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  • Lunedì 17 febbraio 2025

Che posto è Masafer Yatta, al centro del documentario palestinese “No Other Land”

Da quarant'anni gli abitanti di questa zona della Cisgiordania subiscono violenze di ogni tipo da parte di soldati e coloni israeliani

(AP Photo/Mahmoud Illean)
(AP Photo/Mahmoud Illean)
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Fra i documentari che hanno ottenuto una nomination agli Oscar del 2025, che si assegneranno nella cerimonia finale del 2 marzo, c’è anche un film palestinese che sta ricevendo estese attenzioni e recensioni positive. Si intitola No Other Land – in Italia è al cinema in questi giorni – e racconta una vicenda nota da tempo in Palestina e assai meno fuori: la storia di alcune cittadine palestinesi della Cisgiordania che da quasi mezzo secolo convivono con demolizioni e violenze sistematiche delle autorità israeliane, che al loro posto vogliono costruire un’area di addestramento per il proprio esercito.

Le cittadine palestinesi in questione si trovano in un’area di circa 30 chilometri quadrati nota come Masafer Yatta, una decina di chilometri a sud della città palestinese di Hebron.

L’intera Masafer Yatta si trova nella cosiddetta Area C della Cisgiordania, in cui secondo gli accordi di Oslo del 1993 il controllo civile e militare spetta al governo israeliano. Nei primi anni Ottanta l’esercito israeliano decise che la zona di Masafer Yatta sarebbe dovuta diventare un poligono di tiro per l’esercito, e da allora ha cercato con ogni mezzo di sfrattare i suoi abitanti palestinesi. «L’importanza vitale di questa zona di tiro», ha spiegato l’esercito in alcuni documenti processuali letti dal Times of Israel, «deriva dalle sue uniche caratteristiche topografiche, che permettono di sperimentare strategie specifiche sia per piccoli gruppi di soldati sia per un battaglione».

Ci sono ottime ragioni per pensare che queste motivazioni siano pretestuose, e che Israele voglia semplicemente espellere il numero più alto possibile di palestinesi da Masafer Yatta e più in generale dall’Area C. L’obiettivo sarebbe chiederne il controllo con maggiore legittimità in un futuro negoziato sulla creazione di un eventuale stato palestinese. In un resoconto di un incontro governativo del 1981, l’allora ministro dell’Agricoltura israeliano Ariel Sharon, che vent’anni dopo sarebbe diventato primo ministro, suggerì l’idea di usare l’area di Masafer Yatta come poligono militare per limitare «l’espansione dei residenti arabi di quelle colline».

Per di più accanto a Masafer Yatta i governi israeliani che si sono succeduti hanno permesso la costruzione di varie colonie illegali: e ormai da anni i palestinesi della zona convivono quotidianamente con gruppi di coloni che irrompono di notte nelle case, distruggono o rubano beni personali e picchiano i residenti.

Le testimonianze, i video e le foto di queste violenze sono ormai tantissime, ma le autorità israeliane hanno continuato a proteggere i propri coloni e fare poco o niente per i palestinesi. Anche a causa delle violenze, diverse persone negli ultimi anni hanno lasciato l’area di Masafer Yatta per trasferirsi altrove, mentre alcuni abitanti la cui casa era stata demolita sono tornati ad abitare le grotte che i pastori palestinesi usavano in passato. In tutto è rimasto a Masafer Yatta circa un migliaio di persone palestinesi.

Una bambina all’ingresso di una grotta nella cittadina di al Fakheet, nella zona di Masafer Yatta (AP Photo/Nasser Nasser)

Nel 2022 la Corte Suprema israeliana ha deciso in via definitiva che Masafer Yatta dovrà diventare un poligono di tiro per l’esercito israeliano. Era però già da tempo che le demolizioni e la violenza dei soldati e dei coloni si erano intensificate.

No Other Land mostra immagini e interviste girate fra il 2019 e il 2023 in cui si vedono gruppi di coloni a volto coperto picchiare gli abitanti palestinesi di Masafer Yatta o danneggiare le loro case. In una delle scene più forti del film, si vede un soldato sparare a Harun Abu Aram, un ragazzo disarmato che stava protestando perché la sua casa era stata da poco demolita (le autorità israeliane non autorizzano praticamente mai i palestinesi a costruire nell’Area C della Cisgiordania, tantomeno a Masafer Yatta).

Dopo il ferimento Harun Abu Aram è rimasto paralizzato dal collo in giù per due anni, e costretto a vivere in una specie di tenda assistito soltanto da sua madre. È morto il 14 febbraio 2023, a 26 anni.

Le violenze si sono intensificate dopo l’invasione israeliana della Striscia di Gaza, in risposta all’attacco senza precedenti di Hamas in territorio israeliano, avvenuto il 7 ottobre 2023. Soprattutto durante i primi mesi dell’invasione, ai coloni fu tacitamente consentito di prendere di mira i palestinesi che abitavano in Cisgiordania, senza timore di ripercussioni giudiziarie nei tribunali israeliani. L’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA) ha contato almeno 1.860 episodi di violenza compiuti dai coloni israeliani in Cisgiordania fra il 7 ottobre 2023 e il 31 dicembre 2024.

Nell’ottobre del 2024 un gruppo di coloni israeliani ha rapito e torturato un palestinese 15enne che era uscito di casa da solo per prendere l’acqua da un pozzo (in molti centri abitati a Masafer Yatta non c’è acqua corrente). Un anno prima un altro colono aveva sparato a un uomo palestinese durante una protesta: intorno a lui c’erano parecchi soldati israeliani, che non fecero niente. L’uomo palestinese è sopravvissuto ma nel frattempo ha perso 27 chili e dipende da una sacca per colostomia, un sacchetto esterno che raccoglie le feci quando il colon di una persona non funziona più a dovere.

La settimana scorsa uno dei produttori del film, Basel Adra, ha pubblicato sul magazine +972 una lista di violenze compiute dai soldati e dai coloni israeliani da quando il film è uscito al cinema: fra queste c’è anche la storia di un uomo palestinese di 72 anni picchiato di notte, appena fuori da casa sua, da un gruppo di coloni, e di una famiglia la cui casa è stata presa a pietrate da un gruppo di decine di coloni, mentre i proprietari erano al loro interno.