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  • Lunedì 24 febbraio 2025

Da dove arriva la rimonta della sinistra in Germania

Fino a pochi mesi fa il partito della Linke era considerato spacciato: è stato il più votato tra gli under 24, grazie a una nuova leadership e a un posizionamento politico netto

Heidi Reichinnek, al centro, festeggia insieme ai dirigenti della Linke, il 23 febbraio
Heidi Reichinnek, al centro, festeggia insieme ai dirigenti della Linke, il 23 febbraio (EPA/RONALD WITTEK)

Fino a poche settimane prima delle elezioni in Germania, l’obiettivo del partito di sinistra Linke era riuscire a restare in parlamento. Non era sicuro di superare la soglia di sbarramento del 5 per cento e la sua tattica puntava sui “mandati diretti”: la clausola della legge elettorale che consente ai partiti che hanno vinto in almeno tre collegi (con un meccanismo simile all’uninominale italiano) di ottenere seggi anche se non superano la soglia. I mandati diretti avevano salvato la Linke nel 2021, alle scorse elezioni, quando si era fermata al 4,9 per cento: stavolta non sono serviti.

La Linke ha ottenuto l’8,8 per cento dei voti, un risultato inaspettato e sorprendente, vista la situazione in cui il partito aveva iniziato la campagna elettorale.

Nei sondaggi di novembre, quando i partiti si erano accordati sulla data del voto anticipato, la Linke (che in tedesco vuol dire “La sinistra”) era ai minimi storici: al 3,4 per cento. Per questo il quotidiano Süddeutsche Zeitung ha scritto che è «la storia di una resurrezione politica». C’è più di una ragione.

La Linke ha rinnovato la sua leadership e ha ritrovato unità dopo la scissione guidata da Sahra Wagenknecht, ai tempi la sua più nota esponente, che se ne andò per fondare un nuovo partito (rimasto fuori dal parlamento). Ha condotto una campagna elettorale efficace e ha beneficiato del suo posizionamento politico: è l’unico partito che non ha proposto misure più restrittive sull’immigrazione – lo hanno fatto anche quelli progressisti – e che ha escluso a priori un’alleanza con Friedrich Merz, il leader della CDU (centrodestra) che sarà il prossimo cancelliere se riuscirà ad allearsi con i Socialdemocratici.

Heidi Reichinnek, candidata cancelliera della Linke, mostra il suo tatuaggio di Rosa Luxemburg, il 24 febbraio

Heidi Reichinnek, candidata cancelliera della Linke, mostra il suo tatuaggio di Rosa Luxemburg, il 24 febbraio (AP Photo/Michael Probst)

La Linke è da sempre un partito antifascista, ma questo posizionamento ha funzionato soprattutto dopo che, a fine gennaio, la CDU ha votato per due volte insieme al partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD) in parlamento. Lo ha fatto tanto più perché Socialdemocratici (SPD) e Verdi, i due principali partiti progressisti, non potevano escludere di coalizzarsi con la CDU dopo le elezioni: dalle intenzioni di voto, infatti, era già chiaro che senza almeno uno di loro non ci sarebbero state maggioranze, e quindi un governo, senza AfD.

Dopo l’intesa tra Merz e AfD in parlamento, in Germania ci sono state grandi manifestazioni a cui hanno partecipato decine di migliaia di persone. La Linke ha avuto un ruolo visibile in questa mobilitazione e la cosa ha contribuito a ridarle centralità in un pezzo dell’elettorato di sinistra.

Solo nell’ultima settimana prima delle elezioni ha registrato 10mila nuovi iscritte e iscritti: da metà gennaio i nuovi tesserati sono stati in tutto 31 mila, soprattutto giovani donne. La Linke è stata abile a investire su questo entusiasmo, con una comunicazione originale e una campagna elettorale basata sui suoi temi forti, sociali, come il caro affitti, il costo della vita e la redistribuzione del reddito.

I protagonisti della "Mission Silberlocke": Gregor Gysi, Dietmar Bartsch e Bodo Ramelow vicino ai loro cartonati

I protagonisti della “Mission Silberlocke”: Gregor Gysi, Dietmar Bartsch e Bodo Ramelow vicino ai loro cartonati (Sebastian Christoph Gollnow/dpa)

Ciò è stato reso possibile anche grazie alla leadership che ha cercato di risollevare il partito dopo il peggior risultato della sua storia: il 2,7 per cento preso alle elezioni europee dello scorso giugno. C’è stata una sorta di divisione dei compiti: Jan van Aken, il più esperto dei due co-leader, 63 anni, è stato il volto del partito nei talk show televisivi; la candidata cancelliera Heidi Reichinnek, che ne ha 36 ed è una politica assai carismatica, ha puntato sui social, dove diversi suoi contenuti e discorsi sono diventati virali.

Un tutorial per un trucco da metal estremo con Bodo Ramelow, per qualche ragione

Al tempo stesso, per mobilitare le fasce più anziane dell’elettorato e la base storica di militanti, i dirigenti hanno candidato tre dei più noti politici della vecchia guardia, Gregor Gysi, Bodo Ramelow e Dietmar Bartsch, con l’obiettivo esplicito di ottenere un mandato diretto ciascuno.

Siccome sono tutti e tre piuttosto attempati (il più giovane di loro ha 66 anni), l’operazione è stata chiamata sia dai media sia dai militanti con un nome scherzoso: Mission Silberlocke, cioè “missione capelli d’argento” o brizzolati. Anche Gysi, Ramelow e Bartsch sono stati coinvolti nei video sui social, inizialmente mostrando una certa ritrosia, che ha contribuito a creare loro un personaggio. «Stiamo finalmente diventando il partito che ho sognato per vent’anni: siamo improvvisamente cool», ha detto Ramelow prima delle elezioni.

La Linke è stato il partito più votato dagli elettori più giovani: da quasi un quarto delle persone della fascia anagrafica 18-29 anni (il 24 per cento), secondo gli exit poll. Se questo risultato non ha prodotto percentuali più alte a livello nazionale è perché gli elettori di quest’età sono di meno, in proporzione: sono un terzo di quelli con più di 60 anni, per esempio. Come mostra il grafico, il secondo partito con più consensi tra i giovani è stato AfD. Nel 2021 invece i più votati erano stati i Verdi, che quest’anno hanno un elettorato più sovrapponibile a quello di SPD e CDU-CSU, almeno dal punto di vista anagrafico.

C’è anche una questione di genere. La Linke è stata votata soprattutto dalle donne: è andata meglio tra le elettrici che tra gli elettori, come gli altri partiti progressisti ma in misura ancora maggiore. Come era avvenuto nel 2021, l’elettorato maschile ha votato in prevalenza partiti conservatori (la CDU-CSU) e l’estrema destra, mentre in quello femminile i partiti progressisti hanno ottenuto percentuali più alte. AfD ha comunque raddoppiato i suoi consensi tra le elettrici rispetto alla tornata precedente.

Una novità rispetto al passato è che la Linke ha aumentato i suoi consensi un po’ in tutto il paese, anche fuori dalle grandi città, dove tradizionalmente andava meglio (soprattutto a Berlino). C’è un’unica eccezione: in Sassonia, Turingia e Brandeburgo, gli stati della Germania orientale dove l’Alleanza Sahra Wagenknecht (BSW) era andata meglio alle elezioni statali.

Il successo della Linke è, per converso, l’insuccesso a livello nazionale del partito di Wagenknecht, fondato poco più di un anno fa. In quell’occasione, e soprattutto dopo i primi risultati incoraggianti per BSW, molti osservatori avevano predetto che Wagenknecht avrebbe svuotato i consensi del suo ex partito. Non è andata così.

Sahra Wagenknecht prima di una conferenza stampa, il 24 febbraio

Sahra Wagenknecht prima di una conferenza stampa, il 24 febbraio (Jens Büttner/dpa)

Dopo le elezioni politiche i rapporti di forza si sono ribaltati. A seguito della scissione, la Linke non si è spaccata, smentendo i pronostici e le aspettative motivate da una lunga storia di faide interne e frazionismo. Dal canto suo BSW non si è dimostrata pronta a sostenere una campagna nazionale. Da un lato non aveva ancora una struttura organizzativa capillare e paragonabile a quella della Linke, e in campagna elettorale ha avuto problemi di fondi e di logistica. Dall’altro la sua proposta politica, che fin dall’inizio ha mischiato proposte di estrema destra e sinistra radicale, è risultata problematica anche per ragioni esterne.

In breve: insistere su misure penalizzanti e ostili all’immigrazione non è stato più un elemento così distintivo rispetto agli altri partiti, che si sono spostati a destra. Il principale nemico retorico di Wagenknecht – cioè la “coalizione semaforo” tra SPD, Verdi e Liberali – non esisteva più e non c’erano possibilità che si ripetesse. Infine le idee filorusse di Wagenknecht sulla guerra in Ucraina, ossia che si debba arrivare a un cessate il fuoco anche a costo di farlo alle condizioni di Vladimir Putin, l’avevano avvicinata alle ultime iniziative e dichiarazioni del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump: una cosa problematica per il pezzo moderato del suo elettorato, come lo era stata del resto la scelta di votare insieme ad AfD (e alla CDU) a fine gennaio sulle proposte di legge per politiche migratorie più restrittive.

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