Le proteste in Turchia per l’arresto del sindaco di Istanbul
Le opposizioni turche hanno organizzato manifestazioni in diverse città, accusando di nuovo il presidente Erdogan di reprimere il dissenso

Mercoledì sera in Turchia decine di migliaia di persone hanno protestato contro l’arresto del sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, considerato il principale oppositore politico del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che governa ormai da anni in maniera sempre più autoritaria. Molte manifestazioni si sono tenute a Istanbul, nonostante il governo le avesse vietate per quattro giorni. Oltre a Imamoglu, sono state arrestate più di cento persone tra politici, giornalisti, uomini d’affari e attivisti; altre 37 sono state fermate per aver condiviso sui social network post sull’arresto di Imamoglu ritenuti «provocatori».
A Istanbul le proteste si sono svolte nelle università, di fronte al municipio, vicino alla sede della polizia e del partito di Imamoglu, e in alcune stazioni della metropolitana. La polizia ha bloccato l’accesso al dipartimento di sicurezza di Vatan, dove Imamoglu è detenuto e dove Ozgur Ozel, capo del suo partito, aveva invitato le persone a raccogliersi. Ci sono stati scontri con le forze di sicurezza, alcune strade e linee della metropolitana sono state chiuse. Ci sono state anche interruzioni del traffico internet, con limitazioni all’accesso ai social network e alle principali piattaforme.
Imamoglu è stato arrestato alcuni giorni prima di partecipare come favorito alle primarie del Partito popolare repubblicano (CHP, di centrosinistra e nazionalista), per scegliere il candidato presidenziale alle prossime elezioni, previste nel 2028. Erdogan però potrebbe anche decidere di anticipare la data del voto: in questo modo potrebbe ripresentarsi, evitando le limitazioni al numero di mandati alla carica di presidente.

Un manifestante con una foto di Imamoglu (AP Photo/Emrah Gurel)
Imamoglu ha 53 anni, è sindaco di Istanbul dal 2019 ed era stato rieletto lo scorso anno: in entrambe le occasioni aveva superato un candidato conservatore sostenuto da Erdogan. È considerato uno dei pochi in grado di raccogliere voti dalle varie componenti dell’opposizione, comprese quelle conservatrici e laiche e la minoranza curda. Per questo da tempo è stato coinvolto in casi giudiziari ritenuti politicamente motivati dai suoi sostenitori, alcuni dei quali non ancora conclusi (in Turchia la magistratura non è indipendente).
Nel 2022 era stato condannato a due anni di carcere per aver oltraggiato alcuni funzionari del Consiglio elettorale turco: Imamoglu ha fatto ricorso, ma se la sentenza venisse confermata potrebbe venire escluso dalle elezioni per la presidenza.
Ufficialmente l’arresto di mercoledì è legato a un caso di presunta corruzione, ma anche ad accuse di legami con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (o PKK, l’organizzazione politica e paramilitare che a inizio marzo ha dichiarato il cessate il fuoco con lo stato turco): un pretesto che il governo turco ha usato spesso, anche recentemente, per reprimere i propri avversari politici.

La manifestazione fuori dal municipio (AP Photo/Emrah Gurel)
Gli ultimi arresti potrebbero provocare problemi politici al regime di Erdogan, che sta cercando di mantenere rapporti di collaborazione con l’Unione Europea. L’instabilità politica e un’ulteriore chiusura del regime possono inoltre essere un problema nella necessaria raccolta di investimenti economici dall’estero, che erano lentamente ripresi dopo una grave crisi economica causata principalmente da un’enorme inflazione. Mercoledì la lira turca ha perso valore rispetto al dollaro, toccando i minimi storici, mentre la Borsa di Istanbul ha perso più del 9 per cento.