• Moda
  • Giovedì 20 febbraio 2025

Le modelle prese dalla strada

Quando fanno “street casting” le agenzie cercano sguardi e aspetti interessanti tra la gente comune, e a volte cominciano delle carriere

Nel backstage di Magliano, Milano, 19 gennaio 2025
(Benedetta Bressani/Getty Images)
Nel backstage di Magliano, Milano, 19 gennaio 2025 (Benedetta Bressani/Getty Images)
0 seconds of 0 secondsVolume 90%
Press shift question mark to access a list of keyboard shortcuts
00:00
00:00
00:00
 

La modella inglese Naomi Campbell fu scoperta mentre guardava le vetrine dei negozi a Londra, la tedesca Claudia Schiffer mentre ballava in discoteca a Dusseldorf, la statunitense Cindy Crawford mentre raccoglieva pannocchie in una fattoria dell’Illinois, la brasiliana Gisele Bündchen quando era in un McDonald’s a San Paolo, la russa Natalia Vodianova mentre vendeva frutta al mercato, l’italiana Bianca Balti mentre lavorava in un supermercato e l’inglese Kate Moss mentre era in aeroporto a New York dopo una vacanza alle Bahamas.

Molte modelle insomma facevano altro e magari non avevano immaginato di posare o sfilare prima di essere notate da un agente e scritturate, cioè prima di firmare un contratto con un’agenzia che le rappresentasse in cambio di una percentuale, e trovasse loro dei lavori. Da qualche anno, però, gli agenti non fermano in strada solo ragazze o ragazzi con le misure corporee canoniche, ma ricercano anche persone di una certa età, con le rughe, corpi atletici o formosi, e un’identità di genere non conforme.

Lo street casting, cioè la scelta di modelli e modelle che non rispondono ai canoni di bellezza stereotipati, è sempre più diffuso: è un modo per aggiungere diversity, per dare autenticità e naturalezza, per avere dei volti unici che non si sono ancora visti da altri marchi, per comunicare un’idea di mondo o per costruire un senso di appartenenza. A volte è una questione di budget perché in alcuni casi, anche se non tutti, le modelle e i modelli non professionisti costano meno.

La foto di una modella a una sfilata di Marco Rambaldi, uno dei marchi italiani più noti per lo street casting, usato per rappresentare tutti i tipi di corpi e creare un senso di comunità, Milano, 23 febbraio 2022

Una modella a una sfilata di Marco Rambaldi, uno dei marchi italiani più noti per lo street casting, usato per rappresentare tutti i tipi di corpi e creare un senso di comunità, Milano, 23 febbraio 2022 (Pietro D’Aprano/Getty Images)

Che si tratti di una rivista, una pubblicità o un’azienda di moda, i modelli sono selezionati da un casting director (il direttore del casting) o direttamente da un’agenzia di street casting. In Italia la prima agenzia di street casting è stata fondata nel 2022 da Sabrina Mastrangelo, che fa questo lavoro dal 2009 e che negli anni ha messo insieme un archivio di modelle e modelli fermati per strada: «ogni giorno guardo tutti e cerco di trovare la “stellina negli occhi”». Per lei le parole chiave sono «l’inclusività e l’eleganza» mentre la taglia, l’etnia, l’età e l’identità di genere non sono importanti.

Questo non significa che chiunque possa fare il modello: essere fotogenici è fondamentale, anche se non si hanno dei lineamenti canonici. I suoi modelli, che nel gergo della moda sono chiamati “real people models”, fanno altro nella vita ma hanno lo stesso trattamento economico dei modelli tradizionali.

Mastrangelo aiuta anche i casting director a selezionare modelli e modelle secondo le richieste. Tra loro c’è Sofia Michaud, che insieme a Lorenzo de Fazio ha curato il casting dell’ultima sfilata del marchio di moda italiano Sunnei, fatto solo di persone dai 50 anni in su. La sfilata coincideva con i 10 anni dell’azienda e voleva riflettere sul passare del tempo: l’idea era servirsi di uno street casting «non per fare diversity o prendere gente diversa dalla solita per essere cool: volevamo esprimere un concetto».

Michaud ha raccontato che ci è voluto un mese e mezzo per selezionare il cast: «abbiamo provato a farlo noi per strada ma non era facile trovare persone di 80 anni alte 1,80 disposte a sfilare, e così abbiamo contattato 300 agenzie di street casting da tutto il mondo», in Sudafrica, a New York. Non è stato facile lavorare con un casting così imprevedibile – la sfilata è iniziata con un’ora e mezza di ritardo, hanno cambiato due volte la persona che apriva la sfilata, alcuni hanno sbagliato il percorso – ma la scelta «ha avuto una risonanza che non ci aspettavamo» e mesi dopo alcune modelle hanno sfilato anche per altri marchi di moda importanti.

«Ogni tipo di bellezza potrebbe essere perfetta per fare da modella a qualcuno o di qualcosa: inizi a guardare la gente con più attenzione», dice Michaud.

Un altro marchio italiano noto per lo street casting è Magliano, fondato nel 2016 a Bologna da Luchino Magliano, e specializzato in abbigliamento maschile. Da anni è curato da Julia Asaro, che lo fa su misura andando a cercare in strada i volti e i corpi che esprimono al meglio l’identità di Magliano che, spiega, «è un marchio queer»: le persone che vengono a sfilare per noi «fanno parte di quel mondo o si trovano a proprio agio in una situazione in cui c’è tanta diversity».

Dall’account Instagram di Julia Asaro

Magliano vuole dare centralità e dignità a chi ha vissuto ai margini, e lo fa anche attraverso le persone che indossano i suoi abiti: «ci piace che abbiano vissuto qualcosa di intenso: per noi la bellezza è intensità», spiega Asaro.

La ricerca inizia due mesi prima della sfilata, quando Asaro riceve le indicazioni su che tipo di persone cercare, e in base a questo va «in posti chiave che non dirò». D’inverno è più difficile perché le persone sono infagottate, non si riescono a vedere bene i corpi, c’è meno gente in giro e la luce va via prima, quindi la giornata inizia alle 10-11 ma finisce alle 17-18, mentre d’estate dura di più. «Fermo anche 20 persone al giorno», dice, ma a volte capita anche che non fermi nessuno; in generale è più facile convincere gli uomini delle donne e nelle città di provincia sono meno diffidenti che a Milano.

Un momento della sfilata di Magliano a Milano, 19 gennaio 2025

«Il ragazzo curvy che ha sfilato per noi è un avvocato, l’ho trovato in Buenos Aires, l’ho visto camminare, aveva questa camminata forte, era un bell’uomo, l’ho fermato, e si è convinto a sfilare anche se fa parte di un mondo molto lontano dalla moda» dice Julia Asaro (Estrop/Getty Images)

Quando trova una persona interessante le chiede il numero per ricontattarla e poi la invita ai casting, che iniziano 7-10 giorni prima della sfilata: «per avere una trentina di persone ne fermo 100 e si presentano in 80», dice. Due o tre giorni prima della sfilata ci sono i fitting (cioè si fanno indossare gli abiti alle persone che hanno colpito di più), mentre le conferme arrivano 1-2 giorni prima della sfilata.

Una foto della scrittrice francese Constance Debré mentre sfila per Magliano, Milano, 19 marzo 2025. Avvocata, dopo un matrimonio e un figlio, ha divorziato per vivere con una donna e dedicarsi interamente alla scrittura

La scrittrice francese Constance Debré alla sfilata di Magliano, Milano, 19 gennaio 2025. Avvocata, dopo un matrimonio e un figlio, ha divorziato per vivere con una donna e dedicarsi interamente alla scrittura (Pietro D’Aprano/Getty Images)

Asaro cerca di non spostare troppo i modelli da un progetto all’altro, perché ogni marchio ha la sua identità. Da Magliano, poi, si vuole creare una comunità che rappresenti il marchio, che poi era l’intento originario dello street casting, quando nella Parigi degli anni ’80 e ’90 gli stilisti Martin Margiela e Rei Kawakubo facevano sfilare i loro amici, come fanno tuttora alcuni piccoli marchi di streetwear o progetti molto identitari, come quello di Willy Chavarria, rivolto alla comunità messicana negli Stati Uniti.

Una foto di modelli della sfilata di Willy Chavarria, Parigi, 24 gennaio 2025(Lyvans Boolaky/Getty Images)

Modelli della sfilata di Willy Chavarria, Parigi, 24 gennaio 2025 (Lyvans Boolaky/Getty Images)

Infine, dice sempre Asaro, lo street casting aiuta a «includere corpi che rappresentano la normalità, cioè quelli delle persone della vita di ogni giorno: ci piace pensare che siano a loro indossare vestiti di Magliano». È vero che dopo la pandemia c’è stato un ritorno alla magrezza, favorito anche dalla diffusione dell’Ozempic (l’ormai noto farmaco dimagrante molto diffuso anche tra le celebrità) ma la cultura dello street casting offre un’alternativa.

– Leggi anche: Il grande esperimento dell’Ozempic

Potrebbe aiutare anche il ritorno, dopo due anni di pausa, di Alessandro Michele, che dall’anno scorso è direttore creativo di Valentino: probabilmente è la persona che più di tutte, nella moda, ha proposto un’idea di bellezza incentrata sull’imperfezione e sull’unicità. Michaud dice che «già mi chiedono ragazzini con particolarità molto visibili che ti restano in mente, come le orecchie a sventola, o le lentiggini».