Come si fa un piano sequenza

Ma soprattutto perché, visto che nonostante la complessa preparazione è sempre più usato al cinema e in tv

Il backstage di una scena di Adolescence (Netflix)
Il backstage di una scena di Adolescence (Netflix)
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Quando si gira una scena lunga in un’unica ripresa, senza montaggio e quindi senza i normali tagli o l’alternarsi di inquadrature diverse tipici per esempio di un dialogo tra due persone, si parla di piano sequenza. È una tecnica complicata che richiede grande pianificazione, ma che è sempre più utilizzata grazie anche a nuove soluzioni. Tra i motivi ci sono l’arrivo dei sistemi digitali di ripresa, che eliminano i limiti di durata della pellicola e rendono più economico girare (e quindi sbagliare); la riduzione e l’alleggerimento dell’attrezzatura per le riprese professionali; e l’uso dei droni.

Il risultato è che da alcuni anni è diventato più frequente vedere lunghe scene girate in piano sequenza nei film ma anche nelle serie tv, solitamente prodotte più in fretta e con meno risorse. È il caso di Adolescence, apprezzata serie britannica uscita da poco su Netflix, in cui ogni episodio è un unico lungo piano sequenza.

Fino a una ventina di anni fa l’uso del piano sequenza era molto raro e speciale: era considerata una soluzione da maestri, un virtuosismo da utilizzare quando era importante passare in un colpo solo e in maniera molto fluida tra situazioni diverse, o che lo spettatore vedesse senza stacchi la simultaneità di varie azioni o ancora il graduale cambiamento degli scenari (per esempio da favorevoli a sfavorevoli per il protagonista).

Per realizzare un piano sequenza complicato come quelli che si fanno oggi, in cui seguendo i personaggi si entra ed esce da case o uffici, si sale in macchina o si salgono le scale, solitamente si coordina un ampio numero di persone. Gli attori si preparano come per un segmento di una rappresentazione teatrale. Oltre a imparare a memoria ampi tratti del copione, lo provano prima da soli, poi in costume e infine sul set, insieme ai movimenti che dovranno eseguire, tutti molto studiati e con poca possibilità di improvvisazione per evitare di finire addosso alla videocamera e per garantire che l’operatore sappia in ogni momento cosa dovrà inquadrare. Poi si passa alla fase delle riprese vere e proprie che, a seconda della lunghezza del piano sequenza, possono richiedere anche diversi giorni prima che la scena venga perfetta.

Un tempo si preferiva girare i piani sequenza al chiuso nei teatri di posa, dove oltre a controllare tutto c’era lo spazio per costruire sostegni e impalcature per le pesanti macchine da presa dell’epoca. Hitchcock girò tutto il suo film Nodo alla gola unendo diversi lunghi piani sequenza con tagli invisibili per l’epoca ma abbastanza evidenti all’occhio dello spettatore moderno. Era un film girato interamente in un appartamento ricostruito in un teatro di posa e girando in pellicola c’era un limite fisico al minutaggio di ogni piano sequenza. Quando era necessario interrompere le riprese per cambiare pellicola, la macchina da presa passava dietro la schiena di un personaggio e da lì partiva la scena successiva. Il risultato è che nel momento di buio in cui la schiena copre tutta l’inquadratura c’è un taglio che però lo spettatore non percepisce come tale.

Orson Welles realizzò un piano sequenza molto noto, lungo ed elaborato, in esterni, con ampi movimenti di macchina che raggiungevano diversi personaggi in luoghi differenti, all’inizio di L’infernale Quinlan del 1958. Martin Scorsese, negli anni ’90, ne inserì uno poi diventato celebre in Quei bravi ragazzi, particolarmente complicato perché prevedeva l’ingresso dei protagonisti in un locale e quindi la presenza di tantissime comparse, e altrettanti possibili imprevisti. Le comparse infatti dovevano creare l’idea di confusione senza andare a sbattere tra loro, e mantenendo i tempi giusti nel passare davanti all’obiettivo.

L’uso di videocamere digitali al posto delle macchine da presa caricate a pellicola ha cambiato tutto. Quasi subito dopo l’adozione del digitale ad alta risoluzione, nel 2002 è stato girato il primo film in un unico piano sequenza: Arca russa di Aleksandr Sokurov. Per l’epoca fu un traguardo straordinario di stile, tecnica e teoria del cinema, soprattutto perché era un film di due ore con un’ambientazione fantastica. Nel backstage del film si può vedere il regista russo con le lacrime agli occhi nel momento in cui finalmente la lunga e unica ripresa riesce senza errori (minuto 41:14 del video qua sotto).

Con la riduzione del peso e delle dimensioni dell’attrezzatura, è diventato più semplice muoversi per gli operatori, che per esempio possono entrare dentro un’auto con gli attori oppure passarsi la videocamera, quando ad esempio serve che un operatore a piedi la dia a uno su una moto che poi segue un’auto. Inoltre l’evoluzione degli effetti visivi e dei ritocchi digitali ha reso possibile correggere piccoli errori senza dover rifare da capo il piano sequenza: per esempio una comparsa fuori posto, un movimento di troppo o una battuta sbagliata.

Quando nel 2014 la serie tv True Detective, nel quarto episodio della prima stagione, realizzò una scena molto complicata e con diverse ambientazioni in un unico piano sequenza, fu considerato un passo in avanti nella considerazione della serialità al medesimo livello di ambizioni e complessità del cinema.

Sempre gli effetti digitali hanno facilitato la realizzazione di finti piani sequenza, ovvero la possibilità di perfezionare ciò che aveva fatto Hitchcock: unire in modi invisibili diversi piani sequenza e dare l’idea di un’unica lunghissima ripresa. Alcuni film noti che hanno adottato questa tecnica sono 1917 di Sam Mendes e Birdman di Alejandro Iñárritu. Quella del finto piano sequenza è una scuola di pensiero un po’ più cinica, che mira a ottenere direttamente il risultato percepito dallo spettatore, ossia un forte senso di unità temporale e una speciale tensione che si crea a livello inconscio grazie alla fluidità dell’azione.

Chi invece sceglie di realizzarli realmente, senza giunti digitali, punta a ottenere anche un altro tipo di tensione sul set: una particolare disciplina che spinge tutti a dare il meglio visto che sbagliare una ripresa può costare una mattinata di lavoro. Questo può essere di aiuto ma anche molto impegnativo per gli attori, che di solito girano le scene a pezzi, anche lungo diverse giornate e non per forza nell’ordine in cui saranno poi montate. Farne una senza interruzioni, come a teatro, favorisce la costruzione emotiva dei personaggi e il naturale emergere delle emozioni che deve esprimere. Uno dei film più stupefacenti tra quelli girati con un solo, autentico piano sequenza è stato Victoria, una produzione tedesca a basso budget in cui la videocamera segue i protagonisti ovunque per due ore, lungo una notte, con una costruzione drammaturgica eccezionale.

È quello che accade anche in Adolescence, serie tv in quattro puntate che inizia con la polizia che una mattina fa irruzione nella casa di una famiglia e arresta il figlio minore di 13 anni accusandolo di omicidio. Tutte le puntate sono fatte con un unico piano sequenza effettivo, anche se si cambia ambiente, si seguono le auto, si entra al chiuso, poi si passa all’esterno e a un certo punto si vola. Ci sono riusciti grazie a una combinazione di tecniche diverse e ai moderni sistemi di stabilizzazione dell’immagine. Nei giorni scorsi, Netflix ha pubblicato su YouTube un breve video che mostra il dietro le quinte delle riprese.

Il regista di tutti gli episodi è Philip Barantini, che aveva già sperimentato il lavoro su un unico lungo piano sequenza nel suo film Boiling Point. Quello era più semplice da girare perché ambientato quasi interamente in un unico spazio. Nel caso di Adolescence invece le difficoltà erano molte di più, a partire dal fatto che per girare per un’ora senza stacchi è necessario impiegare più operatori che si passano la videocamera, istruire tutte le comparse e provare molte volte. Netflix ha raccontato su X che ogni puntata, che dura tra i 50 e i 65 minuti, ha richiesto almeno dieci tentativi, cioè è stata girata dieci volte. Solitamente ne realizzavano una ripresa al mattino e una al pomeriggio. Per alcuni episodi sono stati necessari più di dieci tentativi. Poi rivedendo le varie versioni hanno scelto quella più riuscita per la messa online.

In una scena in particolare nel secondo episodio sono presenti poco meno di 400 comparse, tutte coordinate (aiuta il fatto che la scena rappresenta un momento di caos). Nel caso della ripresa aerea invece, poco prima del decollo, la videocamera viene attaccata a un drone che la porta in volo. All’atterraggio poi viene afferrata da un operatore mescolato tra le comparse.

Adolescence è una serie che racconta l’indagine su un ragazzo che afferma di essere innocente del crimine di cui è accusato. Gli spettatori partono dal punto di vista della famiglia e nel corso degli episodi assumono quello della polizia, del ragazzo, di una psicoterapeuta e poi di nuovo della famiglia, mentre a poco a poco si scopre cosa sia realmente successo. Per come è scritta la serie è molto importante il graduale sviluppo delle emozioni e quindi girare tutto in una sola ripresa aiuta moltissimo gli attori nella progressione dalla situazione iniziale a quella finale. Lo si capisce bene nel terzo episodio, l’unico girato quasi interamente in un ambiente unico.

In altri casi, come quello del film Athena, molto celebrato per i suoi piani sequenza, le tecniche utilizzate sono così numerose e complesse che Netflix ha caricato sulla sua piattaforma un intero dietro le quinte per mostrare come sia stato possibile girare alcune scene estremamente elaborate, come la lunga e impressionante sequenza iniziale, realizzata davvero in un unico piano sequenza.