In una scuola di Palermo bambini e bambine hanno deciso di non portare più il grembiule
Per mezzo di un referendum organizzato e votato da loro, e incentivato dalla dirigenza come “compito di realtà”

All’istituto “Rita Borsellino” di Palermo, in Sicilia, un referendum che era stato organizzato dai bambini e dalle bambine per decidere se continuare o meno a indossare il grembiule è stato vinto da chi voleva rimuoverlo: l’iniziativa era nata da una lettera che due quarte elementari hanno inviato alla preside dell’Istituto, Lucia Sorce, in cui chiedevano di poter smettere di indossare il grembiule perché è scomodo.
Con 289 voti favorevoli e 107 contrari, gli alunni e le alunne dell’istituto hanno votato a favore della rimozione del grembiule. Il voto avrà valore immediato: dalla prossima settimana i bambini e le bambine utilizzeranno il grembiule solo nelle situazioni in cui è necessario per non sporcarsi, come durante i laboratori artistici o nelle attività esterne, come l’orto scolastico o le gite. Per il resto potranno iniziare a frequentare le lezioni quotidiane indossando solo i propri vestiti.
L’iniziativa del referendum era stata avviata il mese scorso, su spinta del maestro Giovanni Lo Monaco. Alcuni suoi alunni e alunne gli avevano chiesto di poter smettere di utilizzare il grembiule, e anziché rispondergli che il grembiule andava indossato perché il regolamento lo prevede, Lo Monaco li aveva esortati a inviare una richiesta ufficiale alla preside dell’istituto.
Sorce, che presiede la scuola da 18 anni, aveva ritenuto la richiesta legittima, ma aveva ritenuto opportuno coinvolgere tutti gli alunni e le alunne della scuola, circa 400, visto che i firmatari della lettera erano solo una cinquantina. Aveva così proposto un referendum con urne e scrutatori, per quello che aveva presentato come un modo di «educare i bambini alla democrazia partecipata».
L’organizzazione del referendum aveva richiesto qualche settimana, in cui i bambini erano stati divisi in gruppi e impegnati in varie attività: la preparazione delle urne di cartone, la creazione e il disegno delle schede elettorali col quesito referendario, la scrittura dei manifesti e delle locandine con gli slogan per invitare alunni e alunne al voto. Alla fine sono stati allestiti tre seggi elettorali, creati due comitati elettorali, affisse decine di manifesti e organizzate due giornate per il voto.
L’organizzazione del referendum, coordinata dagli insegnanti, è stata un’attività scolastica in linea con i principi della pedagogia più recente: Sorce aveva definito l’organizzazione del voto un “compito di realtà”, cioè un’attività in cui alunni e alunne immaginano di affrontare una situazione concreta che potrebbero vivere nella propria vita quotidiana, e il cui svolgimento serve a valutare non tanto le conoscenze, quanto le competenze e l’attitudine a collaborare con altre persone per raggiungere obiettivi comuni.