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  • Martedì 18 marzo 2025

Trump vuole espandere i poteri del suo governo violando la legge?

O ignorando prassi giudiziarie consolidate: è quello di cui lo accusano i suoi critici, stando ai contestati provvedimenti degli ultimi giorni

Donald Trump il 14 febbraio 2025
Donald Trump il 14 febbraio 2025 (AP Photo/Ben Curtis)
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In pochi giorni l’amministrazione statunitense di Donald Trump è stata accusata di aver violato l’ordine di un giudice federale sull’espulsione di centinaia di venezuelani, e Trump ha annunciato che potrebbe contravvenire a una prassi giudiziaria storica dichiarando non validi i provvedimenti di grazia che erano stati approvati dal suo predecessore, Joe Biden.

Con queste decisioni, simili ad altre prese negli scorsi due mesi, Trump e la sua amministrazione stanno cercando di espandere i limiti del potere del governo: molti esponenti dell’amministrazione hanno anche detto di essere pronti a contravvenire alle sentenze dei tribunali quando giudicano illegali alcune delle azioni dell’esecutivo. Per questo molti giuristi sostengono che sarebbe in corso negli Stati Uniti una “crisi costituzionale”, che avviene quando due poteri dello stato, in questo caso l’esecutivo e il giudiziario, si scontrano tra di loro.

Lunedì Trump ha scritto sui social media che gli atti di grazia firmati da Biden negli ultimi giorni del suo mandato sono «NULLI, INVALIDI E PRIVI DI EFFETTI DA QUI IN AVANTI, perché sono stati firmati con l’Autopen». L’Autopen è un macchinario che simula la firma di una persona, e che è utilizzata da più di 20 anni dai presidenti degli Stati Uniti per firmare atti ufficiali, con l’approvazione degli esperti legali. Biden aveva approvato la grazia a vari noti nemici pubblici di Trump, tra cui alcuni membri della sua famiglia e persone coinvolte nell’indagine sull’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 da parte di rivoltosi trumpiani.

Nessun presidente finora aveva mai messo in dubbio la validità delle grazie di un predecessore, e la Costituzione degli Stati Uniti non dà a Trump il potere di farlo: nella giurisprudenza americana il potere di grazia di un presidente è considerato praticamente assoluto. Trump poco dopo si è corretto, dicendo che «starà a un tribunale» decidere se gli atti di Biden sono validi o meno, ma ha fatto capire che intende mettere in dubbio una prassi finora ritenuta solida.

Il caso più notevole però è avvenuto nel fine settimana, e ha continuato a creare polemiche nei giorni successivi: riguarda l’espulsione di oltre 250 venezuelani e la possibilità che i funzionari dell’amministrazione Trump abbiano volutamente contravvenuto all’ordine di un giudice federale che la vietava.

I prigionieri venezuelani espulsi dagli Stati Uniti in carcere a El Salvador

I prigionieri venezuelani espulsi dagli Stati Uniti in carcere a El Salvador (El Salvador presidential press office via AP)

Venerdì notte Trump ha firmato un ordine esecutivo in cui invocava la Alien Enemies Act, una legge del 1798 che consente al presidente di espellere senza processo persone che appartengono a un paese che si trova in guerra con gli Stati Uniti. Questa legge è stata usata soltanto tre volte nella storia americana, l’ultima durante la Seconda guerra mondiale. Trump ha annunciato che intendeva usare la legge per espellere circa 260 venezuelani e salvadoregni che sarebbero entrati illegalmente negli Stati Uniti e che farebbero parte di pericolose gang criminali latinoamericane.

Sabato alcuni gruppi di attivisti hanno fatto immediatamente ricorso contro l’ordine esecutivo presso una corte federale di Washington, presieduta dal giudice James Boasberg. L’amministrazione Trump però si è mossa rapidamente, e ha cominciato a far partire tre aeroplani per portare le persone espulse in El Salvador, dove il presidente autoritario Nayib Bukele aveva accettato di prenderle in un carcere locale.

Qui contano i tempi: i primi due aerei con i venezuelani sono partiti alle 17:26 e alle 17:44. Alle 18:48, mentre i due aerei erano ancora in volo, il giudice Boasberg ha emesso una decisione orale (cioè un ordine pronunciato in aula) in cui bloccava le espulsioni e ordinava anche agli aerei ancora in volo di tornare indietro. Alle 19:26 il giudice ha emesso anche una versione scritta dell’ordine, che però non conteneva l’ordine esplicito di far tornare indietro gli aerei. A quel punto i due aerei non sono tornati indietro e sono atterrati in El Salvador; lo stesso ha fatto un terzo aereo, partito poco dopo.

Domenica mattina Bukele ha fatto un post sui social media in cui ha scritto: «Ooops… Troppo tardi», e in cui è sembrato prendersi gioco del giudice Boasberg.

Ora, secondo la giurisprudenza americana la decisione orale di un giudice ha tanto valore quanto una decisione scritta, e per questo molti esperti ritengono che l’amministrazione Trump avrebbe dovuto far tornare indietro gli aerei ancora in volo. Ma secondo l’amministrazione l’unica decisione valida è invece quella scritta, che non conteneva l’ordine di rientro (probabilmente perché il giudice pensava che a quel punto il suo ordine orale fosse già stato eseguito).

Questo punto è importante, perché a seconda di come si ricostruiscono gli eventi si capisce se l’amministrazione Trump abbia effettivamente disobbedito all’ordine di un giudice a cui per legge avrebbe dovuto obbedire (provocando così una crisi costituzionale) oppure no.

In ogni caso, nelle ore successive vari esponenti del governo hanno attaccato il giudice Boasberg, facendo capire che il punto della questione era proprio una attribuzione dei poteri costituzionali: «Quello che ha fatto è stata un’intromissione nell’autorità del presidente», ha detto Pam Bondi, la procuratrice generale. «Il giudice di una corte distrettuale non può vietare l’espulsione di terroristi stranieri più di quanto possa decidere i movimenti dell’Air Force One», ha detto Stephen Miller, uno dei principali consiglieri di Trump.

Di fatto, con azioni come queste Trump sta testando il potere dei giudici e la loro effettiva capacità di limitare l’azione del suo governo. Questo sta preoccupando molto giuristi e attivisti, perché nell’ordine costituzionale americano l’equilibrio dei poteri si basa di fatto sulla buona fede: il potere giudiziario emette le sentenze, ma poi sta al potere esecutivo, appunto, eseguirle. Se l’esecutivo, cioè il governo di Trump, si rifiuta di eseguirle, allora il giudiziario perde la sua efficacia.

Finora ci sono stati soltanto casi limite con un certo grado di incertezza, come quello delle espulsioni dei venezuelani, e l’amministrazione non ha disubbidito ai tribunali in maniera esplicita e pubblica. Ma gli attacchi contro i giudici ritenuti politicizzati si stanno moltiplicando, e molti membri dell’amministrazione, a partire dal vicepresidente JD Vance, hanno detto che Trump dovrebbe poter violare le sentenze che ritiene ingiuste, pur di portare avanti il suo programma politico.