• Mondo
  • Domenica 2 febbraio 2025

Il Libano non sa dove mettere 10 milioni di metri cubi di macerie

Sono il risultato di mesi di bombardamenti israeliani

Un gruppo di abitanti del quartiere di Dahieh, a Beirut, sulle macerie della loro casa, 27 novembre 2024 (AP Photo/Bilal Hussein)
Un gruppo di abitanti del quartiere di Dahieh, a Beirut, sulle macerie della loro casa, 27 novembre 2024 (AP Photo/Bilal Hussein)
0 seconds of 0 secondsVolume 90%
Press shift question mark to access a list of keyboard shortcuts
00:00
00:00
00:00
 

Sono passati circa due mesi dall’inizio del cessate il fuoco fra Israele e il gruppo politico e militare libanese Hezbollah, che ha interrotto l’invasione israeliana del sud del Libano e i bombardamenti su diverse città. Da allora si discute molto, nel paese, di come avviare la ricostruzione degli edifici che sono stati distrutti. Prima però bisognerà affrontare un problema ancora più urgente: dove sistemare i milioni di metri cubi di macerie provocate dalle bombe israeliane, che hanno distrutto migliaia di appartamenti, uffici, negozi (oltre ad aver costretto circa 1,3 milioni di persone ad abbandonare la propria casa).

È una discussione che in futuro si porrà anche nella Striscia di Gaza, ma che in Libano è già attualissima. Finora però il dibattito non ha portato a molto di concreto, anche a causa della delicatissima condizione economica, politica e sociale del paese.

Tamara Elzein, scienziata dei materiali e segretaria generale del Comitato nazionale per la ricerca scientifica del Libano, ha detto al New York Times che secondo una stima preliminare gli attacchi israeliani hanno prodotto circa 10 milioni di metri cubi di macerie, l’equivalente di 4mila piscine olimpiche. Il dipartimento di conservazione della natura dell’Università americana di Beirut ha ipotizzato che in tutto la guerra abbia prodotto fra i 50 e i 100 milioni di tonnellate di macerie, una cifra molto superiore alle 6 milioni di tonnellate della precedente invasione israeliana del Libano, avvenuta nel 2006.

Una delle zone con la più alta concentrazione di macerie è il quartiere di Dahieh, nel sud della capitale Beirut, dove l’esercito israeliano riteneva ci fossero parecchi bunker, strutture e tunnel di Hezbollah. Un rapporto del Comitato Nazionale per la ricerca scientifica del Libano stima che soltanto a Dahieh siano stati distrutti quasi tremila edifici, ma i bombardamenti e gli attacchi hanno riguardato anche altre zone del paese.

Le macerie causate da un attacco israeliano nella città di Ghazieh, nel sud del Libano (AP Photo/Mohammed Zaatari)

Il governo libanese ha detto di aver stanziato 4mila miliardi di lire libanesi (circa 40 milioni di euro) in fondi di emergenza per avviare lo smaltimento delle macerie, e promosso delle linee guida per farlo correttamente, ma non è chiaro esattamente se esista davvero un piano e quali fasi preveda.

Fonti interne al governo hanno raccontato al New York Times che si sta considerando l’espansione di una discarica, nata dopo la guerra del 2006 proprio per ospitare una parte delle macerie causate dagli attacchi israeliani.

La discarica si trova alla periferia di Beirut, in un tratto di costa appena a sud dell’aeroporto della città. In quella zona vennero stipati senza grande accortezza calcinacci di edifici bombardati, rifiuti organici, bombe inesplose. Negli anni moltissime di quelle macerie si sono degradate e sono finite nel mare circostante, inquinandolo pesantemente. «Da allora la spiaggia è inaccessibile, sommersa da strati di spazzatura e terreno», ha scritto la giornalista Valeria Rando in un articolo per Now Lebanon. È stato un problema anche per i pescatori locali, che hanno perso una delle zone di pesca più vicine alla città.

A Beirut la discarica costiera è soprannominata sarcasticamente Costa Brava, come la costa orientale della Spagna. In Libano è così nota che nel 2021 al festival del cinema di Venezia fu presentato un film libanese intolato proprio “Costa Brava”, una storia famigliare che si intreccia con quella di una discarica.

Quella nei pressi dell’aeroporto non è l’unica discarica problematica del paese. A nord della capitale Beirut ce n’è un’altra piuttosto grande, chiamata Jdeideh, la cui puzza arriva fino al quartiere armeno della città. In Libano la raccolta dei rifiuti è sempre stata un problema, e secondo molti è uno dei sintomi dell’incapacità delle varie autorità nazionali e locali – bloccate in un rigido sistema settario e spesso in contrasto fra loro – di lavorare in maniera efficiente.

Oggi peraltro gestire le macerie della guerra è molto più complicato rispetto al 2006. Sia perché allora erano molte meno, sia perché l’economia libanese è messa decisamente peggio, sia perché nel frattempo un sacco di gente ha montato dei pannelli solari sulle proprie case, per fare fronte ai frequenti blackout. I pannelli solari però se polverizzati o smaltiti non correttamente diffondono nell’aria materiale tossico. Sempre secondo il rapporto del Comitato nazionale per la ricerca scientifica del Libano, soltanto a Dahieh durante gli attacchi israeliani degli ultimi mesi sono stati danneggiati quasi quattromila pannelli solari.

«Oggi il livello di pericolosità delle macerie è molto peggio di quello del 2006», ha detto al New York Times Issam Srour, un ingegnere ambientale che lavora per l’università americana di Beirut: «Non possiamo permetterci di trascurare le conseguenze ambientali di questo smaltimento, come abbiamo fatto l’ultima volta».