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  • Giovedì 27 febbraio 2025

Cos’è il PKK, il partito curdo fondato da Abdullah Öcalan

Il gruppo armato è da più di 40 anni in guerra con la Turchia: oggi è molto indebolito, anche a causa degli ultimi stravolgimenti avvenuti in Siria

Una foto di Abdullah Ocalan nella città siriana di Qamishli, gennaio 2025
Una foto di Abdullah Öcalan nella città siriana di Qamishli, gennaio 2025 (AP Photo/Bernat Armangue)
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Non è la prima volta che Abdullah Öcalan, storico fondatore e leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), chiede al suo gruppo di abbandonare la lotta armata e di avviare un processo di pace. Quest’ultimo annuncio di Öcalan, che si trova detenuto in isolamento in un carcere turco dal 1999, è stato fatto però in un momento di difficoltà per il gruppo, che è stato indebolito dalle ripetute campagne militari turche degli ultimi anni.

Arriva anche in un momento di forza della Turchia, che sta espandendo la sua influenza in Medio Oriente, soprattutto grazie alla sua vicinanza con il nuovo governo siriano che ha preso il controllo del paese rovesciando il regime del dittatore Bashar al Assad. L’indebolimento militare del PKK e il rafforzamento della posizione della Turchia potrebbero aver creato le condizioni per riaprire il dialogo di pace: i primi passi li ha fatti alcuni mesi fa Devlet Bahceli, un politico nazionalista vicino al presidente turco Recep Tayyip Erdogan, e ora anche il leader curdo è pronto al negoziato.

Il PKK è l’organizzazione politica e paramilitare che da più di quarant’anni combatte una guerra contro lo stato turco per ottenere l’autonomia politica e sociale della popolazione curda in Turchia. Il gruppo è considerato un’organizzazione terroristica da Stati Uniti, Turchia e Unione Europea, e ancora di recente gli sono stati attribuiti attentati in territorio turco. I curdi invece sono una popolazione di circa 40 milioni di persone che vive in un’ampia area nell’intersezione tra Turchia, Siria, Iran e Iraq. Pur essendo uno dei gruppi etnici più grandi di tutto il Medio Oriente, non hanno uno stato proprio, e sono divisi tra questi quattro paesi, dove spesso nel corso della storia sono stati perseguitati.

Il PKK fu fondato nel 1978 da Öcalan e da altri studenti curdi di sinistra della facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Ankara. Fin dall’inizio, il gruppo aveva due obiettivi: favorire la rivoluzione comunista internazionale e creare uno stato indipendente per i curdi della Turchia. Öcalan e i suoi scelsero immediatamente la via della lotta armata: cominciarono compiendo azioni di guerriglia e piccoli attentati contro lo stato turco fino a che, nel 1984, avviarono una grande insurrezione armata nel sud-est del paese, dove vive la maggioranza dei curdi turchi.

Ocalan saluta delle guerrigliere curde in un campo di addestramento del PKK

Öcalan saluta delle guerrigliere curde in un campo di addestramento del PKK (Maher Attar/Sygma via Getty Images)

La Turchia di quegli anni era un paese autoritario e nazionalista, spesso governato da giunte militari, dove le minoranze non erano tollerate. Pur essendo oltre il 15 per cento della popolazione turca, i curdi erano sistematicamente oppressi, al punto che vari esponenti dello stato turco arrivarono a negare l’esistenza dei curdi come gruppo etnico, definendoli “turchi di montagna” e negando loro ogni diritto. Il PKK nacque come reazione a questa situazione.

L’insurrezione del 1984 fu estremamente violenta, e provocò migliaia di morti. Di fatto, da allora, Turchia e PKK sono sempre stati in guerra, se si escludono alcuni momentanei cessate il fuoco. È una guerra che ha conosciuto momenti più violenti e altri di maggiore calma, in cui le parti si affrontavano con operazioni militari più limitate. Si stima che in tutto siano state uccise più di 40 mila persone, in gran parte civili curdi.

Oltre alle operazioni militari, nel corso della sua storia il PKK ha compiuto numerosi omicidi mirati e attentati terroristici, compresi attacchi suicidi a partire dagli anni Novanta. La Turchia ha risposto con una repressione sistematica della popolazione curda, non soltanto delle organizzazioni armate: per decenni ogni espressione culturale curda era sistematicamente cancellata, e chi esprimeva sostegno alla causa curda veniva perseguitato. Nel Kurdistan turco l’esercito distrusse interi villaggi e uccise e torturò moltissimi civili.

Öcalan, come il resto della leadership del PKK, ben presto lasciò la Turchia e fuggì all’estero, pur mantenendo il controllo della sua organizzazione. Trascorse vari anni in Siria sotto la protezione di Hafez al Assad (il padre di Bashar) fino a che nel 1998 fu costretto a lasciare il paese. Passò poi alcuni mesi in esilio in vari paesi d’Europa, e nel novembre del 1998 arrivò in Italia. La Turchia chiese all’allora governo di Massimo D’Alema di estradare Öcalan, e questo generò una grande crisi in Italia, sia perché in Turchia Öcalan era stato condannato a morte sia perché il guerrigliero curdo era visto come un simbolo positivo dalla sinistra europea.

– Leggi anche: I mesi di Öcalan in Italia

Dopo 65 giorni Öcalan lasciò l’Italia: non è ancora chiaro se di sua volontà o convinto dalle autorità italiane. Pochi giorni dopo fu rapito dai servizi segreti turchi mentre si trovava in Kenya, e da allora è rimasto in prigione a Imrali, una minuscola isola nel mar di Marmara dove la Turchia manda i suoi detenuti più pericolosi.

Una manifestazione per la liberazione di Ocalan a Londra nel 1999

Una manifestazione per la liberazione di Öcalan a Londra nel 1999 (Steve Eason/Hulton Archive/Getty Images)

Negli anni Novanta la forza dell’insurrezione del PKK si indebolì e si cominciò a parlare di un negoziato di pace. Nel 1995 il PKK rinunciò alla richiesta di indipendenza, e cambiò le sue rivendicazioni limitandosi a chiedere maggiore autonomia politica e culturale per i curdi che vivono in Turchia. Nel 1998 Öcalan presentò il suo primo piano di pace, e nel 1999 il PKK decise un lungo cessate il fuoco che durò fino al 2004. Il dialogo fu favorito dall’elezione a primo ministro della Turchia di Recep Tayyip Erdogan, che allora era considerato un leader moderato e democratico (oggi le cose sono molto diverse).

Pur mantenendo alta la pressione contro i curdi, all’inizio degli anni 2000 Erdogan fece approvare alcune riforme che garantirono un livello minimo di autonomia alla cultura curda. La pena di morte di Öcalan fu inoltre commutata in ergastolo.

Il PKK riprese la guerriglia nel 2004, ma ci furono altri tentativi di dialogo di pace (con conseguente cessate il fuoco) tra il 2009 e il 2011 e tra il 2013 e il 2015. Dopo il fallimento degli ultimi negoziati, Erdogan avviò una politica di dura repressione politica e militare contro i curdi turchi, e fece arrestare migliaia di persone tra politici, attivisti e giornalisti. Ancora pochi giorni fa la polizia turca ha fatto una retata in cui ha arrestato quasi 300 persone.

Le operazioni militari degli ultimi anni contro il PKK si sono rivelate efficaci, dal punto di vista della Turchia: l’utilizzo massiccio di droni ha decimato la leadership del PKK, e gli arresti collettivi hanno indebolito le sue connessioni con la società. Da un massimo di circa diecimila guerriglieri negli anni Novanta, oggi si stima che la presenza del gruppo sia estremamente ridotta.

La Turchia ha inoltre acquisito sempre maggiore influenza in Siria, dove operano gruppi armati curdi molto vicini al PKK: nel 2019 l’esercito turco invase il paese per creare una “zona cuscinetto” che dividesse il Kurdistan turco da quello siriano, e da allora sostiene e finanzia milizie che combattono i curdi siriani. Dopo la caduta del regime di Assad, inoltre, la Turchia è diventata il principale sponsor e sostenitore del nuovo governo siriano. Questo ha ridotto grandemente i territori dove il PKK può operare in sicurezza, e limitato le possibilità di azione del gruppo.

Oggi la leadership del PKK vive nascosta nelle montagne di Qandil, una regione impenetrabile al confine tra Iraq e Iran. Non è chiaro come gli attuali leader reagiranno alla richiesta di Öcalan di abbandonare la lotta armata: benché il vecchio fondatore non abbia ruoli operativi nel PKK ormai da decenni, è ancora considerato la figura di maggior rilievo e influenza nel gruppo, ed è apprezzato e amato dalla popolazione curda.

Una manifestazione per Ocalan a Düsseldorf nel 2014

Una manifestazione per Öcalan a Düsseldorf nel 2014 (AP Photo/Frank Augstein)