È morta la femminista portoghese Maria Teresa Horta
Era l'ultima delle "tre Marie" autrici di "Le nuove lettere portoghesi", libro che contribuì a far cadere la dittatura di Salazar negli anni Settanta

Il 4 febbraio è morta a Lisbona Maria Teresa Horta, femminista, scrittrice e autrice, insieme a Maria Velho da Costa e Maria Isabel Barreno, di Le nuove lettere portoghesi, libro pubblicato nel 1972 che descriveva la condizione delle donne in Portogallo e che attirò l’attenzione dei movimenti femministi di mezzo mondo contribuendo a screditare a livello internazionale il regime di António de Oliveira Salazar. Horta aveva 87 anni.
«Sono nata in un paese fascista, un paese che ha rubato la libertà, un paese di crudeltà, prigioni, e torture. E ho capito molto presto che non potevo sopportarlo» disse parlando di sé nel 2018, durante un’intervista. Horta era nata a Lisbona il 20 maggio del 1937. Il padre, Jorge Augusto da Silva Horta, era un importante medico che sosteneva la dittatura, mentre la nonna paterna era stata un’influente esponente del movimento suffragista portoghese.
Dopo essersi laureata alla Facoltà di Lettere dell’Università di Lisbona, Horta pubblicò il suo primo libro di poesie a 23 anni. Ne avrebbe scritti altri trenta, oltre a dieci romanzi. Negli anni Sessanta fu una delle prime donne portoghesi a lavorare per dei giornali e una delle prime a ottenere il tesserino da giornalista professionista. Lavorò, in particolare, per il quotidiano A Capital, dove coordinava il supplemento letterario “Literatura e Arte”, e poi negli anni Ottanta per la rivista femminista Mulheres, legata al Partito Comunista Portoghese a cui fu iscritta dal 1975 al 1989, fino alla caduta del muro di Berlino. Fu anche direttrice di un importante circolo cinematografico, l’ABC, e i circoli erano a quel tempo centri di resistenza politica. Indipendentemente dalla forma di scrittura a cui si dedicò, che si trattasse di poesia, di narrativa o di giornalismo, i suoi lavori nacquero tutti da quella che lei definì una doppia oppressione: essere una donna nella società portoghese dominata dagli uomini ed essere cresciuta in uno stato di polizia.
Maria Teresa Horta cominciò a essere conosciuta dopo la pubblicazione, nel 1967, di una raccolta di poesie sul piacere sessuale femminile, Minha Senhora de Mim (Mia signora di me): «La mia vita cambiò radicalmente quando lo pubblicai. La PIDE (la polizia politica della dittatura, ndr) lo ritirò otto giorni dopo e Snu Abecassis, fondatrice della casa editrice Dom Quixote, fu chiamata dal direttore del Segretariato nazionale di informazione. Moreira Baptista le proibì di tornare a pubblicare una mia opera. “Qualsiasi libro?”, gli chiese Snu, al che lui rispose: “Se il libro si intitola La storia del piccolo maggiolino ed è firmato da Maria Teresa Horta, le faccio chiudere la casa editrice”». Il racconto di quel che le successe dopo prosegue così:
«Dopo il ritiro di Minha Senhora de Mim, divenni bersaglio di una persecuzione feroce. Fu un processo di umiliazione pura, una cosa vergognosa, offensiva. Dovetti cambiare l’utenza telefonica di casa e metterla a nome di mio marito Luís (de Barros, ndr). Al tempo era rarissimo che l’utenza telefonica fosse a nome di una donna. Chiamavano alle cinque, alle quattro, alle tre del mattino per insultarmi e minacciarmi. Era inconcepibile. Dicevano cose come “Dovrebbero violentarti per vedere se ti piace”. Quando telefonavano di mattina o di pomeriggio, a volte, era mio figlio Luís Jorge che rispondeva e doveva sentire tutte quelle ingiurie su sua madre. Era di una violenza atroce. (…)
Una sera uscii di casa, (…) improvvisamente, un’auto accese i fanali, iniziò a muoversi verso di me e salì sul marciapiede dove stavo camminando. Dall’auto uscirono due uomini, mentre un terzo rimase al volante. Mi gettarono a terra e iniziarono a picchiarmi. “È per imparare a non scrivere come scrivi”, dissero. Allora capii che non si trattava di una rapina, erano fascisti».
Circa una settimana dopo l’aggressione Horta uscì a pranzo con Maria Isabel Barreno e Maria Velho da Costa, due scrittrici e femministe che aveva conosciuto per lavoro e con cui da qualche anno si incontrava settimanalmente: «Se una donna provoca da sola tutta questa confusione, questo trambusto, questo scandalo, cosa succederebbe se fossimo in tre?», si dissero in quell’occasione, decidendo di cominciare a scrivere un’opera che contestasse i valori della società patriarcale e la dittatura conservatrice e fascista che governava allora in Portogallo, guidata da Marcelo Caetano, denunciando le oppressioni subite dalle donne.
Nacquero così le Novas Cartas Portuguesas (Le nuove lettere portoghesi), una raccolta di poesie, lettere e saggi che creò subito un grosso scandalo e che produsse anche una mobilitazione internazionale che contribuì a far crollare il regime.

Prima edizione delle Novas Cartas Portuguesas
Il libro uscì nel 1972 dopo nove mesi di lavoro collettivo di Horta, da Costa e Barreno, che per via del loro nome vennero da lì in poi soprannominate “as Três Marias”, le Tre Marie. Per scriverlo le tre attiviste si erano ispirate alle Lettere di una monaca portoghese, un romanzo epistolare del Seicento, probabilmente apocrifo, in cui una suora francescana raccontava di essere stata sedotta e abbandonata da un ufficiale francese: uno dei casi più discussi della letteratura francese dell’epoca e per certi versi una metafora della società portoghese, a loro dire. «È stata davvero una delle cose più importanti e divertenti che ho fatto nella vita. Ridevamo così tanto! Eravamo tutte molto scherzose. Il libro è pieno di umorismo. Quando affrontiamo il discorso della mascolinità, non c’è niente di più devastante che usare l’umorismo per far arrabbiare quelle creature», dirà più tardi Horta in un’intervista data nel 2020 al sito di notizie Esquerda.net.
Nella raccolta, le Tre Marie descrivevano la condizione delle donne in Portogallo, oppresse da una cultura machista, piena di misoginia e violenze domestiche, influenzata anche dalla forte presenza della Chiesa cattolica. Esploravano argomenti come le discriminazioni di genere e il diritto all’aborto, ma anche temi che riguardavano più da vicino la vita politica, come le violenze nelle guerre coloniali in Angola, in Mozambico e nell’attuale Guinea-Bissau, e che già stavano rendendo impopolare il governo di Caetano.
Per dare l’idea, in una lettera del libro si dice che i compiti delle persone «si dividono in due specie: quelli degli uomini e quelli delle donne (…) agli uomini Dio nostro Signore ha assegnato il compito di sorvegliare e comandare (…) poi ci sono i compiti delle donne, che prima di tutto devono fare figli, occuparsi di loro quando sono malati ed educarli». O ancora: «Fragili sono gli uomini di questo paese di nostalgie identiche e paure e avvilimenti. Fragilità camuffata in vari tentativi: sfidando tori in piazze pubbliche, per esempio, corse di macchine e lotte corpo a corpo. O mio Portogallo di maschi che ingannano l’impotenza, animali da monta, stalloni, pessimi amanti, così frettolosi a letto, attenti solo a mostrare il cazzo». Ci sono anche passaggi più esplicitamente erotici, come quello che riguarda una suora e che descrive il desiderio di riappropriazione del corpo femminile attraverso la masturbazione, citando tra gli altri i termini «vagina» e «clitoride», uno scandalo per l’epoca.
Quando le tre pubblicarono gli scritti giurarono anche di non rivelare mai chi avesse scritto cosa. Alcuni editori che le autrici avevano contattato per far pubblicare il testo si erano rifiutati per il rischio della censura. Il volume fu infine pubblicato dalla casa editrice Estúdios Cor grazie alla collaborazione della scrittrice Natália Correia, che nel 1969 era stata condannata a tre anni di carcere, con sospensione della pena, per i contenuti della sua Antologia de Poesia Portuguesa Erótica e Satírica, considerati osceni dal regime. I fascisti considerarono «irrimediabilmente pornografico e attentatore della morale pubblica» anche il contenuto delle Nuove lettere portoghesi, ma il libro, come rivendicato dalle sue autrici, era innanzitutto un «libro politico, nato da un processo politico». Per questo fu censurato e le autrici finirono a processo: «Stavamo sfidando il regime fascista ed eravamo assolutamente consapevoli del pericolo che stavamo affrontando (…) Vollero proprio umiliarci, schiacciarci. Fu sinistro. Dovemmo presentarci alla polizia del buon costume. Non ammisero mai che era un processo politico, dissero che ciò che era in causa era un attentato alla morale pubblica. Ci trattarono come delle svergognate. Tutto questo è molto importante per capire che le Nuove lettere portoghesi furono considerate gravissime per essere state scritte da donne. E le donne dovevano essere umiliate».
Durante gli interrogatori e poi il processo le tre non si mostrarono mai intimidite «e il fatto che non avessimo paura fu una delle cose che più li fece infuriare. Pensavano che, essendo donne, eravamo esseri fragili e che ci avrebbero terrorizzato. Ma non ci riuscirono. Quando andammo in tribunale non eravamo piene di paura. Eravamo decise», disse Horta.
Nel frattempo varie copie del loro libro continuarono a circolare di nascosto, e alcune furono portate fuori dal Portogallo, dove arrivarono a importanti scrittrici femministe, come Marguerite Duras, Adrienne Rich, Simone de Beauvoir e Christiane Rochefort.
«Simone de Beauvoir fece cose meravigliose. Distribuì opuscoli dappertutto, raccolse firme per una petizione che fu consegnata all’ambasciata del Portogallo a Parigi il 3 luglio 1973. Nel documento, donne di varie nazionalità protestarono contro il processo istituito contro di noi. Simone organizzò e si mise a capo, nel gennaio del 1974, di una specie di “processione delle candele” al crepuscolo, in un’allusione a Fatima. Mobilitò donne e uomini, scrittori, giornalisti, attrici… La notte del 21 ottobre 1973 l’attrice femminista Delphine Seyrig realizzò una lettura-spettacolo sulle Nuove lettere portoghesi al Palais de Chaillot. (…) Questo spettacolo fu poi replicato in paesi come l’Inghilterra e gli Stati Uniti. Simone garantì inoltre la traduzione in francese del libro, che finì per essere tradotto in molti altri paesi. Per sfortuna dei fascisti, il processo coincise con la prima conferenza internazionale di donne, che si svolse a Boston fra il 3 e il 5 giugno del 1973. Le nuove lettere portoghesi furono il tema centrale di questo incontro e vennero adottate come la prima causa femminista internazionale. Le donne si impegnarono ad appoggiare la nostra lotta nei loro rispettivi paesi e le azioni internazionali di solidarietà iniziarono a moltiplicarsi. Fu magnifico!», raccontò sempre Horta.
Il caso delle Tre Marie provocò dunque una grande mobilitazione internazionale tra i movimenti femministi, sia in Europa che al di fuori. Note autrici anglofone, come Doris Lessing, Jean Rhys e Iris Murdoch, scrissero al Times per protestare contro il modo in cui venivano trattate le autrici in Portogallo; ci furono manifestazioni e marce anche in Belgio e nei Paesi Bassi. Il loro caso interessò anche i movimenti femministi in Italia, dove le circostanze che portarono al processo delle tre autrici, cominciato il 25 ottobre del 1973 a porte chiuse per ordine dei giudici perché la folla che si era radunata era troppo numerosa, furono molto seguite dalla storica rivista femminista Effe.

Susan Strasberg, Lee Grant, Helen Reddy e Ellen Burstyn leggono pubblicamente Le nuove lettere portoghesi, Los Angeles, 7 febbraio 1974 (AP Photo/Jeff Robbins)
Le ampie dimostrazioni di solidarietà ricevute all’estero dalle Tre Marie contribuirono a screditare a livello internazionale il regime portoghese, la cui popolarità nel frattempo era già calata, facendo emergere un certo malcontento. Il 18 aprile del 1974, il giorno in cui il giudice avrebbe dovuto leggere la sentenza, il tribunale «era già pieno di femministe e di televisioni di diversi paesi», ha ricordato Horta nell’intervista del 2020, e si prevedeva che ci sarebbero stati «grandi disordini». Il regime voleva che le autrici ritrattassero pubblicamente e dicessero di non aver avuto intenzione di «offendere il governo, né il buon nome del Portogallo».
Per il timore di grossi disordini la lettura della sentenza fu rinviata al successivo 25 aprile, lo stesso giorno in cui la dittatura fu rovesciata con il colpo di stato conosciuto come la Rivoluzione dei Garofani (Revolução dos Cravos), dal gesto di una donna che nei giorni della sommossa offrì ai soldati fiori da inserire nelle canne dei fucili. Poche settimane dopo, le Tre Marie furono prosciolte da tutte le accuse. Nelle motivazioni della sentenza, il giudice che si espresse sul caso disse che il libro era «un’opera di elevato valore letterario». Il libro, ricorderà Horta, «ebbe conseguenze pessime per il regime. Diciamo che non è questo che ci porta al 25 aprile, ma il subbuglio che generò e il discredito del regime contribuirono a far cadere la dittatura».
Durante il resto della sua vita Horta vinse molti premi letterari compreso il premio D. Dinis nel 2011 che lei accettò rifiutandosi però di riceverlo dalle mani dell’allora primo ministro di centrodestra Pedro Passos Coelho. Horta era l’unica delle tre autrici di Le nuove lettere portoghesi ancora viva. Barreno è morta nel 2016, da Costa nel 2020. Nel 2014 Horta disse: «La gente mi chiede perché sono femminista. Perché sono una donna che vuole libertà e uguaglianza e non è possibile che ci sia libertà nel mondo quando metà dell’umanità non ha diritti».