«È come vivere in una zona sismica»
Il presidente dell'Emilia-Romagna Michele de Pascale, dopo l'ultima emergenza, parla di quanto ancora c'è da fare per mettere in sicurezza i fiumi, e delle precauzioni necessarie

Tra venerdì e sabato nella zona della Bassa Romagna il livello del fiume Lamone ha raggiunto i 10 metri di altezza nel tratto protetto dagli argini. Durante le alluvioni del maggio del 2023 e del settembre del 2024, che avevano provocato complessivamente 18 morti, era arrivato a 11,2 metri. Non molto più alto. Nei giorni scorsi l’acqua non ha tracimato e non ha rotto gli argini come negli ultimi due anni: le case e i campi si sono salvati, e alla fine dell’allerta le persone sono tornate nelle loro case.

De Pascale durante un punto stampa, il 4 febbraio 2025, dopo l’incontro del commissario straordinario alla Ricostruzione post-alluvione Fabrizio Curcio con i sindaci della provincia di Bologna (Guido Calamosca/LaPresse)
Il presidente della Regione Emilia-Romagna, Michele de Pascale, dice che due anni fa la pioggia degli ultimi giorni avrebbe fatto molti danni. Non ci sono stati un po’ perché l’evento è stato meno intenso e un po’ grazie ai primi lavori fatti per mettere in sicurezza i fiumi. «Il nostro obiettivo sarà arrivare a gestire un evento come quello di due anni fa come abbiamo fatto negli ultimi giorni», dice. «C’è ancora molto da fare».
Come spesso è accaduto negli ultimi mesi, de Pascale parla di una “nuova normalità”: «È vietato utilizzare le parole eccezionale e straordinario. Qui sono parole proibite». Il presidente fa riferimento all’ormai vecchia concezione secondo cui piogge così abbondanti possono capitare statisticamente soltanto una volta ogni cent’anni. Nel giro di due anni ci sono stati quattro eventi intensi che hanno causato quattro alluvioni, a cui vanno aggiunte le piogge degli ultimi giorni.
In questa nuova normalità va ripensato il sistema idrogeologico che fino a pochi anni fa non aveva mai dato problemi. Fino a due secoli fa tutta l’area della Bassa Romagna era completamente allagata perché era un’area umida, inospitale. La bonifica ha reso abitabile la campagna attraverso un sistema di argini e canali studiati per gli eventi atmosferici conosciuti. Oggi non ci sono più quelle premesse e per questo secondo de Pascale quel sistema va aggiornato e rifatto, pensato per alti quantitativi di pioggia. «È quello su cui dobbiamo accelerare: finora gli aggiustamenti sono andati bene, però la capacità di invaso è sempre quella».
Negli ultimi due anni sono stati portati avanti molti progetti di prevenzione come la costruzione di muri di contenimento e di nuovi argini, l’allargamento delle vasche di laminazione o dei canali, l’installazione di paratie per intercettare il materiale trasportato dai fiumi. Ne serviranno altri: nella Bassa Romagna serviranno nuove vasche di laminazione per contenere l’acqua del Lamone, del Marzeno e del Senio quando il livello supera i livelli di guardia. Sono bacini chiamati anche casse di espansione, e raccolgono l’acqua in eccesso quando i fiumi si ingrossano e c’è un rischio di alluvione.
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De Pascale però è consapevole che qualsiasi opera non può mettere totalmente al sicuro queste zone. Ora bisogna rendere le persone più consapevoli di questo rischio. «Nel caso del Lamone abbiamo una colonna d’acqua che attraversa 50 chilometri di territorio: non c’è un’altezza dell’argine che ci dice che siamo sicuri al 100 per cento». Quella di de Pascale è in parte una risposta a chi negli ultimi giorni ha giudicato eccessiva l’allerta e le evacuazioni. «Se dopo una pioggia abbondante il livello sale fino a dieci metri bisogna dare l’allerta. È come vivere in una zona sismica. Non è bello affrontare questo senso di precarietà, però non possiamo mentire alle persone».