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  • Martedì 18 febbraio 2025

Cosa ha danneggiato questa petroliera vicino a Savona?

I segni sulla nave Seajewel, che si sospetta appartenga alla "flotta fantasma" russa, fanno pensare a un'esplosione avvenuta fuori dalla chiglia

La nave petroliera Seajewel (ANSA)
La nave petroliera Seajewel (ANSA)

Nella notte tra venerdì e sabato una nave petroliera battente bandiera di Malta, la Seajewel, è stata danneggiata mentre era ancorata nel campo boe di Vado Ligure, in provincia di Savona, in Liguria. Il danno ha provocato una falla di circa un metro nella chiglia, cioè la parte sommersa dello scafo, senza però intaccare le pareti del serbatoio che contiene il petrolio: non c’è quindi stato uno sversamento in mare. Il procuratore di Savona, Ubaldo Pelosi, ha detto che la falla è stata causata da un’esplosione.

Per il momento non si sa molto di più, ma diversi elementi della storia rendono poco plausibile l’ipotesi che sia stato un incidente. La Seajewel era stata oggetto di un’inchiesta della testata ucraina Ukrainska Pravda sulla cosiddetta “flotta fantasma” russa, di cui fanno parte quelle navi che trasportano clandestinamente il petrolio per aggirare le sanzioni contro la Russia. Inoltre l’agente marittimo della nave, cioè il referente locale dell’armatore, ha confermato che il personale di bordo ha riferito di avere sentito un forte boato, e che nel punto in cui si è aperta la falla le lamiere della chiglia erano rivolte verso l’interno della nave. L’agente, che preferisce restare anonimo, dice che il personale ha raccontato di avere visto molti pesci morti a galla vicino alla nave.

Su questi elementi si stanno concentrando anche le indagini della procura. La posizione delle lamiere indicherebbe infatti che l’elemento che ha provocato l’esplosione era all’esterno della petroliera. L’agente marittimo dice che «uno scafo non si piega da solo verso l’interno», ed esclude che possa essersi trattato di un incidente.

Dopo avere aperto inizialmente un fascicolo solo conoscitivo, senza ipotesi di reato, martedì la procura di Savona ne ha aperto uno per naufragio contro ignoti. Secondo il codice di procedura penale il reato di naufragio implica la responsabilità di qualcuno che lo causa. Le altre ipotesi valutate da chi indaga sono un incidente durante la fase di scarico del petrolio o un urto con un ordigno bellico abbandonato, ma sembrano appunto meno solide.

La Seajewel, costruita nel 2009, è una petroliera lunga 245 metri e larga 42, e può trasportare 108mila tonnellate di petrolio. È una nave cosiddetta a “doppio scafo”: c’è una cisterna interna, che contiene il petrolio, e poi un secondo rivestimento in acciaio che non è a diretto contatto con la cisterna e ha uno spessore di 20 millimetri. La falla si è creata nello strato più esterno dello scafo.

La Seajewel era partita martedì scorso dal porto algerino di Bethioua, uno scalo petrolifero a metà strada tra Algeri e lo Stretto di Gibilterra, ed era arrivata al largo di Vado Ligure, venerdì 14 febbraio alle 6:54. La nave era ancorata al campo boe Sarpom, dal nome della società che gestisce l’area, dove ci sono sette grosse boe a cui le petroliere possono attaccarsi mentre scaricano il petrolio greggio in tubature sottomarine collegate con la raffineria di Trecate, in provincia di Novara, in Piemonte. Ogni anno al campo boe Sarpom arrivano circa 80 navi.

Nella notte tra venerdì e sabato sono iniziate le operazioni di scarico del petrolio greggio dalla Seajewel. In un comunicato stampa la Capitaneria di porto di Savona ha scritto che durante le operazioni di scarico del petrolio il personale ha riscontrato «alcune anomalie, da accertare». Gli addetti hanno quindi interrotto lo scarico di petrolio greggio dalla Seajewel per «motivi precauzionali». Attualmente le operazioni di scarico sono ancora ferme, ma è possibile che riprendano mercoledì.

La Capitaneria non ha aggiunto altro sulle anomalie. Ha specificato che non ci sono stati sversamenti in mare e nessuno è stato ferito.

Secondo l’agente marittimo locale c’è stata anche una seconda esplosione, avvenuta circa venti minuti dopo la prima, che potrebbe essere avvenuta sul fondale sotto la nave. Non avrebbe colpito direttamente lo scafo, e la prova di questa seconda esplosione sarebbero altri pesci morti in quella zona.

Martedì c’è stato un sopralluogo dei sommozzatori del COMSUBIN, il Raggruppamento Subacquei e Incursori della Marina Militare, incaricati dalla procura di cercare elementi che possano aiutare a individuare l’origine dell’esplosione. Secondo le prime informazioni, scrive l’Ansa, non sono stati trovati resti di inneschi né tracce che possano ricondurre a un particolare tipo di esplosivo.

– Leggi anche: Le «flotte fantasma» che aggirano le sanzioni sulle esportazioni di petrolio