Trump sta cercando di smantellare anche il dipartimento dell’Istruzione
Ha firmato un ordine esecutivo per chiuderlo, una decisione senza precedenti e la cui legalità è molto discussa

Giovedì il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per chiudere il dipartimento federale dell’Istruzione e demandare completamente ai singoli stati la gestione del sistema scolastico (che è già gestito principalmente a livello locale, ma non del tutto).
Era una decisione attesa ma che non ha precedenti e la cui legalità è molto contestata: per legge Trump non può chiudere un dipartimento del governo federale senza l’approvazione del Congresso, che l’ha istituito. Per farlo dovrebbe far passare una legge apposita votata da un’ampia maggioranza, per cui sarebbero necessari anche alcuni voti del Partito Democratico.
In base all’ordine esecutivo la segretaria all’Istruzione Linda McMahon avrà il compito di facilitare il passaggio di competenze dal dipartimento agli stati e assicurarsi che non ci siano interruzioni nei servizi scolastici. Dovrà inoltre assicurarsi che non vengano più assegnati fondi federali a programmi che promuovono quelle che l’amministrazione Trump ritiene «discriminazioni illegali», ovvero i programmi di diversità e inclusione e tutto ciò che «promuove» la cosiddetta «ideologia gender», un’espressione dispregiativa usata negli ambienti più conservatori per riferirsi all’insieme di studi e politiche che riguardano la comunità LGBTQ+, spesso travisandoli e attribuendo loro degli obiettivi di trasformazione sociale con effetti negativi.
Trump aveva detto di voler chiudere il dipartimento dell’Istruzione già nel 2016, ma non aveva avuto l’appoggio necessario dal Congresso. Durante l’ultima campagna elettorale ne aveva parlato più volte, sostenendo che fosse un organo inquinato dall’ideologia progressista e inutilmente dispendioso di cui si sarebbe potuto fare a meno (un’opinione condivisa da anni all’interno del Partito Repubblicano).
Il fatto che abbia 4mila dipendenti è visto dai Repubblicani come uno degli esempi principali degli sprechi dell’amministrazione federale. La scorsa settimana McMahon aveva iniziato il processo di smantellamento del dipartimento ordinando il licenziamento di metà dei suoi dipendenti. In risposta un gruppo di stati Democratici aveva intentato una causa contro il provvedimento, sostenendo che il licenziamento fosse talmente esteso da rendere il dipartimento impossibilitato a svolgere le sue funzioni, e quindi illegale.
Al momento non è chiaro cosa succederà, non solo perché non si sa se effettivamente Trump riuscirà a mettere in atto la misura senza essere bloccato da un tribunale, ma anche perché non è stato ancora reso noto quali funzioni del dipartimento verranno trasferite agli stati o ad altri dipartimenti federali e quali saranno eliminate del tutto.
Il dipartimento dell’Istruzione esiste solo dagli anni Ottanta e non ha grandi competenze: le scuole sono finanziate e governate a livello locale seguendo linee guida generali approvate dal Congresso. Ha un budget annuale di 300 miliardi di dollari, una parte dei quali viene usata per finanziare una serie di programmi che vanno dalle mense scolastiche alle borse di studio per gli studenti con reddito basso. L’85 per cento dei fondi per le scuole statunitensi però viene dai singoli stati e il dipartimento funziona più che altro come un organo di coordinamento che raccoglie dati, organizza campagne di sensibilizzazione e soprattutto gestisce centinaia di miliardi di prestiti studenteschi federali, da cui dipendono decine di milioni di persone.
Il programma di prestiti federali è autorizzato dal Congresso e quindi non sarebbe interrotto anche se Trump riuscisse a smantellare il dipartimento dell’Istruzione. In passato il Partito Repubblicano aveva chiesto che a gestirlo fosse il dipartimento del Tesoro.