Una nuova serie su Netflix, fatta bene

“Adolescence” sta piacendo per il modo in cui è girata, per i temi che affronta e per il talento del suo giovane protagonista

Un fotogramma di Adolescence (Netflix)
Un fotogramma di Adolescence (Netflix)
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Oggi al primo posto delle serie tv più viste su Netflix in Italia c’è Adolescence, una miniserie britannica di quattro episodi che sta ricevendo giudizi entusiastici da parte del pubblico e della critica un po’ dappertutto. Gli apprezzamenti riguardano in parte la storia che racconta, e in parte il modo in cui la serie è stata scritta, interpretata, e soprattutto diretta: ogni episodio è infatti girato con un unico e lunghissimo piano sequenza, cioè tutto in una volta, senza tagli tra un’inquadratura e l’altra e quindi senza pause per gli attori e la troupe, e senza necessità di montaggio.

Adolescence si è fatta notare anche perché è sempre più raro che il catalogo di Netflix proponga novità di alta qualità e quando succede le anticipa solitamente con una grossa promozione, che in questo caso invece non c’è stata. Non è comunque la prima volta che succede.

Adolescence è stata scritta dagli inglesi Jack Thorne e Stephen Graham. Quest’ultimo, oltre ad aver contribuito alla sceneggiatura, interpreta anche Eddie Miller, il padre del protagonista e uno dei personaggi principali. Il regista è invece il connazionale Philip Barantini, che quattro anni fa aveva diretto lo stesso Graham nel film Boiling Point – Il disastro è servito, un thriller che ebbe un buon successo nel Regno Unito e che, proprio come Adolescence, fu girato con un solo piano sequenza.

A un primo sguardo Adolescence assomiglia a una delle tante miniserie di genere crime disponibili sulla piattaforma: è infatti incentrata sulla storia di Jamie Miller, uno studente di 13 anni che viene arrestato con l’accusa di aver commesso un omicidio. La trama investigativa viene però accantonata abbastanza presto perché il punto della serie non è tanto arrivare alla risoluzione di un caso, ma analizzare i motivi del gesto di un adolescente dei nostri tempi, e inserirli nel contesto sociale e culturale in cui vive.

Adolescence quindi è una serie crime in cui la parte poliziesca è un pretesto per parlare di temi come il bullismo online, i radicati modelli di mascolinità tossica e gli stereotipi che ne derivano e la sottocultura cosiddetta “Incel”, nome con cui vengono definiti i gruppi di uomini che affermano la supremazia maschile e accusano il femminismo e le donne di averli privati di un loro presunto diritto ad avere rapporti sessuali. Parlando di questo aspetto, Margaret Lyons del New York Times ha scritto che Thorne, Graham e Barantini hanno usato «il dolore e lo shock come una porta laterale verso domande interessanti e critiche sociali: la serie riguarda un adolescente, ma le sue idee sono adulte».

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Un altro punto di forza di Adolescence, evidenziato da tutte le recensioni uscite finora, è la sorprendente interpretazione di Owen Cooper, il protagonista, che nonostante la giovane età (ha 15 anni, due in più del personaggio che interpreta) è riuscito a fare propria una parte difficilissima, resa ancor più complessa dal fatto che ogni episodio (che dura tra i 50 e i 65 minuti) è stato girato come abbiamo detto in piano sequenza, e quindi sostanzialmente senza possibilità di sbagliare o comunque di fare pause.

In un’intervista all’Independent, Graham ha raccontato che fin dall’inizio dei provini lui, Barantini e Thorne avevano in mente di scegliere un attore che non avesse ancora acquisito l’impostazione tipica delle accademie di teatro e che provenisse da zone e contesti che «solitamente non offrono questo tipo di opportunità». Dopo una lunga serie di provini hanno deciso di scegliere Owen, che prima di Adolescence aveva partecipato soltanto ad alcuni piccoli laboratori scolastici. Graham ha detto che la scelta di Cooper è stato «il più grande successo» della serie. Nei prossimi mesi tra l’altro Cooper reciterà nel nuovo adattamento di Cime tempestose, diretto da Emerald Fennell e interpretato tra gli altri da Jacob Elordi e Margot Robbie.

La critica Taylor Gates di Collider ha scritto che, ancor più dei sorprendenti piani sequenza e dell’innegabile talento di Barantini per la regia, l’elemento che contraddistingue maggiormente la serie è proprio l’interpretazione di Cooper, che è riuscito a «oscillare senza soluzione di continuità tra un fanciullo dolce e simpatico e uno violento e manipolatore». Anche Lucy Mangan del Guardian ha lodato Cooper, definendolo un «talento innato» per la sua capacità di mostrare al pubblico «il misogino radicalizzato che Jamie [Miller] è o potrebbe diventare».

Alan Sepinwall, critico televisivo di Rolling Stone, ha sottolineato che un altro merito di Adolescence è il modo in cui sono state organizzate le puntate. Thorne, Graham e Barantini hanno deciso infatti di ambientarle in quattro spazi differenti: la prima in commissariato, la seconda a scuola, la terza durante una seduta con una psicologa e la quarta nella casa e nel furgone dei Miller.

Secondo Sepinwall, questa divisione dei capitoli ha reso Adolescence una serie inclassificabile, che riesce a essere allo stesso tempo tante cose: «un poliziesco, un esame sociologico della rabbia maschile, del cyberbullismo e di un sistema scolastico britannico in crisi, un thriller psicologico». In particolare la serie mostra bene alcuni aspetti e limiti della giustizia minorile e del sistema d’istruzione britannici.

Rebecca Onion di Slate si è soffermata soprattutto sulla scrittura di Thorne e Graham, che a suo dire sono riusciti a realizzare una serie adolescenziale che si discosta molto da quelle prodotte negli ultimi anni, priva di toni paternalistici, sviluppi di trama scontati e personaggi monodimensionali. Il risultato è un «lavoro televisivo sulla creazione del sé moderno e sul modo in cui le nostre personalità e le nostre storie reali si intrecciano con la vita online, rendendo sempre più difficile comprendere le motivazioni alla base delle azioni delle persone».

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