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  • Mercoledì 19 marzo 2025

La contestata norma del ddl Sicurezza che dà più poteri ai servizi segreti

Obbliga le pubbliche amministrazioni a condividere con loro informazioni riservate, e gli permette di compiere molti reati senza essere perseguiti

Il prefetto Vittorio Rizzi, direttore dei servizi segreti, Roma, 4 marzo 2025 (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
Il prefetto Vittorio Rizzi, direttore dei servizi segreti, Roma, 4 marzo 2025 (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
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Le commissioni Affari costituzionali e Giustizia del Senato hanno approvato l’articolo 31 del “ddl Sicurezza”, un disegno di legge promosso dal governo di Giorgia Meloni che vorrebbe intervenire sul contrasto al terrorismo e alla criminalità organizzata, e sui controlli di polizia. L’articolo 31 è stato molto contestato dalle opposizioni, ma non solo, perché aumenta i poteri dei servizi segreti senza prevedere su di essi alcun maggiore controllo. Prima che diventi legge servirà in ogni caso il voto favorevole di Camera e Senato, ma l’approvazione in commissione mostra già le intenzioni della maggioranza che sostiene il governo.

L’articolo 31, intitolato “Disposizioni per il potenziamento dell’attività di informazione per la sicurezza”, modifica la legge del 2007 che aveva riformato, in Italia, il sistema dei servizi segreti civili e militari. In sintesi, la nuova norma darebbe maggiore potere alle agenzie dei servizi segreti italiani (l’AISE e l’AISI, che si occupano rispettivamente di sicurezza esterna e interna), tra le altre cose per ottenere dalle pubbliche amministrazioni e dalle società pubbliche informazioni riservate. Chi la contesta sostiene che sia scritta in modo troppo generico, e che in questo modo i servizi segreti potranno disporre di molte informazioni delicate e dati personali gestiti dalle pubbliche amministrazioni, senza limiti adeguati e senza garanzie per la tutela della privacy.

L’articolo in questione tra le altre cose dice che «le pubbliche amministrazioni, le società a partecipazione pubblica o a controllo pubblico e i soggetti che erogano, in regime di autorizzazione, concessione o convenzione, servizi di pubblica utilità sono tenuti a prestare al DIS (il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, ndr) all’AISE e all’AISI la collaborazione e l’assistenza richieste, anche di tipo tecnico e logistico, necessarie per la tutela della sicurezza nazionale».

Poi aggiunge che «il DIS, l’AISE e l’AISI possono stipulare convenzioni con i predetti soggetti, nonché con le università e con gli enti di ricerca, per la definizione delle modalità della collaborazione e dell’assistenza suddette. Le convenzioni possono prevedere la comunicazione di informazioni ai predetti organismi anche in deroga alle normative di settore in materia di riservatezza».

Attualmente i servizi segreti possono chiedere una collaborazione alle pubbliche amministrazioni, che a loro volta però possono rifiutarsi opponendo limiti di legge, come quello della tutela della privacy. La norma in esame rende invece obbligatoria la collaborazione e anche l’assistenza, in deroga ai vincoli di riservatezza previsti dalla normativa di settore, e amplia i soggetti tenuti a prestare collaborazione e assistenza, estendendo l’obbligo alle società a partecipazione pubblica o a controllo pubblico.

Se il disegno di legge venisse definitivamente approvato con l’articolo 31 nella sua attuale formulazione, le pubbliche amministrazioni saranno obbligate a fornire ai servizi segreti tutti i dati che chiedono, in nome di una generica «tutela della sicurezza nazionale» e anche in violazione della normativa sulla privacy.

Un esempio degli aspetti critici dell’articolo 31 è che per come è scritto obbligherebbe anche le università e gli ospedali a dare informazioni private e coperte da riservatezza su studenti e pazienti. E che sempre a causa di questa eccessiva vaghezza i servizi segreti avrebbero il potere di ottenere informazioni riservate anche dalle procure. In assenza di maggiori precisazioni, al momento è difficile capire se verranno introdotte ulteriori norme per limitare in qualche modo l’accesso dei servizi segreti alle informazioni gestite da questi uffici.

Roberto Scarpinato, ex magistrato antimafia e senatore per il Movimento 5 Stelle, ha fatto degli esempi concreti: «Grazie all’indeterminatezza della norma gli agenti potranno pretendere di avere accesso alle banche dati dei dipendenti, chiedere alle università le attività e gli orientamenti culturali di docenti o studenti, così come i medici ospedalieri dovranno fornire le cartelle cliniche dei pazienti».

Un’altra parte dell’articolo mette a regime alcune disposizioni introdotte dal 2015 in via transitoria e poi via via prorogate. Come spiega un dossier del Senato, una delle disposizioni che si vogliono rendere permanenti è quella che estende a una serie di reati con finalità di terrorismo «le condotte scriminabili, previste dalla legge come reato, che tuttavia il personale dei servizi di informazione per la sicurezza può essere autorizzato a porre in essere». Le condotte “scriminabili” sono quelle che si possono rendere non perseguibili penalmente in presenza di una valida giustificazione: significa quindi che i membri dei servizi segreti possono essere autorizzati a compiere determinate azioni che normalmente costituirebbero un reato, senza essere perseguiti penalmente.

Queste condotte scriminabili che diventerebbero permanenti sono per esempio la partecipazione ad associazioni sovversive, l’arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale e la banda armata. A queste l’articolo 31 del ddl sicurezza ne aggiunge di nuove: direzione e organizzazione di associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico, detenzione di materiale con finalità di terrorismo, fabbricazione o detenzione di materie esplodenti, istigazione a commettere delitti di terrorismo o crimini contro l’umanità.

Nell’interpretazione di Scarpinato l’articolo 31 dà la possibilità agli agenti dei servizi segreti «non solo di infiltrare, ma addirittura di dirigere delle associazioni terroristiche». Una preoccupazione simile era già stata espressa dai familiari delle vittime delle stragi di mafia e di terrorismo, che hanno parlato di una «licenza criminale» attribuita ai servizi, i cui membri in passato sono stati condannati in vicende giudiziarie che hanno riguardato attentati, stragi, progetti eversivi.

Alcuni deputati e senatori hanno detto che l’articolo 31 eliminerebbe il segreto istruttorio, quello che tutela le indagini della magistratura; altri hanno parlato del rischio che si arrivi a una schedatura di massa dei cittadini. Le opposizioni hanno infine criticato il fatto che l’ampliamento dei poteri dei servizi segreti non sia accompagnato da un rafforzamento dei poteri del COPASIR, organismo parlamentare che si occupa di controllarne le attività e di verificare che siano svolte nel rispetto delle leggi e nell’interesse della nazione.

Governo e maggioranza hanno invece respinto ogni accusa. Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia, ha detto di non ravvisare nessuno dei rischi nominati dalle opposizioni: «Noi andiamo avanti sia con il provvedimento, sia con l’articolo 31. Se ne facciano una ragione».

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