A sorpresa, ci sono due attaccanti italiani che fanno tanti gol
Per ragioni diverse era difficile aspettarsi che Mateo Retegui e Moise Kean andassero così bene, e invece

L’ultima stagione in cui due centravanti italiani chiusero il campionato di Serie A al primo e al secondo posto della classifica marcatori fu la 2013-2014, quando Ciro Immobile segnò 22 gol con il Torino e Luca Toni 20 con il Verona. Oggi i due attaccanti che hanno segnato più gol in campionato, quando mancano nove giornate alla fine, giocano entrambi nella Nazionale italiana: Mateo Retegui, che con l’Atalanta ne ha fatti 22 giocando 27 partite, e Moise Kean, 15 gol in 26 partite con la Fiorentina.
L’allenatore dell’Italia Luciano Spalletti li aveva convocati entrambi per le due partite contro la Germania di giovedì e domenica, che sono i quarti di finale della Nations League, la competizione per nazionali europee che da qualche anno ha sostituito la maggior parte delle amichevoli. Giovedì però Retegui, che aveva giocato da titolare le ultime due partite del girone di Nations League contro Belgio e Francia, si è infortunato e ha dovuto lasciare il ritiro; è probabile quindi che Spalletti farà giocare Kean come centravanti.
In generale negli ultimi anni ci sono stati pochi attaccanti italiani in grado di spiccare tra i migliori del campionato; nella scorsa stagione Gianluca Scamacca segnò 12 gol e si piazzò undicesimo nella classifica marcatori; nel 2022-2023 il centravanti italiano con più gol in Serie A fu Immobile, ottavo a pari merito con 12 gol. In quel periodo si diceva che la Nazionale fosse rimasta senza attaccanti.
Immobile del resto è l’unico attaccante italiano ad aver vinto la classifica marcatori di recente (nel 2021-2022 fece 27 gol, nel 2019-2020 addirittura 36, entrambe le volte con la Lazio), ma in Nazionale raramente ha avuto un rendimento paragonabile a quello avuto con i club. Tra i calciatori convocati da Spalletti quello che ha segnato più gol in Nazionale è un centrocampista, Nicolò Barella (ne ha fatti 10); per Retegui e Kean c’è quindi l’occasione, ora e soprattutto nel prossimo periodo prima dei Mondiali del 2026, di riempire un vuoto e imporsi come attaccanti di riferimento della Nazionale.

Mateo Retegui, 25 anni, esulta dopo il gol segnato in Nations League al Belgio (Image Photo Agency/Getty Images)
I due sono arrivati a questo punto con percorsi molto diversi, ma ora vivono una fase della carriera tutto sommato simile: hanno entrambi 25 anni e stanno giocando la stagione della loro affermazione, guidando due squadre importanti nella corsa verso obiettivi ambiziosi (lo Scudetto per l’Atalanta, il quarto posto per la Fiorentina).
Retegui è venuto fuori un po’ dal nulla negli ultimi due anni e ha esordito prima in Nazionale che in Serie A: nel 2023 Roberto Mancini, che all’epoca allenava l’Italia, lo aveva convocato un po’ a sorpresa quando ancora giocava nel campionato argentino, sfruttando la sua cittadinanza italiana ottenuta per discendenza. Nell’estate del 2023, dopo che aveva segnato 2 gol nelle prime 2 partite giocate con l’Italia, lo comprò il Genoa, con il quale Retegui fece 7 gol nella stagione di esordio in Serie A. Anche all’Atalanta è arrivato senza tanto clamore, anzi: fu acquistato per sostituire il centravanti titolare infortunato e su cui c’erano grosse aspettative, Scamacca.
Nel gioco propositivo dell’Atalanta si è inserito subito bene, dimostrando di poter giocare in un contesto di più alto livello rispetto al passato e di essere un centravanti eccezionalmente concreto, con la particolare abilità di sfruttare con costanza e precisione moltissime delle occasioni che gli capitano per fare gol: per mesi è stato l’attaccante con la più alta overperfomance in Europa, cioè quello con la maggior differenza tra i gol che effettivamente segnava e quelli che statisticamente ci si aspettava segnasse in base al numero e al tipo di occasioni avute.
A novembre Retegui aveva già segnato 11 gol in campionato
Kean invece, pur essendo ancora piuttosto giovane, è conosciuto ormai da tanto tempo: già quasi dieci anni fa si parlava di lui come di uno degli attaccanti più promettenti d’Europa, e nella stagione 2016-2017 con la Juventus diventò il primo calciatore nato nel 2000 a esordire in Serie A e in Champions League e anche a fare gol in Serie A (segnò all’ultima di campionato, Juventus-Bologna 2-1, a 17 anni). La stagione successiva andò in prestito al Verona, poi tornò alla Juventus e a nemmeno vent’anni segnò 6 gol in campionato; fu tuttavia di nuovo ceduto in prestito, prima all’Everton, e andò male, poi al Paris Saint-Germain, con cui giocò bene, riuscendo a segnare in tutto 17 gol stagionali e a guadagnarsi uno spazio notevole in una squadra con diversi attaccanti fenomenali, come Kylian Mbappé e Neymar.
Le tre stagioni successive, però, sono state quelle che avevano fatto un po’ perdere le speranze in una sua affermazione. Ha faticato molto a imporsi e a essere decisivo nella Juventus, condizionato da alcuni infortuni, dal gioco offensivo non brillante della squadra e dalla probabile mancanza di fiducia nei suoi confronti, perché di fatto non è quasi mai stato considerato un titolare. Nella scorsa stagione non segnò nemmeno un gol in Serie A, e forse anche per questo la Juventus lo cedette alla Fiorentina per 13 milioni di euro.
Alla Fiorentina sin da subito l’allenatore Raffaele Palladino gli ha dato grande importanza, a livello sia tattico che emotivo, e Kean ha finalmente fatto vedere con continuità le cose che lo rendono un attaccante di alto livello: l’intensità e il dinamismo; la bravura sia nell’attaccare in profondità, cioè nel correre in avanti alle spalle della difesa avversaria, sia nel tenere il pallone resistendo alla marcatura avversaria e facendo avanzare i compagni; la creatività e la tecnica nel segnare gol complicati.
Una sintesi delle abilità di Moise Kean nella sua tripletta al Verona dello scorso novembre
Kean e Retegui giocano nello stesso ruolo ma lo interpretano in modo abbastanza diverso, in base al modo di giocare delle loro squadre e soprattutto alle loro caratteristiche. Retegui è quello che in gergo calcistico può essere definito “centravanti d’area di rigore”, un attaccante quindi che eccelle soprattutto nei movimenti vicino alla porta avversaria; è forte di testa, rapido a coordinarsi per calciare sia di destro che di sinistro. Soprattutto, sembra avere quella qualità un po’ intangibile ma cruciale per un centravanti prolifico: il cosiddetto senso del gol, cioè la capacità di prevedere con un leggero anticipo come andrà un’azione, e di farsi trovare nel posto giusto al momento giusto per fare gol.
Kean invece è meno preciso e costante quando si tratta di segnare, ma in generale più completo. È molto bravo a tenere impegnati i difensori avversari per tutta la partita con i suoi continui movimenti, e sa costruirsi i gol anche da solo, senza bisogno di particolare sostegno da parte della squadra. Entrambi comunque in questa stagione sono cresciuti nelle cose in cui erano più carenti: Retegui è migliorato nel giocare con la squadra, nel tenere il pallone e nel giocare di sponda per i suoi compagni, Kean è diventato più preciso e concreto. Finora Retegui ha segnato 6 gol in 18 partite con la Nazionale, Kean 5 in 19.
Soprattutto, i due sembrano completarsi bene per giocare assieme, visto che peraltro Spalletti in Nazionale ha cominciato a utilizzare il modulo 3-5-2, che prevede quindi due attaccanti. Di recente l’allenatore dell’Italia ha detto che uno (Retegui) «è una prima punta d’area di rigore», l’altro (Kean) «è una prima punta di movimento», e che quindi «hanno caratteristiche differenti e potremmo usarli anche insieme». In realtà però Spalletti ha quasi sempre fatto giocare un solo centravanti e assieme a lui un giocatore più di raccordo tra i reparti di centrocampo e attacco, un centrocampista offensivo. Retegui e Kean, proprio per le loro peculiarità, potrebbero funzionare anche come alternativa l’uno dell’altro, da far giocare in contesti diversi a seconda delle caratteristiche degli avversari e del momento della partita.