Centinaia di risarcimenti per le stragi naziste sono ancora bloccati

Al punto che decine di parenti delle vittime hanno messo in mora il ministero dell’Economia, in ritardo di anni coi pagamenti

Le lapidi delle vittime della strage nazista delle Fosse Ardeatine
Le lapidi delle vittime della strage nazista delle Fosse Ardeatine (Antonio Masiello/Getty Images)

I famigliari di una ventina di deportati nei lager tedeschi durante la Seconda guerra mondiale hanno presentato un ricorso al tribunale amministrativo del Lazio (TAR) per ottenere il risarcimento che gli spetta di diritto secondo una sentenza del 2019. Si sono appellati ai giudici dopo aver sollecitato più volte il pagamento al ministero dell’Economia, messo in mora nell’aprile del 2024, sei mesi dopo il primo avviso. Nella stessa situazione ci sono centinaia di altri famigliari di deportati o di vittime delle stragi naziste: per loro il ricorso al TAR è solo l’ultima causa di una lunga serie.

La gestione dei risarcimenti per le stragi, gli eccidi e le deportazioni compiute in Italia dall’esercito nazista tra il 1939 e il 1945 è da sempre molto complessa e controversa. Negli ultimi trent’anni, soprattutto dopo i procedimenti istituiti dalle procure militari e conclusi con centinaia di condanne di soldati tedeschi, molti tribunali italiani hanno esaminato cause penali e civili presentate dai famigliari delle vittime, a cui sono seguite sentenze di risarcimento. Le richieste si sono poi trascinate per anni, perché la Germania si è sempre opposta ai pagamenti sostenendo di aver già saldato il conto all’Italia con gli accordi di Bonn del 1962.

Per chiudere la questione ed evitare scontri diplomatici con la Germania, il 30 aprile del 2022 il governo di Mario Draghi approvò un decreto-legge che istituì un fondo apposito per i risarcimenti. Inizialmente il fondo era di 55 milioni di euro, aumentato poi a 61 milioni divisi su più anni. Di fatto, in questo modo l’Italia si è fatta carico dei risarcimenti che spettavano alla Germania.

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La principale conseguenza del decreto è stata un radicale cambiamento nell’impostazione dei processi, in cui lo Stato italiano è diventato controparte al posto dello Stato tedesco. Significa che i famigliari hanno dovuto fare causa sia alla Germania che all’Italia, e che per questo l’Avvocatura dello Stato ha iniziato a opporsi alle richieste di risarcimento. Lo ha fatto in un modo che gli avvocati dei famigliari hanno giudicato sgradevole, tra le altre cose mettendo in dubbio le prove delle stragi.

Al termine di molti processi i giudici hanno dato comunque ragione ai famigliari e hanno stabilito i risarcimenti che vanno da poche migliaia di euro fino, in alcuni casi, a centinaia di migliaia di euro. A sentenze acquisite, gli avvocati dei famigliari hanno quindi mandato le richieste di pagamento al ministero dell’Economia, che gestisce il fondo. Nella maggior parte dei casi il ministero non ha ancora pagato nonostante siano passati i 180 giorni concessi dalla legge.

L’avvocato Giulio Arria, che assiste i famigliari di una cinquantina di deportati militari, dice che non ha ancora ricevuto notizie di risarcimenti relativi a due sentenze che risalgono al 2019. «Visto che si tratta di sentenze passate in giudicato, il pagamento ci sembrava un passaggio formale, invece abbiamo dovuto mandare più solleciti che per ora non sono serviti. Sappiamo che sono stati fatti i pagamenti per le primissime cause, poi si è interrotto tutto».

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Negli ultimi mesi Arria si è confrontato con altri avvocati italiani che come lui si sono dovuti rivolgere al TAR per far rispettare le sentenze al ministero. L’avvocata Vittoria Hayun dice che alcuni risarcimenti chiesti dai suoi assistiti e non ancora ottenuti risalgono a sentenze di dieci anni fa. «Prima non c’era possibilità di rifarsi sulla Germania, poi non c’era il fondo, ora il ministero non paga: le persone che assisto sono molto anziane e rischiano di aver lottato per niente».

L’unico modo per farsi pagare è appunto ricorrere al TAR, come ha fatto l’avvocato Innocenzo D’Angelo che proprio grazie al ricorso è riuscito a ottenere i risarcimenti, e più del previsto: l’importo stabilito in origine dal tribunale era 140mila euro, saliti poi a 307mila dopo il calcolo degli interessi.

Non è stato possibile avere informazioni dal ministero, che finora non ha dato spiegazioni agli avvocati e nemmeno al deputato del Partito Democratico Dario Parrini, autore di un’interrogazione al governo per chiedere conto dei ritardi. Quello che si sa, dice, è che le cause sono circa un migliaio e che i risarcimenti pendenti superano di molto il fondo da 61 milioni di euro stanziato dal governo: «È tutto sconcertante perché se c’è un problema di soldi o di liquidità bisognerebbe dirlo chiaramente, così si potrebbe sollecitare un rifinanziamento del fondo il prima possibile. Invece non ci sono informazioni». Parrini ipotizza tra le altre cose che il pagamento degli interessi possa costituire un danno erariale, cioè uno spreco di soldi pubblici causato dai ritardi.