Una frana ha fatto riemergere una discarica degli anni Settanta
È successo a Palazzuolo sul Senio, in provincia di Firenze, a causa delle piogge della scorsa settimana: i vecchi rifiuti sono finiti in un torrente

A Palazzuolo sul Senio, per le abbondanti piogge che tra il 13 e il 15 marzo sono cadute in Romagna e Toscana, è franato un pendio di bosco sul bordo di una strada provinciale. La frana non ha danneggiato case o altre costruzioni, e non ha ostruito altre strade, ma sta comunque causando problemi perché ha fatto riemergere una discarica: rifiuti di ogni tipo risalenti a più di cinquant’anni fa sono finiti nel letto e sulle rive di un torrente, il Rovigo, e trasportati più a valle dall’acqua.
Palazzuolo è un comune di poco più di mille abitanti a 437 metri sul livello del mare nell’Appennino tosco-romagnolo; si trova sul versante romagnolo ma dal punto di vista amministrativo rientra nella provincia di Firenze. La frana è avvenuta a sud-ovest del paese, a un’altezza di circa 900 metri e vicino al confine con il territorio di un altro comune, Firenzuola.
Prima che domenica il comune fosse informato della frana, l’amministrazione di Palazzuolo non sapeva che proprio in quel punto c’era una piccola discarica: non è indicata nell’elenco delle discariche curato dall’Azienda Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana (ARPAT). «È stata una sorpresa per tutti», dice Marco Bottino, sindaco di Palazzuolo. Finora il comune non ha trovato «tracce amministrative» della sua esistenza, aggiunge, né tra le delibere del consiglio comunale né in altri atti.
In questi giorni comunque è stato ricostruito che la discarica venne creata all’inizio del 1971, anche grazie ad alcune fotografie dell’epoca condivise sui social. In quel periodo la città di Firenze aveva dei problemi con la gestione dei rifiuti e non sapeva dove metterli, così l’Azienda Municipalizzata Servizi Nettezza Urbana (ASNU) si mise d’accordo con l’amministrazione di Palazzuolo: in cambio di uno spazio in cui depositare una parte dei rifiuti diede al comune 4 milioni e mezzo di lire (equivalenti a circa 48mila euro di oggi), un autocompattatore per la raccolta dei rifiuti e due mezzi più piccoli, e promise di versare ulteriori 2 milioni di lire al mese per la durata dell’uso della discarica.

Una fotografia che mostra la creazione della discarica sul Rovigo negli anni Settanta, stampata nel libro Inquinamento e agricoltura in Toscana pubblicato nel 1973 dall’Associazione provinciale dottori in scienze agrarie e forestali di Firenze (Cortesia di Luca Varlani)
«È più corretto chiamarla “accumulo di rifiuti” o “abbandono di rifiuti”», dice Bottino, perché non bisogna pensare all’organizzazione delle discariche di oggi, in cui il suolo viene isolato dai rifiuti, che sono poi coperti per evitare contaminazioni. Negli anni Settanta però non c’erano molte regole riguardo allo smaltimento della spazzatura.
La discarica franata comunque non era molto grande, perché ci vennero portati dei rifiuti per poco tempo, «forse un mese» secondo Bottino. Anche se all’epoca non c’erano le stesse regole di protezione ambientale di oggi, la collocazione dei rifiuti lungo il corso del Rovigo destò comunque qualche preoccupazione. I giovani di Palazzuolo organizzarono varie manifestazioni di protesta contro la discarica, cercando di fermare i camion che trasportavano i rifiuti. Il deputato del Partito Comunista Veraldo Vespignani, ex sindaco di Imola, fece un’interrogazione parlamentare per il timore che avrebbe inquinato le acque del Rovigo e di conseguenza quelle di un acquedotto collegato che serviva alcuni comuni bolognesi e ravennati. Alla fine l’accordo tra l’ASNU e il comune di Palazzuolo saltò.
Per rimediare alla dispersione dei rifiuti dei giorni scorsi il comune e Hera, l’azienda multiservizi che opera attualmente nel territorio, hanno coinvolto una società specializzata in bonifiche ambientali. Ora la ditta sta installando due reti per trattenere i rifiuti poco più a valle della frana ed evitare che i rifiuti arrivino al Santerno, un fiume affluente del Reno. «Sono reti in maglie molto strette che vengono tese da una parte all’altra del corso d’acqua», spiega Bottino: «cosa non semplice perché il Rovigo è un piccolo corso d’acqua e di solito questi lavori vengono fatti per fiumi più grandi». Entrambe le reti saranno installate nel territorio del comune di Firenzuola, quello più interessato dalla dispersione dei rifiuti, nelle località Molino della Lastra e Ponte Roncone.

Un’altra fotografia stampata in Inquinamento e agricoltura in Toscana (Cortesia di Luca Varlani)
Prossimamente poi si procederà alla raccolta dei rifiuti attorno al letto del torrente. Per il momento però quest’operazione, soprattutto se fatta da volontari, è fortemente sconsigliata dal comune perché si tratta comunque di un’area sottostante a un fronte di frana e nel fine settimana sono previste nuove piogge quindi andarci potrebbe essere rischioso. Il recupero dei rifiuti comunque dovrà essere fatto anche a mano, perché si tratta di terreni scoscesi e impervi, dove è difficile intervenire con delle macchine.
La partecipazione dei volontari in questo momento è impensabile anche perché non è ancora del tutto chiaro che tipo di rifiuti siano. «Stamattina la ditta ci ha detto potrebbero essere rifiuti speciali», dice Bottino, «aspettiamo che ARPAT ci dica la sua». Nel caso in cui il sospetto della ditta fosse confermato, sarebbe necessario un intervento specializzato. Sappiamo comunque che storicamente l’acqua del Rovigo, stando ai campionamenti periodici dell’agenzia regionale dell’ambiente, non ha risentito di possibili fonti di inquinamento riconducibili alla discarica.
Un altro aspetto da chiarire è se nel territorio di Palazzuolo siano presenti altre discariche simili dimenticate. L’interrogazione di Vespignani menziona quattro diversi spazi individuati per la dispersione dei rifiuti.

Rifiuti lungo il Rovigo (Cortesia di Il Filo – Idee e notizie dal Mugello)