L’unico strumento musicale che si insegna a scuola
Il flauto dolce è economico e facile da imparare: da decenni lo si studia in classe, ma non tutti ne hanno un bel ricordo

Con qualche eccezione, da circa un secolo a migliaia di studenti delle scuole elementari e medie, italiane ma non solo, viene insegnato a suonare uno strumento economico, diffusissimo e con una notevole storia orchestrale alle spalle, ma che ha ormai pochissime applicazioni al di fuori dell’ambito didattico o di alcuni conservatori: il flauto dolce, il più comune tra i “legni”.
Anche se prima o poi capita a tutti di maneggiarne uno, il flauto dolce non gode di buona fama tra gli studenti: è descritto spesso come uno strumento noioso e limitato, poco adatto per suonare in compagnia in un’orchestra o in una band e privo delle possibilità espressive di altri strumenti appartenenti alla stessa famiglia e largamente più utilizzati nella musica contemporanea, come il clarinetto, il flauto traverso e il sassofono. In molti casi gli aneddoti scolastici riguardanti questo strumento non hanno neppure a che fare con la musica in senso stretto, ma con aspetti collaterali e involontariamente comici, come le grosse quantità di saliva che si depositavano al suo interno e la difficoltà di mantenerlo pulito.
«Io sono contraria all’idea dell’insegnamento del flauto dolce: i flauti che vengono forniti alle scuole sono degli strumenti quasi finti, di plastica, spesso emettono fischi piuttosto che reali note» disse Beatrice Venezi, direttrice d’orchestra piuttosto nota e che fa spesso parlare di sé per circostanze che non riguardano il suo lavoro.
Eppure, nonostante gli evidenti limiti e le frequenti critiche di cui è oggetto, l’insegnamento del flauto dolce è una prassi consolidata non soltanto in Italia, ma in molti paesi occidentali: è uno dei primi strumenti che i bambini imparano a suonare a scuola anche in Germania, Spagna, Francia e Stati Uniti, per fare alcuni esempi.

(Powell/Daily Express/Hulton Archive/Getty Images)
Dal punto di vista della meccanica, il funzionamento del flauto dolce è uguale a quello di tutti gli altri legni: il suono viene ottenuto indirizzando un flusso d’aria contro un bordo affilato, il cosiddetto labium, attraverso un apposito condotto interno. Anche se ci sono modelli più costosi, il flauto dolce che si suona a scuola è riconoscibile per via di alcune caratteristiche: costa pochissimo, è fatto di plastica e ha un colore giallo tenue. Quelli utilizzati dagli studenti italiani sono prodotti perlopiù da due aziende: la tedesca Hohner e la giapponese Yamaha.
Strumenti simili esistono già dall’Undicesimo secolo, ma il flauto dolce ha acquisito la forma con cui è conosciuto oggi – caratterizzata dalla presenza di otto fori, sette nella parte superiore e uno in quella inferiore – soltanto a partire del Cinquecento. Fu utilizzato soprattutto nella musica da camera, ma tra il Diciassettesimo e il Diciottesimo secolo anche in molte partiture orchestrali, e cominciò a perdere diffusione verso la metà del Settecento, quando fu sostituito dal flauto traverso. Oggi la sua diffusione è limitata in larga parte alla musica antica e barocca, con una buona tradizione anche in paesi come l’Italia.
Quando si parla di sdoganamento del flauto nelle scuole, viene spesso citato il nome di Carl Orff, compositore tedesco conosciuto in tutto il mondo per i famosi Carmina Burana, 24 composizioni musicali realizzate tra il 1935 e il 1936 e basate su brani poetici medievali, incentrati in gran parte sulla satira della corruzione della Chiesa. Negli anni venti dello scorso secolo Orff elaborò un metodo d’insegnamento musicale diretto ai bambini che porta il suo nome (Orff-Schulwerk) e che è incentrato sullo studio di diversi strumenti, tra cui per l’appunto il flauto dolce.

(Evening Standard/Getty Images)
Al di là dell’eredità di Orff, è probabile che questa consuetudine si sia diffusa per ragioni molto più pragmatiche. La prima, e forse la più intuitiva, è la sua accessibilità: è uno strumento facile da trasportare e facilmente reperibile in tutti i negozi di musica. Il suo prezzo nella maggior parte dei casi non supera i quindici euro: di conseguenza convincere le famiglie ad acquistarne uno è di solito semplice, e all’occorrenza può essere sostituito senza spendere somme eccessive.
Un altro motivo che lo rende particolarmente adatto come primo strumento è l’imboccatura, ossia capire come soffiare nello strumento per ottenere una buona resa del suono. Mentre in altri strumenti a fiato, come il sassofono o l’armonica, l’acquisizione di questa impostazione è molto lunga e può rendere l’apprendimento più frustrante del previsto, nel caso del flauto dolce è tutto più facile: il suono viene prodotto soffiando nel becco, senza particolari accorgimenti, anche se poi ottenere una buona intonazione richiede una certa pratica. Ma il flauto dolce è vantaggioso a fini didattici anche per un altro motivo: si legge in chiave di violino, la più conosciuta e utilizzata.
Insegnanti di musica sentiti dal Post concordano su questi aspetti ed evidenziano altri lati positivi derivanti dalla pratica di questo strumento, come per esempio lo sviluppo delle capacità di respirazione e psicomotorie, dovuto alla necessità di coordinare la respirazione e la diteggiatura; inoltre, padroneggiare il flauto dolce può incentivare l’apprendimento di altri strumenti a fiato.
Secondo tutti, però, il flauto dolce ha anche molti limiti che lo rendono poco adatto a fare appassionare gli studenti alla loro materia, e in particolare due: è uno strumento che non invoglia particolarmente a suonare insieme, e in cui la dimensione dell’accompagnamento, ossia la creazione di sequenze di accordi su cui cantare o suonare una melodia, è del tutto assente.
Altri pareri condivisi dagli insegnanti hanno a che fare con l’estetica piuttosto anonima di questo strumento, la sua scarsa presenza nell’immaginario collettivo e il suo essere poco utilizzato in altri contesti che non siano quello scolastico. Per questi motivi, anche se il flauto dolce continua a essere molto diffuso, negli ultimi anni alcuni insegnanti hanno cominciato a proporre alle famiglie soluzioni alternative, indirizzandole verso strumenti poco onerosi ma decisamente più divertenti da suonare, come ukuleli o piccole tastiere elettriche.
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