Come si telefonano due presidenti?
È un processo che richiede molta preparazione: si usano ancora i telefoni fissi, e nella stanza ci possono essere molte persone

Le telefonate tra capi di stato, come quella di martedì tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il presidente russo Vladimir Putin, si fanno ancora con dei telefoni fissi, con il cavo e la cornetta, o alla meglio in vivavoce. Quando telefona un presidente non è mai da solo, o quasi mai: nella stanza ci sono consiglieri, interpreti, analisti. Ci sono perfino persone collegate da remoto fuori dalla stanza, che trascrivono ogni parola che viene pronunciata.
Per capire come sono organizzate e come funzionano le telefonate tra capi di stato un buon esempio sono i presidenti statunitensi: il protocollo della Casa Bianca è uno dei più noti, e anche uno di quelli che generano più curiosità e con più miti attorno, come quello del Telefono Rosso, che metteva in contatto gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica (e che in realtà non è mai stato un telefono).
Anzitutto, la telefonata va organizzata: in casi formali il contatto è avviato dall’ambasciatore del paese interessato a parlare. Per esempio, se il presidente argentino vuole parlare con il presidente americano, l’ambasciatore argentino a Washington contatterà la Casa Bianca per organizzare la telefonata. Ci sono però moltissime possibilità, che dipendono dal contesto: non sappiamo chi abbia organizzato la telefonata tra Trump e Putin, ma è probabile che siano stati i negoziatori che si stanno occupando delle trattative sul cessate il fuoco in Ucraina. I tempi e gli argomenti della telefonata vengono poi negoziati dai team dei due leader.

Vladimir Putin al telefono, dicembre 2024 (Alexander Kazakov, Sputnik, Kremlin Pool Photo via AP, File)
Poi la telefonata va preparata. Negli Stati Uniti se ne occupa solitamente il Consiglio per la sicurezza nazionale (NSC nell’acronimo in inglese), l’organo che assiste il presidente nelle principali questioni di sicurezza e politica internazionale. Funzionari del Consiglio – anche aiutati da altre agenzie, a seconda del tipo di telefonata – preparano dei briefing per il presidente, il cui livello di accuratezza varia a seconda dell’importanza della chiamata.
La telefonata va poi gestita a livello tecnico, e negli Stati Uniti se ne occupa la White House Communications Agency (WHCA), l’agenzia che ha il compito di assicurarsi che tutte le comunicazioni del presidente, ovunque si trovi, avvengano senza problemi. La WHCA stabilisce la linea telefonica, si assicura che sia stabile e criptata, gestisce le eventuali connessioni satellitari, fa in modo anche che il presidente possa rispondere dall’auto presidenziale o dall’Air Force One.
Finalmente si telefona. Negli Stati Uniti, la chiamata viene sempre iniziata dallo staff della Situation Room, che è la stanza nei sotterranei della Casa Bianca dove vengono discusse le questioni più importanti di intelligence e sicurezza. La Situation Room è gestita dall’NSC. Anche se il presidente non si trova nella Situation Room, e prende la chiamata dallo Studio Ovale, dalla sua residenza personale o da una stanza di hotel, è quasi sempre lo staff della Situation Room a far partire la telefonata.
In un video dell’anno scorso si vede l’inizio di una telefonata tra l’ex presidente americano Joe Biden e il primo ministro britannico Keir Starmer. La telefonata comincia con una voce femminile che dice: «Questa è la Situation Room della Casa Bianca. Stiamo per connettere il primo ministro Starmer con il presidente Biden». Poi c’è un piccolo stacco, probabilmente a causa di una breve attesa, e la voce dice a Starmer: «Ora è connesso con l’Air Force One», perché Biden stava facendo la chiamata dall’aereo presidenziale.
Alla telefonata assistono dal vivo molte persone. Ovviamente c’è l’interprete, quando l’interlocutore non parla inglese. Di solito poi partecipano quanto meno i funzionari dell’NSC che hanno fatto i briefing al presidente, ma molto spesso si uniscono anche altri funzionari interessati, o membri dell’amministrazione come il vicepresidente. Ci sono casi in cui il presidente mette il telefono in vivavoce, e tutti si riuniscono attorno alla scrivania dello Studio Ovale per ascoltare.

Donald Trump e vari funzionari della sua prima amministrazione durante una telefonata con Vladimir Putin nel gennaio 2017 (AP Photos)
In altri casi i funzionari ascoltano la telefonata seduti sui divani dello Studio Ovale, usando un altro telefono. Se serve, possono consigliare il presidente e fornirgli documenti durante la conversazione.

Una telefonata di Barack Obama con il re Abdullah dell’Arabia Saudita, nel 2014 (AP Photo/Charles Dharapak)
Alla telefonata assistono poi da remoto dei trascrittori, che vengono collegati tramite un altro apparecchio posto in una stanza sicura. Negli Stati Uniti (ma lo stesso vale per molti paesi del mondo) le telefonate del presidente non sono mai registrate, ma vengono trascritte manualmente. Questo succede in parte perché la registrazione segreta di incontri e telefonate alla Casa Bianca fu una delle ragioni che provocarono l’impeachment dell’allora presidente Repubblicano Richard Nixon, dopo il caso Watergate, nel 1974. Ma la ragione principale è che, senza una registrazione precisa, alcuni elementi della trascrizione possono essere corretti e riadattati.
Abitualmente si occupano della trascrizione tre persone, che ascoltano la telefonata da un’altra stanza e cercano di riscriverla parola per parola, ciascuno per conto suo. Da alcuni anni la conversazione viene anche trascritta automaticamente, tramite un software di riconoscimento vocale. Una volta terminata, i tre trascrittori confrontano i loro testi e quello creato automaticamente, correggono i rispettivi errori e arrivano a una versione definitiva della trascrizione. Il testo è poi sottoposto a uno dei funzionari dell’NSC che erano presenti alla telefonata, ed eventualmente ad altri funzionari che potrebbero avere un ruolo nelle trattative, e possono essere fatte delle correzioni. Questo testo è chiamato MemCon (memorandum of conversation).
Il MemCon viene di solito conservato per scopi archivistici. A seconda dell’importanza della conversazione, può essere secretato. Ma ci sono anche conversazioni molto delicate, durante le quali non viene realizzata nessuna trascrizione.
Soprattutto se la telefonata tra presidenti è molto attesa o ha un significato politico o diplomatico, di solito viene pubblicato anche un comunicato stampa che ne sintetizza il contenuto. Se i due presidenti appartengono a paesi alleati il comunicato stampa può essere congiunto, ma molto spesso ciascuno pubblica il suo, e si possono trovare delle differenze anche molto grosse. Per esempio quando il presidente statunitense parla con quello cinese, nel comunicato statunitense è menzionata Taiwan, in quello cinese no (Taiwan è un paese democratico e di fatto indipendente, che però viene rivendicato dalla Cina come parte del proprio territorio).
Ovviamente non sempre le cose vanno lisce e secondo il protocollo. Ci sono volte in cui un presidente vuole fare una telefonata all’improvviso: è noto il caso in cui George W. Bush si trovò con 20 minuti liberi in agenda e decise di chiamare il Dalai Lama. A volte invece la sicurezza è troppo stringente: quando era segretaria di Stato Hillary Clinton litigò con un operatore della Casa Bianca che non credeva fosse davvero lei.
La diffusione dei telefoni cellulari, poi, ha creato molti imprevisti. Ha aperto alla possibilità di contatti più diretti ma anche alla possibilità che i capi di stato subiscano scherzi telefonici: non è mai successo a un presidente degli Stati Uniti, ma a molti suoi colleghi sì.
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