Il ritorno al rap del padre nobile del rap italiano
Dopo la partecipazione a Sanremo, Neffa è tornato a dedicarsi al genere che contribuì a sviluppare negli anni Novanta, prima con i Sangue Misto e poi come solista

La partecipazione come ospite di Neffa all’ultima edizione del Festival di Sanremo è stata un momento di commozione per molte persone che conoscevano la sua importanza nello sviluppo del rap italiano, di cui fu uno dei principali promotori e interpreti da solo e con il suo gruppo, i Sangue Misto, che negli anni Novanta animò la scena insieme per esempio ai Sottotono, agli Assalti Frontali e ai Colle der Fomento, e a rapper come Kaos, Joe Cassano e Ice One.
Durante la serata delle cover a Sanremo, in un’esibizione con i rapper Tormento e Guè, il produttore DJ Shablo e il cantante Joshua, Neffa ha rappato la seconda strofa di “Aspettando il sole”, forse il suo pezzo più famoso in assoluto, con una gestualità, un vestiario e un’attitudine simili a quelle con cui si presentava sul palco negli anni Novanta. Pur essendo uno dei capostipiti dell’hip hop italiano, Neffa non rappava davanti a un pubblico così grande da quasi trent’anni: verso la fine degli anni Novanta aveva messo da parte il rap per dedicarsi al pop e al soul.
Dopo l’esibizione a Sanremo, Neffa ha annunciato un concerto all’Unipol Forum di Milano per il prossimo 5 novembre, e ha pubblicato sul suo profilo Instagram “Littlefunkyintro”, un breve inedito in cui racconta le prime fasi della sua carriera come rapper. Già lo scorso aprile aveva pubblicato insieme a Fabri Fibra “FoglieMorte”, una canzone in cui aveva alternato parti melodiche a parti rappate. Tutti questi elementi hanno suggerito insomma che stia preparando un ritorno al rap.
Prima di affermarsi come uno dei principali interpreti dell’hip hop in Italia, Neffa era stato uno dei protagonisti di un’altra scena musicale, quella del punk hardcore indipendente. Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, Neffa suonò la batteria negli Impact e soprattutto nei Negazione, forse la band più importante di quella scena, con cui andò anche in tour negli Stati Uniti.
Già durante l’adolescenza, all’interesse per la batteria e per un certo modo di fare e di intendere la musica alternativa, Neffa aveva affiancato quello per il rap. Si appassionò al genere a Bologna, la città in cui si era trasferito con la famiglia quando aveva 8 anni e in cui si consolidò la scena hip hop più importante e influente degli anni Novanta. Questa cultura trovò spazio in posti oggi mitici come l’Isola nel Kantiere, un centro sociale occupato che gli scrittori Serafino D’Onofrio e Valerio Monteventi definirono «il più avanzato laboratorio di sperimentazione dell’hip hop e del rap italiano».
Oltre che da Neffa, l’Isola nel Kantiere era frequentata da ragazzi poco più che ventenni che improvvisavano le prime rime al microfono e che oggi vengono spesso menzionati nelle discussioni sulla nascita dell’hip hop in Italia, come Gopher D, Papa Ricky, e soprattutto Deda (Andrea Visani) e DJ Gruff (Sandro Orrù).
Gravitavano tutti attorno alle cosiddette posse, un movimento culturale che si diffuse nei centri sociali italiani alla fine degli anni Ottanta unendo diversi musicisti accomunati dalla passione per le sottoculture del reggae e dell’hip hop e sull’adesione dichiarata ai valori e alle pratiche della sinistra radicale.
La musica associata alle posse era il cosiddetto raggamuffin rap, un particolare stile di musica reggae nato negli Stati Uniti e che in Italia fu caratterizzato da testi politici e di denuncia sociale, spesso con una chiara connotazione marxista-leninista. In quel contesto militante e di grande fervore culturale fu pubblicato Batti il tuo tempo, l’album di esordio degli Onda Rossa Posse, generalmente considerato il primo disco hip hop pubblicato da un gruppo italiano.
Nel 1988 alcuni tra i frequentatori abituali dell’Isola nel Kantiere, tra cui Deda, Gopher D (poi fondatore dei Sud Sound System), Papa Ricky e Speaker Dee Mo, diedero vita all’Isola Posse All Stars, una delle prime crew hip hop di Bologna. Neffa si unì al collettivo nel 1991, dopo la fine della sua esperienza nei Negazione, partecipando alle registrazioni di Passaparola, il secondo disco del gruppo, e suonando in vari centri sociali italiani. Partecipò al disco anche DJ Gruff.
Nel 1993 l’Isola Posse All Stars si rimescolò in una nuova formazione chiamata Sangue Misto: all’inizio ne facevano parte Deda, Papa Ricky, Gopher D, DJ Fabri e Speaker Dee Mo, mentre Neffa cominciò a frequentare il collettivo come membro esterno. Dopo che Papa Ricky e Gopher D lasciarono il gruppo per via di alcuni dissidi artistici con Neffa e Deda, che volevano allontanarsi dal reggae per prendere una direzione più vicina al rap, e dopo la successiva uscita di DJ Fabri e Speaker Dee Mo, i Sangue Misto diventarono il terzetto che è conosciuto ancora oggi. Quello composto da Deda, unico membro della formazione originale, Neffa e DJ Gruff, che si aggiunse in un secondo momento.
Nel 1994 Neffa, Deda e DJ Gruff pubblicarono SxM, il primo album dei Sangue Misto, considerato uno dei dischi più importanti e influenti del rap italiano, se non il più importante e influente in assoluto, che uscì per l’etichetta indipendente Century Vox.
Fu un album che introdusse temi, suoni e approcci inediti nel rap italiano: da un lato risentiva dell’esperienza delle posse, come dimostrano i molti testi di denuncia sociale (“Lo straniero” e “Cani sciolti”, per citarne due) presenti nel disco; dall’altro, però, Neffa, Deda e DJ Gruff si distaccarono da questa tradizione, inserendo alcune canzoni meno politicizzate e più intimiste, e altre legate a elementi tipici della cultura hip hop, come il consumo di marijuana (“La Porra”, “Fattanza blu”) e l’importanza di fare parte di un collettivo (“Senti come suona”).
Un’altra novità che Neffa e soci introdussero con SxM fu lo sdoganamento di uno slang tutto loro, incentrato su parole, in alcuni casi dialettali, che sono diventate di uso comune tra gli appassionati di rap italiani, come “chico”, “guaglione” “ballotta” (che significa più o meno “crew”), “rapadopa” (un termine creato da DJ Gruff in un singolo uscito l’anno prima, e che indica una sorta di energia positiva) e “porra” (ossia la cannabis).
SxM è ricordato anche per la raffinatezza della sua ricerca musicale. Per realizzare le basi, Neffa, Deda e soprattutto DJ Gruff pescarono dal jazz, dal funky e dal cantautorato italiano, inserendo campionamenti estrapolati da canzoni di musicisti e gruppi come Miles Davis (“Fall”, “Bitches Brew”), Funkadelic (“Good Old Music”), Sly & the Family Stone (“Sing a Simple Song”), Doug E. Fresh & Slick Rick (“La Di Da Di”), Baby Huey (“Hard Times”), Mahavishnu Orchestra (“You Know You Know”) e Fabrizio De André (“Andrea”). Al disco parteciparono anche alcuni musicisti italiani molto talentuosi, tra cui il sassofonista contralto Guglielmo Pagnozzi, che suonò le parti di sax di “Senti come suona” e “La notte”.
Nonostante siano considerati tuttora un gruppo fondamentale, la discografia dei Sangue Misto è brevissima: è composta da SxM, l’unico album in studio pubblicato dal gruppo, e Live Padova, un disco dal vivo pubblicato l’anno dopo. Nel 1997 i Sangue Misto pubblicarono la canzone “Nella luce delle 6:00” per la colonna sonora del film Torino Boys, per poi sciogliersi definitivamente nel 1999.
Già due anni dopo la pubblicazione di SxM, Neffa iniziò a dedicarsi alla sua carriera da solista con Neffa e i Messaggeri della Dopa, il suo album d’esordio. Fu il disco con cui Neffa si emancipò definitivamente dal discorso militante e politicizzato delle posse, sviluppando una poetica intimista, riflessiva e incentrata su spaccati di vita quotidiana. Nel disco Neffa cominciò a dare spazio alla sua fascinazione per il funk, il soul e il jazz, inserendo qua e là campionamenti di Herbie Hancock, Miles Davis e James Brown. Oltre che per il modo in cui fu scritto, Neffa e i Messaggeri della Dopa è ricordato ancora oggi perché contiene quello che, insieme a “Quelli che benpensano” di Frankie hi-nrg, è probabilmente il beat più riconoscibile e amato del rap italiano: quello di “Aspettando il sole”.
Lo creò Deda, che ebbe l’intuizione di intrecciare il flauto di “Opus de Funk” di Milt Jackson, la batteria di “Sneakin’ in the Back” di Tom Scott and The L.A. Express e la chitarra di “Free at Last” di Al Green. Quel beat, unito alla scrittura brillante di Neffa e al ritornello malinconico cantato da Giuliano Palma, rese “Aspettando il sole” un tormentone a tutti gli effetti. Fu una delle prime canzoni rap a ottenere un successo trasversale e non circoscritto agli appassionati del genere, e rese Neffa famoso in tutta Italia.
Dopo Neffa e i Messaggeri della Dopa, Neffa pubblicò 107 elementi (1998) a cui presero parte colleghi come Kaos, Al Castellana, Shaone, DJ Gruff e Deda, e l’EP Chicopisco (1999). Fu l’ultimo disco rap di Neffa, che da quel momento stravolse la sua proposta e si focalizzò su una sua particolare concezione della musica leggera, continuando a ricevere importanti riscontri di pubblica e critica. In questa veste diventò uno dei principali interpreti del contemporary R&B italiano, dimostrandosi tra l’altro un efficace creatore di tormentoni.
Cominciò nel 2001 con Arrivi e partenze, trainato dal successo di “La mia signorina”, per poi proseguire con I molteplici mondi di Giovanni, il cantante Neffa (2003), Alla fine della notte (2006), Sognando contromano (2009), Molto calmo (2013), Resistenza (2015) e AmarAmmore (2021), finora il suo ultimo disco.
Nonostante il suo allontanamento dall’hip hop, Neffa è sempre rimasto una delle personalità più importanti e rispettate del rap italiano, citato come un’influenza fondamentale praticamente da chiunque, soprattutto rapper della cosiddetta “seconda ondata”, degli anni Novanta e Duemila, come Fabri Fibra e i Club Dogo. I suoi versi vengono frequentemente ripresi dai produttori italiani, che citano le canzoni contenute in SxM, Neffa e i Messaggeri della Dopa e 107 elementi per creare un senso di nostalgia nei fan più attempati e fare scoprire alle nuove generazioni dischi ormai considerati dei classici del genere.
In un’intervista data a Rockit nel 2013, Neffa spiegò di aver scelto di dedicarsi a un genere diverso per due principali ragioni: da un lato riteneva di aver dato moltissimo al rap, e di non poter fare di più; dall’altro avvertì la necessità di focalizzarsi più sull’aspetto compositivo e meno sui testi: «Quando facevo rap puntavo tutto sulle parole, poi un giorno lessi un’intervista a me, Frankie Hi-nrg e J-Ax, e ci descrivevano tutti e tre allo stesso modo. Mi incazzai furiosamente (…) piuttosto che fare una musica che non mi eccita più ho preferito essere un cantante, e spero che prima o poi qualcuno si concentri anche sugli arrangiamenti che uso, o che disco dopo disco sono migliorato, che c’è stato un percorso. Spero di erodere la roccia, insomma».
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