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  • Lunedì 10 marzo 2025

Le elezioni in Groenlandia sono tutto un dibattito sull’indipendenza

Tra i principali partiti, l’unico favorevole a rimanere per il momento parte della Danimarca è dato ultimo nei sondaggi: si vota martedì

Un bambino e una donna a una fermata dell'autobus su cui sono stati attaccati dei manifesti elettorali a Nuuk, in Groenlandia, l'8 marzo 2025 (AP Photo/Evgeniy Maloletka)
Un bambino e una donna a una fermata dell'autobus su cui sono stati attaccati dei manifesti elettorali a Nuuk, in Groenlandia, l'8 marzo 2025 (AP Photo/Evgeniy Maloletka)

Martedì si tengono in Groenlandia le elezioni legislative per rinnovare i 31 seggi del parlamento (Inatsisartut), che darà poi la fiducia a un nuovo governo: i seggi apriranno a mezzogiorno e chiuderanno alle 22 ora italiana. L’indipendenza dal Regno di Danimarca, di cui la Groenlandia fa ancora parte nonostante abbia ampie autonomie di governo dal 1979, è stato praticamente l’unico argomento di discussione della campagna elettorale. Anche a causa delle recenti mire espansionistiche del presidente statunitense Donald Trump, le elezioni sono quindi descritte dai giornali locali e internazionali come le più importanti della storia dell’isola.

I principali partiti candidati sono cinque: sono tutti a favore dell’indipendenza ma hanno idee molto diverse su come e quando dovrebbe avvenire. Nell’ultimo sondaggio, condotto a gennaio dall’agenzia indipendente Verian, è in vantaggio il partito ambientalista di sinistra Inuit Ataqatigiit (Comunità Inuit), con il 31 per cento dei consensi. Inuit Ataqatigiit vinse le ultime elezioni, nel 2021, ed esprime l’attuale primo ministro groenlandese, Múte Bourup Egede.

Nel suo discorso di inizio anno, Egede aveva annunciato di voler convocare un referendum sull’indipendenza insieme alle elezioni legislative, ma ha poi fatto un passo indietro: ha rimandato la questione alla prossima legislatura (che durerà fino al 2029).

Il primo ministro groenlandese Múte Bourup Egede durante un dibattito televisivo, l’8 marzo 2025 (AP Photo/Evgeniy Maloletka)

Inuit Ataqatigiit governa insieme al partito socialdemocratico Siumut (Avanti), secondo nei sondaggi con quasi il 22 per cento dei consensi. Sull’indipendenza, Siumut è diviso fra una corrente che è d’accordo con Inuit Ataqatigiit e un’altra più radicale, che la vorrebbe subito: quest’ultima ha però perso forza da quando i suoi due membri più importanti, il deputato locale Kuno Fencker e Aki-Matilda Høegh-Dam, una dei due membri groenlandesi al parlamento danese, hanno lasciato il partito per entrare in Naleraq.

Naleraq è dato quarto nei sondaggi dopo il partito dei centristi liberali dei Demokraatit (Democratici), che hanno un approccio più cauto al tema dell’indipendenza, che sostengono dovrebbe essere raggiunta molto gradualmente. Naleraq invece è il principale partito di opposizione, è nazionalista e il più radicale sulla questione: chiede infatti la secessione, cioè di dichiarare immediatamente e unilateralmente l’indipendenza dalla Danimarca. È anche il partito che ha le posizioni più concilianti in merito a una possibile collaborazione con gli Stati Uniti.

Fra i suoi candidati c’è Qupanuk Olsen, la più famosa influencer groenlandese che ha in tutto 1,5 milioni di follower su varie piattaforme (un numero enorme rispetto alla media dei politici locali). Olsen ha detto che considera positivo l’«interesse» di Trump, perché «velocizza cento volte la nostra indipendenza». In diversi all’interno del partito hanno la stessa opinione: Kuno Fencker per esempio è recentemente andato a Washington per incontrare alcuni rappresentanti dell’amministrazione di Trump e ha organizzato a gennaio la visita a Nuuk di Donald Trump Jr., due scelte per cui è stato molto criticato (un recente sondaggio di Verian ha rilevato che circa l’85 per cento degli abitanti della Groenlandia è contrario all’idea di diventare parte degli Stati Uniti e non apprezza il comportamento di Trump).

Al quinto posto nei sondaggi c’è Atassut (Solidarietà), l’ultimo partito unionista, cioè contrario all’indipendenza, di centrodestra. Sebbene persino lui durante la campagna elettorale abbia parlato della necessità di avere più autonomie per raggiungere prima o poi l’indipendenza, ritiene che l’isola non sia ancora pronta e che quella di staccarsi dalla Danimarca sia un’opzione non realistica per il prossimo futuro.

Atassut fa riferimento ai problemi pratici che l’indipendenza potrebbe creare a un paese di soli 56mila abitanti e un’economia che si regge ancora principalmente sulla pesca: fra questi c’è la questione della difesa e della protezione militare, di cui al momento si occupa la Danimarca al posto del governo locale, e quella dei fondi pubblici, dato che ogni anno l’isola riceve delle sovvenzioni dal governo danese equivalenti a più di 500 milioni di euro, usate principalmente per sostenere il sistema di welfare.

– Leggi anche: Come si fa campagna elettorale in un posto come la Groenlandia