Durante il Ramadan, le relazioni tra musulmani non sposati possono diventare complicate

Anche le persone poco praticanti possono sentire l'esigenza di astenersi da contatti e rapporti, e un mese è lungo

Un gruppo di ragazze partecipa a un evento notturno in occasione del Ramadan a Londra (Ben Montgomery/Getty Images)
Un gruppo di ragazze partecipa a un evento notturno in occasione del Ramadan a Londra (Ben Montgomery/Getty Images)
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Mina ha ventisei anni, frequenta l’università e da qualche mese ha iniziato la prima relazione che ritiene «molto seria»: «ci piacciamo molto, stiamo iniziando ad apprezzarci sempre di più», dice. Lei e il suo ragazzo, però, hanno deciso di non vedersi e di limitare quanto possibile le comunicazioni per un mese intero, tra il 28 febbraio e il 31 marzo. Ovvero il periodo del Ramadan, il mese in cui ai musulmani praticanti è richiesto tra l’altro di digiunare e di interrompere le proprie abitudini meno sane.

Nelle interpretazioni maggioritarie islamiche, avere relazioni romantiche e intime con persone dell’altro sesso senza essere sposati è proibito. Non ci si può baciare né tantomeno avere rapporti sessuali, e i più integralisti ritengono che due persone di generi opposti non dovrebbero nemmeno incontrarsi da soli. Nella pratica, però, il modo in cui le comunità praticano e negoziano le tradizioni dipende da molti fattori, prima di tutto dal posto in cui vivono, e per moltissimi giovani musulmani nel mondo è normale stringere relazioni romantiche o anche solo sessuali senza essere sposati.

Durante il Ramadan, però, gestire queste relazioni può essere piuttosto difficile, da un punto di vista sia morale che pratico. Capita infatti molto spesso che anche i musulmani che durante l’anno prestano meno attenzione ai precetti dell’Islam – e quindi che bevono alcol, hanno tatuaggi o escono con qualcuno – si avvicinino di più alla fede, alla famiglia e alla propria comunità religiosa in occasione del mese sacro, sforzandosi di limitare i propri comportamenti “haram”, “immorali” secondo le tradizioni shariatiche. Anche tra mariti e mogli musulmane durante le ore di digiuno nel mese del Ramadan ci si dovrebbe astenere dall’avere contatti fisici anche piuttosto casti, come abbracciarsi o tenersi per mano. Nel caso delle relazioni tra persone non sposate, la situazione è ancora più complessa.

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Mina e il suo ragazzo, che sono consapevoli di vivere una relazione “haram”, sono tra i tanti musulmani che hanno preso qualche provvedimento in questo senso, a partire dal non vedersi per un mese. «Durante questo mese ci sentiamo comunque in colpa, anche se stiamo facendo del nostro meglio. Ci telefoniamo soprattutto dopo l’iftar [il pasto serale che spezza la giornata di digiuno], o se ci sentiamo in giornata cerchiamo di mantenere un linguaggio molto formale, e ci auguriamo che il prossimo Ramadan non sarà così, che nel frattempo il nostro rapporto sarà diventato lecito in qualche modo», racconta Mina.

«Abbiamo l’intenzione di sposarci, ne abbiamo parlato e siamo d’accordo. Ma non abbiamo ancora reso la relazione halal – che vuol dire coinvolgere i genitori, fidanzarci e organizzare il matrimonio – principalmente per un fattore economico».

Di casi come il suo ce ne sono tantissimi: su TikTok e Instagram si trovano centinaia di contenuti che scherzano al riguardo, o che danno consigli su come gestire questo periodo nel modo migliore. Alcuni si autoimpongono limiti specifici: il diciannovenne tunisino Amine, per esempio, ha raccontato alla rivista Mille di aver adottato la «regola dei tre strike»: «mi concedo di vedere la mia ragazza quando voglio durante il Ramadan, ma se perdo il controllo dopo la terza volta mi allontano e smetto di vederla fino alla fine del mese. Non è niente di personale, ma sto comunque cercando di assicurarmi un posto in paradiso, spero che capiscano che in fin dei conti conviene a entrambi che riusciamo a ritrovarci nell’aldilà». Reem, ventiseienne di Dubai, dice invece che durante il Ramadan si concede principalmente attività halal, come bere un caffè con qualcuno mantenendo la debita distanza o giocarci a carte.

Qualsiasi comportamento si decida di adottare può facilmente attirare critiche: su TikTok, tutti i video che parlano di come gestire la propria relazione durante il Ramadan sono pieni di commenti secondo i quali un bravo musulmano non dovrebbe avere una relazione di quel tipo, a prescindere dal mese dell’anno.

Il professor Stefano Allievi, specializzato in sociologia delle religioni con un interesse specifico per l’Islam in Europa, spiega che è una questione che non riguarda solo l’Islam, ma anche le tante altre religioni che condannano i rapporti prematrimoniali, dai testimoni di Geova agli ebrei ortodossi. «In tutte le religioni ci sono persone che non seguono questo comando, fosse anche perché semplicemente sono religiose non per convinzione ma perché gli è stato attribuito alla nascita», dice. «Ci sono insomma cose che non si possono fare e si fanno lo stesso».

Soprattutto nel caso delle coppie in cui una delle due persone non è musulmana e non condivide un rapporto particolarmente stretto con la fede, il Ramadan è anche un mese che mette alla prova la solidità della relazione.

«Quando entri in una relazione con qualcuno di un’altra religione per la prima volta, inizialmente pensi “posso farcela tranquillamente, non è un problema”: solo col tempo ti rendi conto che può voler dire che avete aspettative diverse, che siete abituati a dinamiche di genere diverse, che ci sono dei limiti piuttosto stringenti a quello che potete o non potete fare insieme», dice Sira, che vive a Dakar e da qualche mese frequenta un ragazzo senegalese e musulmano.

Questo è il primo Ramadan che passano insieme, e lui l’aveva avvisata che avrebbe preferito non vederla, in modo da «potersi concentrare sul suo rapporto con Dio» ed evitare la tentazione di baciarla e abbracciarla. Ma l’ha comunque invitata a partecipare a un iftar con lui e i suoi amici: «mi ha salutato dandomi il cinque. È stato divertente perché stavamo tutti attorno al fuoco ed era chiaro che per me è una situazione difficile, e i suoi amici hanno cominciato a scherzare, dicendomi “Sira, il Ramadan è soltanto un mese all’anno, puoi farcela!”». Per il resto, ha deciso di organizzare il suo mese in modo da mettere al centro gli amici e il lavoro, e comportandosi come se lui fosse fuori città. «Sicuramente non voglio rovinare la sua esperienza del Ramadan rendendogli le cose difficili», spiega.

A Paola, che ha 33 anni, vive a Milano e sta da quattro anni con un uomo originario del Gambia, è andata un po’ diversamente. Il primo anno che stavano insieme il Ramadan è caduto a poche settimane dall’inizio della loro relazione, e ha messo il suo compagno in grande difficoltà: dopo qualche giorno, riconoscendo di voler passare il tempo con lei, ha deciso di interrompere il Ramadan, «ma l’ha vissuta male».

Quest’anno sta osservando il mese sacro, e si sono messi d’accordo per vedersi il meno possibile, a meno che non sia strettamente necessario per questioni logistiche. «Sono stata io stessa a dirgli che preferivo non vederlo per un mese e poi avere quel momento bellissimo in cui ci ritroviamo dopo tanto tempo piuttosto che vederlo e sapere di non poterlo sfiorare neanche con un dito, di non poter neanche dire qualcosa che in qualche modo possa indurlo in tentazione», racconta. «Ma l’anno scorso dopo qualche settimana ho avuto un momento di grande tristezza e lui è venuto a casa mia, mi ha dato un abbraccio – cosa che non poteva assolutamente fare – ed è andato via. Quel gesto mi ha permesso di affrontare il resto del mese in maniera più serena».

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