Sea Watch ha soccorso 32 persone migranti bloccate su una piattaforma petrolifera nel Mediterraneo

Erano lì da quattro giorni, durante i quali non è intervenuto nessun governo nonostante le varie richieste

La nave Aurora dell'ong Sea Watch che si avvicina alla piattaforma petrolifera su cui è rimasto per giorni un gruppo di migranti (ANSA/US)
La nave Aurora dell'ong Sea Watch che si avvicina alla piattaforma petrolifera su cui è rimasto per giorni un gruppo di migranti (ANSA/US)

Martedì mattina la nave Aurora dell’ong Sea Watch ha soccorso le 32 persone migranti che da quattro giorni erano bloccate su una piattaforma petrolifera nel mar Mediterraneo, dopo il naufragio del gommone su cui stavano viaggiando.

La piattaforma è in acque internazionali, ma finora nessun governo si era attivato per soccorrere i migranti nonostante le ripetute richieste inviate sia da Alarm Phone, il call center che fornisce assistenza ai migranti nel Mediterraneo, che dalla stessa Sea Watch. Nel frattempo le persone sulla piattaforma, tra cui quattro donne e due bambini secondo Sea Watch, sono rimaste al freddo, senza cibo né acqua, e una di loro è morta. Sea Watch ha raggiunto la piattaforma partendo dall’isola di Lampedusa, e ora sta aspettando che il governo italiano assegni alla nave un porto di sbarco.

Martedì l’eurodeputato del Partito Democratico Sandro Ruotolo ha presentato un’interrogazione alla Commissione Europea in cui ha chiesto spiegazioni sul mancato soccorso del gruppo di migranti da parte della autorità italiane e maltesi. Secondo Ruotolo e gli altri firmatari dell’interrogazione, evitando di intervenire i due governi avrebbero violato gli obblighi previsti dal diritto internazionale e dal Regolamento europeo 656/2014, quello che prevede, tra le altre cose, l’obbligo di soccorso in mare di qualunque persona in pericolo e il rispetto dei suoi diritti fondamentali. L’interrogazione non ha ancora ricevuto risposta.

Nei giorni scorsi, parlando con Alarm Phone, le persone migranti bloccate sulla piattaforma hanno detto di essere partite dalla Libia e di essersi arrampicate sulla piattaforma dopo la rottura del motore del gommone su cui si trovavano. Sabato avevano detto di attendere per domenica l’arrivo della marina tunisina, cosa che però non è mai successa. Sea Watch aveva fatto un sopralluogo sul posto col suo aereo da ricognizione Seabird, trovando le persone ancora lì, e aveva chiesto alle autorità europee di attivarsi per soccorrerle subito senza attendere la marina tunisina, temendo che questa potesse espellerle illegalmente verso la Libia, una pratica che è stata ampiamente documentata e che comporta per le persone coinvolte la detenzione nelle prigioni libiche con sistematiche violenze, torture e stupri.