Per decenni gli Oscar sono stati una cena

La prima fu nel 1929 e la premiazione era solo un pretesto

La cena formale per la prima riunione della Academy of Motion Picture Arts and Sciences, nel 1927 (Hulton Archive/Getty Images)
La cena formale per la prima riunione della Academy of Motion Picture Arts and Sciences, nel 1927 (Hulton Archive/Getty Images)
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Quando negli Stati Uniti nacque l’idea di consegnare ogni anno dei premi ai film migliori e alle persone che ci avevano lavorato che più si erano distinte nel loro campo, lo scopo non era pubblicizzare l’industria, come è oggi, ma risolvere le dispute lavorative senza coinvolgere i sindacati. Gli Oscar, che non si chiamavano così originariamente, furono un’invenzione nata nei primi anni di esistenza dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences (all’epoca chiamata International Academy of Motion Picture Arts and Sciences), che ancora oggi organizza il premio e la cerimonia di consegna, per convincere sempre più persone a iscriversi.

Inizialmente composta da cinque sole sezioni (registi, produttori, attori, tecnici e sceneggiatori), l’Academy fu un’idea di Louis B. Mayer, il fondatore della società di produzione Metro-Goldwyn-Mayer (MGM). L’obiettivo era coinvolgere tutti i lavoratori del settore in un’unica associazione per fare in modo che gli studios potessero trattare direttamente con i loro impiegati a livello collettivo. I premi erano semplicemente un’occasione annuale perché le persone più importanti si potessero incontrare. Per questo erano nati come una cena e non come una cerimonia.

L’invito che arrivò a 270 tra le persone più importanti di Hollywood per la cena del 16 maggio 1929, in cui si sarebbero consegnati per la prima volta i premi di categoria, aveva sul retro l’elenco di tutti i vincitori. Non era uno spettacolo quindi non era previsto che ci fosse uno svelamento finale. Si svolse nella Blossom Room dell’Hollywood Roosevelt Hotel e il biglietto costava 5 dollari (circa 80 euro odierni). Era un evento così di settore e così di basso profilo che il New York Times dell’epoca gli dedicò appena due paragrafi nell’edizione del giorno dopo.

In un articolo di 53 anni dopo, nel 1982, il New York Times intervistò una delle ultime persone ancora vive che avevano partecipato a quell’evento, Janet Gaynor (vincitrice del primo premio per la miglior attrice protagonista, per Aurora di Friedrich Wilhelm Murnau). Raccontò che c’era un’orchestra, qualche ballo e che sembrava più che altro un evento in famiglia, non una grande cerimonia. Come racconta Bon Appétit, furono serviti filetto di sogliola al burro, pollo arrosto su un toast (un piatto più sofisticato di quel che può sembrare dal nome), fagiolini e “patate lunghe”, che era come venivano chiamate le patate fritte.

Dopo la cena e i balli, Douglas Fairbanks, grande attore di film d’azione e primo presidente dell’Academy, consegnò personalmente i 15 premi. All’epoca veniva premiata la persona e non la performance, quindi gli attori e le attrici venivano premiati per tutti i film fatti quell’anno. Lo stesso metà degli attori e delle attrici premiati non poté venire per impegni già presi. Nessuno fece un discorso di accettazione, tranne Darryl F. Zanuck, produttore che fu premiato per aver realizzato il primo lungometraggio sonoro, Il cantante di jazz, a detta di tutti destinato a cambiare l’industria. Secondo i resoconti di chi partecipò alla serata, la parte della consegna delle statuette (che erano già più o meno come oggi, solo con qualche dettaglio in più) durò in totale 15 minuti.

Che la consegna di premi potesse anche essere uno spettacolo promozionale, quindi qualcosa di interessante per il grande pubblico, l’Academy lo avrebbe scoperto gradualmente lungo il decennio successivo, quando l’evento diventò sempre più una cerimonia, marginalizzando la cena, e soprattutto cominciò a essere trasmessa in diretta radiofonica. Come si vede in The Aviator di Martin Scorsese, dei commentatori raccontavano l’ingresso delle star e i loro vestiti (quello che oggi chiamiamo tappeto rosso), riferivano in tempo reale cosa veniva detto e facevano la radiocronaca della serata.

La prima trasmissione televisiva della cerimonia fu nel 1953. Era tutto ancora poco spettacolare (per quanto ormai chiaramente finalizzato alla promozione dell’industria cinematografica) e rapido rispetto a com’è oggi: durò 90 minuti, e per fare prima saltarono i premi alla carriera. Nel 1959 invece la trasmissione arrivò a conclusione con 20 minuti di anticipo sulle due ore che erano state prenotate nel palinsesto. Per riempire quei 20 minuti, il presentatore Jerry Lewis inventò un numero musicale dirigendo comicamente l’orchestra e chiamando gli attori e le attrici sul palco a ballare.

Anche i premi non erano presi seriamente all’inizio. Invece di organizzare un’ampia votazione di tutti i membri come avviene oggi, i candidati erano ridotti a tre, e poi un membro per ognuna delle cinque sezioni dell’Academy dava la preferenza per la sua categoria, con facili accuse di favoritismi. Dalla seconda edizione i vincitori furono però annunciati durante la serata, e dal 1940 la lista fu tenuta nascosta anche alla stampa fino all’ultimo momento (per colpa del Los Angeles Times, che l’anno precedente violò l’embargo sulla divulgazione dei vincitori).

Come ampiamente raccontato in molte pubblicazioni, la più nota delle quali è Hollywood Babilonia, e film (l’ultimo dei quali è stato Babylon di Damien Chazelle), l’industria del cinema degli esordi era un mondo dalla scarsa autodisciplina, con una grande indulgenza per i vizi, e di conseguenza era considerato un contesto di depravazione dal resto del paese. L’idea di Louis B. Mayer quando fondò l’Academy era anche di autoregolare l’industria per promuoversi come un settore altamente morale e quindi sicuro per gli affari. I premi avrebbero promosso questo nuovo approccio, raccontato e pubblicizzato i film migliori e in generale comunicato l’idea che il cinema non era solo intrattenimento, ma anche una forma d’arte, un concetto per l’epoca molto audace e non condiviso da tutti.

La terza edizione si aprì con un discorso di Will Hays, la persona incaricata di redigere un codice di autoregolamentazione che per i tre decenni successivi ha funzionato come una censura sui contenuti più scabrosi. Hays, tra le altre cose, disse: «Il buon gusto è sinonimo di buoni affari, e offendere il buon gusto equivale a fortificare la resistenza all’acquisto. Nulla di impuro può garantire crescita e vitalità».

Dopo la Seconda guerra mondiale fu dismessa l’abitudine di tenere la cerimonia durante la cena, e questa fu spostata al termine della serata, perché sembrava di cattivo gusto raccontare di star che mangiano mentre il paese era in guerra. E di certo poi, quando arrivò la diretta televisiva, nessuno voleva essere visto masticare. L’esigenza di puntare sul buon gusto e sulla presentabilità dell’industria ha quindi spinto sempre di più a marginalizzare la cena, che dopo i primi decenni è diventata proprio una cerimonia a parte, il Governors Ball, una festa che si tiene ancora oggi immediatamente dopo la fine della cerimonia di consegna dei premi del Dolby Theatre, in una sala da ballo all’ultimo piano di un centro commerciale a pochi isolati di distanza.

All’interno del Dolby Theatre non viene servito cibo, e oggi i tappeti rossi iniziano a mezzogiorno e mezza e per molti la preparazione, il trucco e la vestizione cominciano ancora prima. Alle quattro e mezza del pomeriggio inizia la cerimonia, che dura circa tre ore e mezza. Quindi, da prima di mezzogiorno a dopo le sette e mezza di sera, diventa complicato mangiare e, anche se fosse possibile, nessuno vuole rischiare una macchia sul vestito. Negli ultimi anni è diventata tradizione fotografarsi subito dopo la premiazione mentre si mangia, di solito fast food. Molti, inoltre, portano con sé barrette proteiche da sgranocchiare per resistere fino alla cena, che è sempre meno una cena e sempre più un cocktail party.

Lo chef del Governors Ball è lo stesso da 22 anni, Wolfgang Puck, e il numero di persone del suo staff che lavorano alla serata è quasi pari agli invitati di quella prima cena del 1929: 250. Il menù cambia ogni anno, anche se alcuni piatti sono ormai dei classici riproposti in ogni edizione. I più noti tra quelli che sono stati serviti nei più di vent’anni in cui Puck ha cucinato sono le patate al cartoccio con caviale, il pollo al tartufo nero e le costolette di maiale con purè di cavolfiore.

Nel corso del tempo il menù della cena si è adeguato al mutare delle sensibilità e delle esigenze. Business Insider racconta che fino agli anni ’70 si consumavano molti cibi grassi, con una cucina francese ricca di burro e carne; dagli anni ’80 invece si è affermata la tendenza a limitare i grassi e anche i menù sono cambiati. Oggi le portate prevedono sempre meno carne, molte sono senza glutine e tutto l’evento è quanto più possibile sostenibile anche da un punto di vista ambientale. L’anno scorso e di conseguenza quest’anno, anche su insistenza di Joaquin Phoenix, il 70 per cento delle pietanze servite era a base di vegetali, con alcune alternative non vegetariane. Da anni ormai non ci si siede più, tutto viene servito in porzioni da finger food e portato agli ospiti dai camerieri su vassoi.