miliardi, il 26 per cento di tutte quelle prodotte in Italia.
Il prezzo delle uova negli Stati Uniti è aumentato di quasi il 60 per cento rispetto alla fine del 2024 – il costo medio ha superato gli 8 dollari per una dozzina di uova – a causa dell’influenza aviaria che sta spingendo gli allevatori a uccidere milioni di polli e galline per limitare i contagi. Le regole impongono di uccidere tutti gli animali negli allevamenti in cui viene segnalato anche un solo contagio: per questo motivo a gennaio sono stati uccisi 23 milioni di uccelli tra tacchini, polli e appunto galline da uova, che sono la maggior parte.
Il calo di produzione è un problema soprattutto nel periodo di avvicinamento alla Pasqua cristiana (20 aprile) e alla Pasqua ebraica (dal 12 al 20 aprile), quando la domanda – già più alta rispetto alla maggior parte degli altri paesi – cresce ulteriormente. Sia singoli imprenditori che le ambasciate americane all’estero stanno quindi cercando nuove forniture per rimpiazzare parte della produzione nazionale ed evitare un ulteriore aumento dei prezzi.
Michele Barbetta, allevatore padovano e presidente del settore avicolo di Confagricoltura Veneto, ha detto che sarà complicato aiutare gli Stati Uniti perché l’aviaria ha causato molti abbattimenti anche in Italia. Dallo scorso autunno in Italia sono state uccise 4 milioni di galline ovaiole su 41 milioni, concentrate principalmente negli allevamenti in Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna. Significa una perdita di 1,4 miliardi di uova su un totale di 14 miliardi. «Pure noi siamo al limite con la produzione e non possiamo garantire un approvvigionamento», ha detto.
È invece più possibilista Gian Luca Bagnara, presidente nazionale di Assoavi, associazione che rappresenta molti produttori in tutta Italia. «Noi abbiamo due picchi, adesso e fine anno, ma potremmo avere sei mesi di extra produzione. Fornire uova agli Stati Uniti tra l’altro potrebbe essere un’occasione per aprire nuove prospettive: può diventare uno strumento politico». Bagnara si riferisce ai dazi minacciati dal presidente americano Donald Trump e alle restrizioni già in vigore per l’importazione di prodotti derivati dalle uova.
È stato ancora più esplicito l’assessore regionale all’Agricoltura Federico Caner: «Gli Stati Uniti si ricordino che il mercato è mondiale e senza confini e questa ne è l’ennesima dimostrazione: gliene facciamo memoria una volta di più visto che parlano di dazi».
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