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  • Martedì 18 marzo 2025

Nuovi ribelli contro vecchi ribelli, nella regione etiope del Tigrè

Una fazione separatista del gruppo che aveva combattuto l'ultima guerra contro il governo etiope si sta ribellando, e il timore è che riprenda il conflitto

L'area attorno a Yechila, nel Tigrè, colpita da una pesante siccità, 18 febbraio 2024 (Ed Ram/Getty Images)
L'area attorno a Yechila, nel Tigrè, colpita da una pesante siccità, 18 febbraio 2024 (Ed Ram/Getty Images)
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La settimana scorsa una fazione dissidente del Fronte di liberazione del popolo del Tigrè, gruppo che governa nella regione del Tigrè, Etiopia settentrionale, ha attaccato diverse città dell’area. Ha preso il pieno controllo di Adigrat, la seconda in termini di popolazione, e di altri centri più piccoli. Ha detto anche di avere occupato gli uffici del sindaco e una stazione radio del capoluogo Macallè, anche se non è chiaro se abbia preso il controllo del governo locale.

I dissidenti sono guidati da Debretsion Gebremichael, storico esponente del Fronte di liberazione, che da tempo accusa l’amministrazione regionale tigrina di essere corrotta e troppo vicina agli interessi del governo federale etiope. L’amministrazione regionale è invece guidata dal governatore Getachew Reda, che ha accusato i dissidenti di aver tentato un colpo di stato e ha chiesto l’intervento del primo ministro etiope Abiy Ahmed, che per ora non ha risposto.

Gli ultimi sviluppi stanno preoccupando molto, e il rischio è che si torni a combattere nella regione del Tigrè dopo la guerra del biennio 2020-2022, quando i separatisti del Fronte di liberazione si scontrarono con l’esercito fedele al governo federale. Quella guerra, in cui furono uccise 600mila persone e centinaia di migliaia dovettero lasciare le loro case, si concluse con gli accordi di pace firmati a Pretoria, che tra le altre cose affidarono il governo regionale a quella fazione del Fronte che era favorevole a scendere a patti con il governo: cioè quella guidata dall’attuale governatore Getachew (in Etiopia le persone vengono identificate principalmente con il nome proprio e non con il patronimico).

La fazione che non era d’accordo, guidata da Debretsion Gebremichael, contestò fin da subito l’autorità di Getachew, perché riteneva che da negoziatore avesse indebolito l’organizzazione e avesse fatto troppe concessioni al governo federale. Tra le altre cose, lo accusava di avere preso decisioni senza consultare gli altri leader del Fronte di liberazione, per esempio sulla questione del disarmo del gruppo.

Getachew Reda a Macallè, la capitale della regione del Tigrè, 16 febbraio 2024 (Ed Ram/Getty Images)

Da allora e fino agli attacchi armati della settimana scorsa le due fazioni si erano scontrate per lo più sul piano politico. Lo scorso ottobre Gebremichael, che è un membro ancora molto influente della vecchia guardia dell’organizzazione, aveva convocato una riunione in seguito alla quale era stato riconfermato presidente e aveva espulso Getachew e altri 16 membri. Aveva inoltre tentato di far riottenere al Fronte di liberazione lo status di partito legittimo, senza però riuscirci (dal 2020 l’organizzazione è considerata un gruppo terroristico dal governo federale).

In risposta a Debretsion, il 10 marzo Getachew ha sospeso alcuni generali delle Forze di Difesa del Tigrè considerati vicini alla fazione dei Gebremichael e sospettati di complottare contro l’amministrazione regionale. Il giorno dopo alcuni uomini armati della fazione dissidente hanno attaccato Macallè, Adigrat e altri centri.

Il timore di molti osservatori è che un intervento dell’esercito federale a sostegno dell’autorità regionale, come richiesto da Getachew, possa provocare una guerra aperta con i gruppi armati allineati a Debretsion. Gli accordi di Pretoria avevano stabilito in teoria anche il disarmo totale delle forze che avevano combattuto contro il governo federale, ma questa fase (come altre) non è mai stata completata: secondo Getachew sono almeno 270mila gli uomini ancora armati nel Tigrè.

Debretsion Gebremichael, 8 giugno 2019 (EPA/STR via ANSA)

La situazione è resa ancora più complicata dalle relazioni tra Etiopia e la confinante Eritrea, che negli ultimi anni sono passate dall’essere pessime, poi buone, e poi di nuovo pessime.

Oggi il governatore regionale Getachew accusa l’Eritrea di appoggiare i dissidenti per destabilizzare il governo etiope di Abiy. In questa crisi l’Eritrea ha adottato una posizione diversa da quella presa nella guerra combattuta tra il 2020 e il 2022, quando aveva combattuto il Fronte di liberazione alleandosi quindi con il governo etiope. Allora i rapporti tra i due paesi erano buoni grazie ai precedenti sforzi diplomatici di Abiy che avevano permesso la riapertura delle relazioni diplomatiche bilaterali (nel 2019 Abiy aveva vinto anche il Nobel per la pace per quegli sforzi).

Dopo gli ultimi sviluppi e scontri, il dittatore eritreo Isaia Afwerki ha ordinato una mobilitazione militare su scala nazionale, e subito dopo Abiy ha spostato le sue truppe vicino al confine.