Un quarto di secolo di Sei Nazioni
Per l'Italia maschile di rugby è stato pieno di sconfitte “tanto-a-poco” e fatto di rare vittorie, ma ci sono ragioni per essere ottimisti

Il 5 febbraio del 2000 l’Italia maschile giocò la sua prima partita del Sei Nazioni, il torneo di rugby tra le più forti Nazionali europee, che fino a prima di quel giorno era stato il Cinque Nazioni. L’Italia arrivava da un anno di pessimi risultati e non pochi dubbi sul fatto che potesse cavarsela contro le squadre che da decenni si affrontavano nel Cinque Nazioni. Giocò quella prima partita in casa, allo stadio Flaminio di Roma, contro la Scozia, che nel 1999 aveva vinto il Cinque Nazioni. Finì 34-20 per l’Italia.
A quell’eccellente inizio seguirono però anni decisamente meno vincenti. Da quando è nel Sei Nazioni di rugby l’Italia ha giocato 125 partite: 5 partite all’anno, per 25 anni. Ne ha vinte 15, pareggiate un paio e perso tutte le altre. Per ogni partita vinta, ne ha perse otto. L’Italia ha segnato 1.800 punti e ne ha subìti più del doppio: 4.226. È capitato che passassero più di tre anni tra due vittorie dell’Italia nel Sei Nazioni, e queste vittorie sono state quasi sempre in casa e spesso per una manciata di punti, a fronte di molte sconfitte tanto-a-poco. Per anni le sparute e risicate vittorie finivano spesso per lasciare spazio alle brutte batoste; alle analisi delle sconfitte oltre che ai ragionamenti sulla convenienza sportiva, per l’Italia, di restare nel Sei Nazioni.
E però l’anno scorso l’Italia ha giocato il suo miglior Sei Nazioni di sempre. Due vittorie, un pareggio, una sconfitta di tre punti contro l’Inghilterra (l’unica squadra del Sei Nazioni che l’Italia non ha mai battuto), e una sola sconfitta pesante, di quelle che lo spettatore occasionale spegne la tv dopo mezz’ora (36-0 contro l’Irlanda). Quella prima vittoria con la Scozia e l’ultimo Sei Nazioni, chiuso con una vittoria contro il Galles, sono eccezioni? Exploit estrapolati dal contesto generale? Oppure sono, a loro modo, parte di un processo che lentamente e tra molte ripartenze sta andando comunque dalla parte giusta, e che prima o poi porterà l’Italia a vincerlo, il Sei Nazioni?
È quello che si chiedono molti addetti ai lavori e appassionati e non c’è modo di dirlo (qualche AI ci ha provato, con esiti alterni), ma si può guardare dov’era allora e com’è messa oggi l’Italia maschile del rugby, e cosa c’è stato in mezzo.

Stephen Varney dell’Italia durante la partita contro il Galles all’ultimo Sei Nazioni (EPA/DAVID CLIFF)
Nella sua prima forma il Sei Nazioni esiste dal 1883, quando si chiamava Home Nations Championship ed era giocato da Inghilterra, Irlanda, Galles e Scozia. La Francia iniziò a giocarci, rendendolo il Cinque Nazioni, dai primi anni del Novecento, quando ancora in Italia il rugby lo giocavano solo stranieri di passaggio e ancora nemmeno esisteva una federazione sportiva nazionale. Per gran parte del Novecento non ci fu mai granché di concreto in merito al possibile arrivo dell’Italia nel torneo. Quelle cinque squadre erano semplicemente troppo più forti di tutte le altre d’Europa, Italia compresa. Le cose presero un’altra piega durante gli anni Novanta, quando la Nazionale italiana iniziò a farsi spazio grazie a una serie di risultati positivi.
Una sola vittoria contro una di quelle cinque poteva essere un caso, un’eccezione statistica, magari dovuta alla svogliatezza altrui piuttosto che a meriti propri. Ma i segnali furono numerosi, fino a quando fu deciso che dal 2000 l’Italia sarebbe entrata a far parte del Sei Nazioni: un torneo a gestione privata, che non richiede qualificazioni di alcun tipo, solo l’accordo sul da farsi da parte dei soci che lo compongono.
Oltre che debuttante, l’Italia arrivò al suo primo Sei Nazioni dopo un anno davvero pessimo, forse dovuto a un comprensibile rilassamento dopo il grande salto di qualità del decennio precedente. Nei Mondiali del 1998 perse tre partite su tre, l’ultima delle quali 101-3 contro la Nuova Zelanda.
La partita del 2000 contro la Scozia si giocò che ancora c’erano le lire, con la Scozia che si presentava da super favorita del torneo, e a maggior ragione della partita. Fu trasmessa in diretta su Rai 3 e la si può rivedere tutta sul canale YouTube della FIR, la Federazione Italiana Rugby.

Diego Dominguez durante la partita contro l’Irlanda nel 2000, finita con una sconfitta 60-13 (SEAN CAREY/ANSA/PAL)
L’Italia vinse grazie a una notevole prestazione di squadra, trascinata dal suo numero 10, il mediano di apertura italo-argentino Diego Domínguez, che fece 29 dei 34 punti dell’Italia, compresi tre drop (calci di rimbalzo). Nessuno, prima di quel giorno, aveva fatto meglio, in tutta la storia del Cinque Nazioni, di quanto lui riuscì a fare nella sua prima partita del Sei.
«La vittoria è stata una categorica confutazione della tesi di chi aveva dubbi sul fatto che gli italiani fossero abbastanza bravi per questo prestigioso torneo», scrisse BBC nel suo commento alla partita. «Un esordio vincente era dato cento a uno dai bookmaker», scrisse il Corriere della Sera il giorno successivo, in un’edizione che, tra le questioni di sport, celebrava la vittoria di Luna Rossa in Louis Vuitton Cup e, in merito a una sconfitta contro la Spagna in Coppa Davis titolava: “L’Italia del tennis sa trasformare una sconfitta in disfatta”.
Dopo quella vittoria all’esordio l’Italia non rivinse più fino al 2003. In 25 anni ha ottenuto quasi sempre quinti e sesti posti, e solo due quarti posti. È stato un quarto di secolo in cui l’Italia ha cercato di progettare e costruire una squadra tra tanti diversi allenatori e attorno ad alcuni giocatori di assoluto talento, come Domínguez e, per gran parte di questo periodo, Sergio Parisse.
Se l’inizio e la fine sono tra i punti migliori, il peggiore è senza dubbio tra il 2015 e il 2022: periodo in cui passarono 36 partite tra due vittorie dell’Italia, con un buon numero di giocatori che hanno disputato diverse partite di Sei Nazioni senza vincerne nemmeno una. Tra il 2013 e il 2024 passarono più di dieci anni senza che l’Italia vincesse in casa nel Sei Nazioni: un’intera generazione di spettatori ha fatto in tempo a passare dalle elementari alla patente senza veder vincere l’Italia in Italia.
In mezzo a tutto questo c’è stata una partita che si farà ricordare per il modo creativo, estremo e sorprendente con cui l’Italia interpretò a suo vantaggio una regola sulle ruck, le mischie aperte. Fu una partita che anche all’estero citano e ricordano come una delle più memorabili e significative nella storia del Sei Nazioni, una partita dall’evoluzione talmente peculiare che a un giocatore inglese che gli chiedeva cosa dovesse fare la sua squadra, l’arbitro rispose: «Sono l’arbitro, non l’allenatore».
Quella partita fu a suo modo emblematica dell’Italia: tante attenzioni, tantissima buona volontà, e però alla fine 36-15 per gli altri, gli inglesi.

Ange Capuozzo dell’Italia durante il Sei Nazioni del 2024 (Danilo Di Giovanni/Getty Images)
Ora l’Italia si presenta finalmente al Sei Nazioni dopo un’edizione positiva, con lo stesso apprezzatissimo allenatore – l’argentino Gonzalo Quesada – e una squadra in continuità rispetto al 2024, con il capitano Michele Lamaro – primo per placcaggi eseguiti nel Sei Nazioni 2024, in un’edizione in cui nessuno ha fatto più placcaggi dell’Italia. O come il talentuoso estremo italo-francese Ange Capuozzo o il tre quarti centro Tommaso Menoncello, eletto miglior giocatore della scorsa edizione.
Nell’autunno sono arrivate una brutta sconfitta con oltre 50 punti di differenza contro l’Argentina e una risicata vittoria contro la Georgia, una delle squadre che ogni tanto si ipotizza potrebbero ambire al posto dell’Italia del Sei Nazioni (senza avere tuttavia il traino turistico e l’appeal commerciale dell’Italia), ma in generale c’è moderato ottimismo su quanto potrà fare l’Italia. Moderato. Nel senso che nella sua presentazione del torneo il Guardian per esempio ha scritto: «i sussurri sull’Italia che migliora si fanno più rumorosi, anche se va detto che sussurri simili ci sono da tempo, spesso spenti da qualche umiliazione». In termini più pragmatici, sempre il Guardian ha aggiunto: «Gli scommettitori li danno ancora sesti, fosse anche solo per una questione di precedenti».
Guardare oltre la prima partita – l’Italia debutta sabato alle 15:15 in trasferta contro la Scozia – è difficile, e ancora di più lo è andare oltre il 2025. Certo è che potrebbe volerci molta pazienza: passò quasi mezzo secolo prima che nel 1955 la Francia vincesse il suo primo Cinque Nazioni.