Le cassette per liberarsi dei porno in Giappone

Furono introdotte per evitare che riviste e DVD venissero buttati per strada e visti dai bambini, e nelle città ce ne sono ancora

Alcuni shiroposuto (collage di due immagini di panina.anna, CC BY 2.0 via Wikimedia Commons e そらみみ, CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons)
Alcuni shiroposuto (collage di due immagini di panina.anna, CC BY 2.0 via Wikimedia Commons e そらみみ, CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons)

I cestini della spazzatura in Giappone sono pochissimi, e le persone sono generalmente abituate a portarsi i rifiuti a casa. In molte città esistono però dei contenitori pensati apposta per certi rifiuti che a casa non si vogliono buttare: sono i cosiddetti shiroposuto, delle specie di cassette della posta bianche installate negli anni Sessanta per buttare via riviste, libri e DVD con contenuti pornografici. Con il cambio di abitudini nella fruizione della pornografia stanno diventando obsoleti, ma continuano ad avere una loro utilità e per questo se ne trovano in giro ancora.

Yuko Obi, professoressa di sociologia all’Università Tokyo Keizai, ha spiegato al giornale giapponese Mainichi Shimbun che i primi shiroposuto furono installati ad Amagasaki, poco fuori Osaka, nel sud del paese. Era il 1963, un periodo di grande sviluppo tecnologico ed economico per il Giappone, e l’idea era quella di proteggere bambine e bambini sia dai libri considerati osceni, sia da altro materiale pornografico ritenuto dannoso per il loro sviluppo. Da allora questi contenitori si diffusero in tutto il paese: a Tokyo i primi comparvero nel 1966, e anche se non si sa con esattezza quanti ce ne fossero si stima che tre anni dopo solo in città se ne trovassero circa 500.

Sempre Obi, che si è occupata della loro storia, ha detto al Guardian che erano stati voluti in particolare da donne che non volevano esporre i loro figli a contenuti pornografici. «Prima dell’installazione dei contenitori, la gente buttava queste cose per strada», ha ricordato Kazuhide Inoue, che ha 73 anni e da dodici svuota quelli che si trovano a Nakagawa, nella provincia di Fukuoka, nel sud-ovest del Giappone.

Gli shiroposuto furono installati perlopiù fuori dalle stazioni ferroviarie, cioè punti di grande passaggio, dove poter gettare le cose in maniera rapida e senza essere notati. Continuarono a essere usatissimi anche tra gli anni Ottanta e Duemila, con l’aumento della circolazione delle videocassette, prima, e dei DVD, poi.

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Negli ultimi anni, con la crescente diffusione della pornografia su Internet, le vendite delle riviste e dei DVD porno sono calate molto, e di conseguenza è diminuito anche l’utilizzo dei contenitori per buttarli. Per fare un esempio a Nagasaki nel 2023 ne erano stati chiusi alcuni come esperimento: secondo i dati dell’amministrazione locale quell’anno erano stati raccolti circa 2mila oggetti, contro i 5-6mila di una decina di anni prima. In altre città hanno cominciato a essere dismessi in parte perché ci viene depositata poca roba, e in parte per limitare i costi di gestione e manutenzione. Ma non è così dappertutto.

In una giornata di lavoro a Nakagawa Inoue ha detto di aver tirato fuori da otto shiroposuto 16 riviste e 81 DVD porno. Un tassista della sua città sentito sempre dal Mainichi Shimbun ha detto che «di notte, quando le strade sono meno frequentate, ci sono uomini di tutte le età che vengono a buttare la loro roba». A Fukui, nella parte centrale del paese, ne sono stati installati due nuovi nel 2018.

Obi ipotizza che se in alcune città gli shiroposuto sono considerati obsoleti, in altre vengono lasciati perché si ritiene che nascondere i libri osceni sia ancora importante, nonostante l’ampio accesso alla pornografia che anche i più giovani hanno oggi con Internet. Sembrano essere rimasti soprattutto nelle zone isolate, dove gli uomini più anziani sono ancora legati alla pornografia tradizionale e si sentono sicuri all’idea di potersene liberare in maniera discreta.

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