Finora il governo ha fatto poco sul sovraffollamento delle carceri

In due anni e mezzo il ministro Nordio ha fatto più che altro tanti annunci e ha puntato soprattutto su un'idea problematica

Il carcere Regina Coeli di Roma (Marcello Valeri/ZUMA Press Wire)
Il carcere Regina Coeli di Roma (Marcello Valeri/ZUMA Press Wire)
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Da quando è in carica il governo di Giorgia Meloni, cioè da due anni e mezzo, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha spesso parlato del grave problema del sovraffollamento delle carceri italiane proponendo come soluzione soprattutto di aumentarne la capienza. In due anni e mezzo, però, di concreto è stato fatto molto poco. Nelle carceri ci sono ancora diecimila persone detenute in più rispetto alla capienza regolamentare, quasi sedicimila in più se si considerano anche tutte le celle inagibili per via di guasti e lavori di ristrutturazione in corso.

Significa che ci sono celle con troppi letti, spazi personali ridotti, possibilità di svolgere attività ricreative o formative compromesse, e in definitiva condizioni di vita pessime o degradanti. Da tempo chi si occupa di diritti delle persone detenute fa notare che il sovraffollamento incide sul numero elevato di suicidi in carcere, che nel 2024 sono stati 91, il numero più alto da quando la rivista del carcere di Padova Ristretti Orizzonti ne tiene il conto. Dall’inizio del 2025 ci sono stati altri 21 suicidi.

Fin dall’inizio del suo insediamento il governo di Giorgia Meloni ha detto di voler intervenire sul sovraffollamento aumentando le strutture detentive, cioè costruendo nuove carceri o convertendo in carceri spazi già esistenti. Lo ha ribadito Meloni alla conferenza di “fine anno” del 2024 (tra virgolette perché si è tenuta il 9 gennaio del 2025): «Secondo me il modo serio di risolvere il problema non è l’amnistia o l’indulto ma è un altro: da una parte ampliare la capienza delle carceri, e poi stiamo lavorando per rendere più agevole ad esempio il passaggio dei detenuti tossicodipendenti nelle comunità». È un’idea dispendiosa, difficile da realizzare e che richiede molto tempo, come lo è quella di riutilizzare le caserme dismesse.

Secondo chi si occupa di diritti delle persone detenute non è comunque la soluzione migliore per risolvere i molti problemi delle carceri italiane. L’associazione Antigone fa notare da tempo che oltre a rispettare la capienza regolamentare delle carceri è urgente offrire con più regolarità alle persone condannate alternative alla detenzione in carcere, anche perché è dimostrato che in questo modo si riduce il tasso di recidiva, cioè la quota di persone che tornano a commettere reati una volta uscite dal carcere.

È stata la prima proposta del documento di Antigone inviato ai deputati per la discussione sulle carceri che si è tenuta giovedì 20 marzo alla Camera. D’altra parte l’obiettivo costituzionale della pena è la rieducazione della persona condannata per favorire il suo reinserimento in società, e a questo scopo la detenzione dentro al carcere non è necessariamente il metodo più utile: anzi, varie esperienze indicano il contrario. Dopo una discussione sul tema, comunque, il 20 marzo alla Camera la maggioranza ha approvato una mozione per aumentare le strutture carcerarie (la “mozione” è un atto di indirizzo senza effetti concreti, da prendere più come una dichiarazione di intenti).

Il governo nello specifico punta a realizzare settemila nuovi posti nelle carceri nei prossimi tre anni: per farlo a settembre ha nominato un commissario straordinario, che deve elaborare un piano di nuovi interventi coordinandosi con gli altri lavori già avviati. In teoria la nomina di un commissario straordinario dovrebbe permettere di accelerare le procedure e risolvere in tempi rapidi uno specifico problema, ma non è sempre andata così e anche in questo caso non sta andando meglio.

Un agente penitenziario nel carcere San Vittore, Milano, 1 marzo 2023 (ANDREA FASANI/ANSA)

Il commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria è Marco Doglio, un dirigente che ha lavorato per anni nel settore delle infrastrutture. Il suo incarico era stato previsto dal cosiddetto “decreto carceri”: doveva terminare alla fine del 2025 ma è stato prorogato al 31 dicembre del 2026. Doglio ha consegnato il suo progetto ai ministeri della Giustizia, delle Infrastrutture e dell’Economia, che ora dovranno studiarlo, rielaborarlo insieme e passarlo alla presidenza del Consiglio, che lo dovrà eventualmente approvare con un decreto apposito. Non si sa quanto ci vorrà per completare tutti questi passaggi, né quanti saranno i soldi che il commissario avrà a disposizione (inizialmente si era parlato di circa 250 milioni di euro per tre anni, ma l’importo definitivo sarà stabilito nel decreto-legge dopo la revisione dei tre ministeri).

Gli interventi proposti dal commissario straordinario si aggiungeranno a quelli già avviati per creare un complessivo piano per l’edilizia carceraria. Tra questi ci sono per esempio quelli finanziati con il PNC, Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR: riguardano la costruzione di otto nuovi padiglioni da 80 posti ciascuno all’interno di otto carceri, finanziata con 84 milioni di euro, e una serie di lavori per l’efficientamento energetico e l’adeguamento sismico in quattro istituti penitenziari per minorenni.

Questi progetti sono in ritardo, secondo le stime della piattaforma indipendente OpenPNRR, lo strumento della fondazione Openpolis che raccoglie dati sempre aggiornati sull’andamento dei progetti del PNRR da fonti dirette e indirette. Anche nella relazione sul 2024 presentata da poco dal ministero della Giustizia si legge che è stata completata l’aggiudicazione dei lavori per sette padiglioni in carceri per adulti, ma che sono iniziati solo in due, mentre in quelle per minorenni i lavori sono iniziati solo in un istituto sui quattro previsti. In più sono già emerse delle criticità: a Ferrara, per esempio, il padiglione nuovo sarà costruito in un’area dedicata ad attività all’aperto, con il rischio quindi di togliere spazio alla socialità delle persone detenute e ad alcuni progetti lavorativi dedicati al reinserimento sociale.

Nel 2024 sono stati quasi completati i lavori per un nuovo padiglione da 92 posti alla casa circondariale di Cagliari e sono stati avviati vari lavori di manutenzione e ristrutturazione in diverse carceri complessivamente per 7 milioni e 700mila euro.

Per Antigone e per la Conferenza nazionale dei garanti territoriali dei detenuti creare settemila nuovi posti tuttavia non è una misura sufficiente. Al 19 marzo le persone detenute erano ancora troppe rispetto alla capienza regolamentare: 62.122 a fronte di 51.323 posti teoricamente disponibili. Di questi però 4.505 sono inagibili: significa che il sovraffollamento è in media del 132,7 per cento.

A questo si aggiunge il fatto che il numero delle persone detenute cambia nel tempo, e ultimamente aumenta: il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, ha fatto notare come nel 2024 ci siano state circa duemila persone detenute in più rispetto al 2023, cinquemila rispetto al 2022.

Negli ultimi cinque anni è aumentato il numero di persone detenute con misure alternative, come la detenzione domiciliare e l’affidamento in prova ai servizi sociali, ma per Antigone e i garanti non è ancora abbastanza. L’attuale governo si è sempre dimostrato piuttosto scettico nei confronti delle pene alternative, o anche nei confronti di soluzioni che evitino il carcere a chi commette reati lievi, e ha preferito piuttosto introdurre nuovi reati o aggravare le pene di quelli già esistenti.

Aumentare il numero di posti all’interno delle carceri non risolve poi il problema cronico della mancanza di personale. Il “decreto carceri” prevede l’assunzione di mille nuovi agenti penitenziari tra il 2025 e il 2026, ma i sindacati da tempo ne chiedono molti di più. Negli ultimi anni è diminuita la capacità della polizia penitenzia di occuparsi dei detenuti, stando ai numeri: l’ultimo rapporto di Antigone dice che in Italia c’è un agente di polizia penitenziaria ogni 2 detenuti; erano 1,9 nel 2023 e 1,7 nel 2022. Mancano anche altre figure professionali, mentre nell’ultimo anno sono aumentati gli educatori.

– Leggi anche: Il difficile compromesso di Carlo Nordio sulle carceri

I garanti territoriali sono critici rispetto anche a un’altra iniziativa del governo per ridurre il sovraffollamento, che è stata inserita nel “decreto carceri”, e cioè l’agevolazione del percorso che consente alle persone detenute con tossicodipendenze o con disagi psichici di scontare una parte significativa della loro pena in strutture residenziali che offrono percorsi di riabilitazione e riqualificazione professionale. Samuele Ciambriello, portavoce della Conferenza dei garanti e garante della Campania, dice che non è ancora pronto l’albo delle comunità a cui le persone detenute possono rivolgersi, e che era stato previsto dal decreto. Per ora insomma da questo punto di vista non è cambiato niente.

Come misura più efficace per ridurre il sovraffollamento, i garanti territoriali hanno chiesto di permettere alle persone detenute che devono scontare meno di un anno di pena di farlo a casa o in un’altra struttura esterna. Secondo i numeri citati dai garanti, le persone in carcere alle quali resta meno di un anno di pena da scontare sono più di ottomila (su circa 62mila).

Il “decreto carceri” prevede anche una semplificazione delle procedure necessarie a concedere alla persona detenuta degli sconti di pena e la liberazione anticipata. Le persone che sono in carcere ma che hanno una cosiddetta buona condotta, cioè mostrano un atteggiamento rispettoso delle regole e una effettiva volontà di riscattarsi, hanno diritto a una riduzione di pena di 45 giorni ogni sei mesi. Nordio aveva detto che queste agevolazioni saranno ancora decise dal giudice di sorveglianza: per Ciambriello però «la liberazione anticipata non la dà più nessuno», perché mancano magistrati, funzionari e cancellieri, e ci sono centinaia di migliaia di pratiche pendenti.

– Leggi anche: L’anno terribile delle carceri italiane