L’ennesima contraddizione del governo sul caso Paragon
Il sottosegretario Mantovano aveva detto che la vicenda era "classificata", e invece il ministro Nordio ne ha parlato alla Camera, dicendo peraltro cose notevoli

Mercoledì pomeriggio il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha fatto una cosa inattesa: ha risposto a due interrogazioni parlamentari che riguardavano il caso Paragon, ovvero i sospetti sull’uso illegittimo da parte delle istituzioni italiane di un sistema di spionaggio fornito da una società israeliana (Paragon Solutions, appunto) e utilizzato, con ogni probabilità contro la legge e in violazione del contratto di fornitura, per controllare attivisti politici e almeno un giornalista, il direttore di Fanpage Francesco Cancellato.
In precedenza il governo aveva detto di non potere fornire ulteriori dettagli sulla vicenda, i cui aspetti non ancora noti erano da ritenersi “classificati”, cioè in sostanza non divulgabili. Nordio, al contrario, ha dato spiegazioni per certi versi notevoli, e nel farlo ha peraltro smentito il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, che gestisce la delega sui servizi segreti per conto di Giorgia Meloni, di cui è uno dei più stretti collaboratori. Gli avvenimenti di mercoledì alla Camera sono un’ulteriore dimostrazione di quanto il governo sia in difficoltà nel gestire questa storia.
Mantovano martedì aveva infatti scritto al presidente della Camera Lorenzo Fontana segnalando come due delle interrogazioni previste nel question time di mercoledì, e cioè quella del PD e quella di Italia Viva, non avrebbero potuto avere risposta dal governo. Nelle interrogazioni si chiedeva se la Polizia penitenziaria, che dipende dal ministero della Giustizia, avesse in dotazione Graphite: il sospetto dei parlamentari dei due partiti era che dalla Penitenziaria fosse stato spiato il telefono di Francesco Cancellato.

La lettera con cui il sottosegretario Alfredo Mantovano martedì aveva comunicato a Lorenzo Fontana che il governo non era disponibile a riferire sul caso Paragon (il Post)
È un atto inusuale e con forse un solo precedente, che il governo si rifiuti di rispondere alle interrogazioni dei parlamentari, ma Mantovano lo giustificava sulla base di un articolo del regolamento della Camera (a cui il governo non ricorre quasi mai) e sulla base del fatto che le informazioni che riguardano Paragon siano appunto “classificate”, cioè in qualche modo da secretare. In questo modo aveva costretto PD e Italia Viva a riformulare le loro interrogazioni togliendo i riferimenti diretti a Graphite. E invece Nordio, a sorpresa, ha risposto, negando che le strutture che dipendono dal suo ministero avessero contratti con società come Paragon, e dicendo inoltre che nel 2024 nessuno è stato intercettato dalla Polizia penitenziaria.
– Leggi anche: Come fa Paragon a spiare gli smartphone
Nordio ha spiegato che «nessun contratto è stato mai stipulato dal DAP e/o dalle dipendenti direzioni generali GOM e NIC con qualsivoglia società». Il DAP è il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, da cui in sostanza dipende la Polizia penitenziaria e l’amministrazione delle carceri: il GOM (Gruppo operativo mobile) e il NIC (Nucleo investigativo centrale) sono due reparti specializzati della Penitenziaria che eseguono le operazioni più delicate. Inoltre ha aggiunto: «Io posso assicurare che nessuna persona è mai stata intercettata da strutture finanziate dal ministero della Giustizia nel 2024, e nessuna persona è mai stata intercettata dalla Polizia penitenziaria».
Al di là del merito delle risposte di Nordio, che comunque è interessante e sarà oggetto di approfondimenti e dibattiti nei prossimi giorni, l’aspetto più inatteso è stata la scelta stessa di rispondere. Alcuni suoi collaboratori hanno lasciato intendere che Nordio volesse soprattutto allontanare i sospetti dal suo ministero e dalla Penitenziaria, sospetti che lui reputa infondati e squalificanti. Ma è al tempo stesso, chiaramente, una decisione che espone il governo a ulteriori contraddizioni, oltre alle molte altre che già si sono viste in questi ultimi venti giorni sul caso Paragon.
La scelta di Nordio di rispondere, stando a quanto si è saputo finora, non era stata concordata né con Mantovano e Meloni, né col ministro per i Rapporti col parlamento Luca Ciriani. Il governo per il momento non ha commentato. L’intervento in aula ha comunque generato un certo nervosismo persino tra i suoi collaboratori presenti alla Camera: la sua capa di gabinetto Giusi Bartolozzi, nell’accompagnare Nordio verso l’uscita di Montecitorio, parlava al telefono con tono visibilmente nervoso, lamentandosi con alcuni suoi colleghi del ministero per come era stata gestita la cosa.
Anche il presidente Fontana non ne è uscito benissimo. Mantovano lo ha infatti indotto, se non costretto, a imporre una scelta molto irrituale ai partiti, e Fontana martedì ha dovuto discutere in maniera animata coi capigruppo di opposizione per difendere la posizione del governo. Poi però questa stessa scelta così discutibile è stata di fatto vanificata e contraddetta da Nordio, cioè dallo stesso governo. Alcuni deputati di opposizione, per questo, hanno criticato esplicitamente Fontana, e persino tra i suoi collaboratori c’è un certo fastidio.
Se insomma il ministro della Giustizia poteva tranquillamente rispondere, sia pure in maniera parziale e interlocutoria, perché negare inizialmente la disponibilità del governo a rispondere, parlando di informazioni “classificate”?
In parte, questo pasticcio nel governo lo si deve proprio alla fermezza delle opposizioni nel pretendere chiarezza su una vicenda molto delicata: che il direttore di un giornale, o alcuni attivisti politici, vengano spiati con sistemi in dotazione ai servizi segreti è un fatto di per sé grave, contrario alla legge del 2007 che disciplina l’attività dell’intelligence italiana e anche al contratto con Paragon, che consente l’utilizzo di Graphite solo ai governi occidentali e ai loro apparati di sicurezza, ma vietando che possano essere usati per spiare giornalisti o avversari politici. Non a caso, la fornitura di Graphite è stata sospesa ai servizi segreti italiani, anche se il governo di Meloni aveva inizialmente detto il contrario.
La contraddizione tra Nordio e Mantovano è frutto, tra l’altro, dell’insistenza del leader di Italia Viva Matteo Renzi.
Martedì, dopo che il governo aveva di fatto preteso che le interrogazioni venissero riscritte, Renzi ha detto ai suoi deputati di limitare al minimo le correzioni, e ha poi parlato sia con Mantovano sia con Nordio. A quest’ultimo, secondo quanto Renzi stesso ha poi spiegato ai suoi parlamentari, ha detto che non avrebbe fatto onore, a un liberale come Nordio, venire meno a un principio democratico fondamentale, e cioè al dovere del governo di rendere conto al parlamento. Mentre la domanda del PD è stata rimaneggiata in maniera sostanziosa, quella di Italia Viva ha subìto ritocchi marginali: e proprio replicando alla domanda di Italia Viva Nordio ha raccontato di Paragon e della Polizia penitenziaria.