5 cose che non succederanno più dopo lo smantellamento di USAID
Ci saranno meno ospedali in Thailandia, meno fondi per l'Amazzonia, meno cibo in Sudan, e meno aiuti per gli sfollati in Ucraina

Lunedì il segretario di Stato degli Stati Uniti Marco Rubio, l’equivalente del ministro degli Esteri, ha detto che il governo statunitense ha portato a termine l’operazione di smantellamento di USAID, l’agenzia federale che da decenni fornisce aiuti umanitari e assistenza per lo sviluppo in decine di paesi in tutto il mondo. Rubio ha detto che sono stati cancellati 5.200 dei 6.200 programmi finanziati da USAID, ossia l’83 per cento delle iniziative, e che i restanti saranno assorbiti dal dipartimento di Stato.
Le conseguenze dello smantellamento di USAID, che corrispondeva a meno dell’1 per cento del budget federale statunitense, sono già visibili e molto concrete negli oltre cento paesi che ne beneficiavano. Come questi cinque.
All’Ucraina mancheranno moltissime cose
Fra il 2022 e il 2023 l’Ucraina è diventata la principale ricevente di fondi di USAID, che hanno permesso, fra le altre cose, di continuare a pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici quando il paese ha dovuto concentrare le sue risorse nel settore della Difesa e di riparare parte dell’infrastruttura energetica ucraina, molto colpita dalla Russia.
Una parte importante dei fondi USAID era poi indirizzata alle associazioni umanitarie che si occupavano di gestire il reinserimento dei soldati rientrati dalla guerra, di assistere le famiglie di quelli uccisi o feriti, di costruire rifugi antiaerei nelle scuole, di riparare la rete idrica e le scuole danneggiate dai bombardamenti russi, di garantire la distribuzione di acqua, cibo e legna da bruciare alle persone sfollate o a quelle che abitano ancora nelle zone del fronte, dove mancano spesso l’energia elettrica e il riscaldamento. USAID finanziava anche la gran parte dei media indipendenti in Ucraina: si stima che circa l’80 per cento dei fondi per decine di testate arrivasse dagli Stati Uniti.
Nonostante sembri che una piccola parte di questi fondi potrebbe essere ripristinata, come quella destinata ai dipendenti pubblici, il resto, inclusi i fondi destinati al ripristino della rete elettrica, è ancora bloccato.
In Sudan c’è ancora meno da mangiare
Secondo quanto riferito dalla BBC lo smantellamento di USAID ha portato alla chiusura di 1.100 mense operative in Sudan, cioè circa l’80 per cento del totale, che fornivano cibo a quasi due milioni di persone. Queste mense sono fondamentali per la popolazione civile del paese, che da circa due anni vive in mezzo a una violenta guerra civile fra l’esercito regolare del Sudan e il gruppo paramilitare Rapid Support Forces (RSF) che ha ucciso decine di migliaia di persone, ne ha fatte sfollare diversi milioni e ha aumentato il rischio di carestia. Queste mense, chiamate “sale di pronto intervento”, erano presenti in tutto il paese e ricevevano fondi direttamente da USAID, che in altri casi invece li faceva gestire a un’organizzazione delle Nazioni Unite che poi li distribuiva localmente.
Circa 350mila persone in Lesotho, Eswatini e Tanzania hanno perso l’accesso alle cure contro l’HIV/AIDS
La Elizabeth Glaser Paediatric AIDS Foundation ha detto di aver ricevuto una nota che annunciava la fine dei finanziamenti di tre suoi progetti, che forniscono cure per l’HIV a più di 350mila persone in Lesotho, Eswatini e Tanzania, tre paesi dell’Africa meridionale e orientale. La cifra include più di 10mila donne incinte sieropositive, che devono continuare a prendere farmaci antiretrovirali per evitare di trasmettere la malattia ai loro bambini.
Degli oltre 40 miliardi di dollari spesi da USAID nel 2023, 16 erano stati destinati a programmi per la salute: di questi, 10,6 miliardi erano stati investiti nel contrasto alla diffusione e nella cura dell’HIV/AIDS. La gran parte di questi fondi era stata indirizzata a diversi paesi africani, dove risiede la maggior parte delle persone affette da HIV, fra cui moltissimi bambini. L’amministrazione di Donald Trump aveva fatto sapere che le iniziative per combattere direttamente la diffusione dell’HIV/AIDS sarebbero state mantenute, ma in molti casi questo non è avvenuto e diversi altri centri medici che si occupano di prevenzione e sostegno alle persone con l’HIV sono stati costretti a chiudere.
Secondo una stima dell’associazione sudafricana Desmond Tutu Health Foundation, fino a 500mila persone affette da HIV/AIDS in Sudafrica potrebbero morire a causa dello smantellamento repentino di USAID. Bruno Lemarquis, il coordinatore umanitario per le Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo, ha stimato che la riduzione dei fondi di USAID potrebbe portare alla morte di 15mila persone al mese.
Ci sono meno fondi per l’Amazzonia
Nel processo di smantellamento di USAID gli Stati Uniti hanno chiuso o bloccato i fondi di moltissimi progetti che lavoravano per garantire la conservazione della foresta dell’Amazzonia e delle popolazioni indigene che la abitano. La ministra dell’Ambiente colombiana Susana Muhamad ha detto che è stato interrotto il finanziamento di progetti ambientali destinati alla Colombia, per un valore di circa 70 milioni di dollari. In Brasile, dove si trovano circa due terzi della foresta amazzonica, il leader del Conselho Indigena de Roraima, Edinho Macuxi, ha detto ad Associated Press che la sua organizzazione ha dovuto iniziare a licenziare lavoratori e annullare molti progetti per mancanza di fondi. L’associazione, che rappresenta 60mila persone, aveva stipulato una partnership con USAID sette anni fa.
In Thailandia hanno chiuso gli ospedali dei campi per i profughi birmani
L’associazione Border Consortium ha detto che i tagli degli Stati Uniti stanno causando enormi problemi nella gestione dei nove campi profughi allestiti al confine fra Thailandia e Myanmar. Fra le conseguenze peggiori c’è la chiusura delle strutture ospedaliere che offrivano cure alle oltre 100mila persone che vivono stabilmente nei campi. Sono quasi tutte in fuga dal Myanmar, dove governa una giunta militare salita al potere con un colpo di Stato nel 2021 e che è in constante conflitto, come i governi precedenti, con gruppi armati che lottano contro il potere centrale per ottenere l’autonomia o l’indipendenza di uno specifico gruppo etnico.
L’anno scorso il Border Consortium, che coordina i campi, ha ricevuto il 69 per cento dei suoi fondi dagli Stati Uniti, e ora dovrà fare a meno.