• Sport
  • Giovedì 30 gennaio 2025

Le calciatrici contro la Supercoppa di Spagna in Arabia Saudita

La federazione spagnola vorrebbe portare lì anche il torneo femminile, ma in molte si oppongono per le violazioni dei diritti delle donne

Ona Batlle, Irene Paredes, Ewa Pajor
e Patri Guijarro, del Barcellona (Diego Souto/Getty Images)
Ona Batlle, Irene Paredes, Ewa Pajor e Patri Guijarro, del Barcellona (Diego Souto/Getty Images)
0 seconds of 0 secondsVolume 90%
Press shift question mark to access a list of keyboard shortcuts
00:00
00:00
00:00
 

In questi giorni in Spagna si sta discutendo molto sulle trattative in corso tra la federazione calcistica (RFEF) e l’Arabia Saudita per far giocare la Supercoppa di Spagna femminile nel paese, nei prossimi anni. La Supercoppa è un breve torneo in cui si affrontano le prime due classificate del precedente campionato e le due finaliste della precedente Coppa di Spagna; già da qualche anno quella maschile (come quella italiana) si tiene in Arabia Saudita, un paese con un regime autoritario nel quale sono fortemente limitate le libertà delle persone, soprattutto delle minoranze e delle donne.

È per questo che diverse calciatrici di squadre spagnole stanno cercando di opporsi all’organizzazione delle prossime edizioni del torneo in Arabia. Per esempio dopo la semifinale dell’ultima Supercoppa, giocata la scorsa settimana e vinta per la quarta volta consecutiva dal Barcellona (la miglior squadra del mondo, al momento), la centrocampista Patri Guijarro ha detto di non vedere come un’opzione «portare la Supercoppa fuori dalla Spagna e in un paese che non rispetta le donne». In Arabia Saudita le donne possono entrare negli stadi come spettatrici solamente dal 2018; durante l’ultima semifinale di Supercoppa spagnola maschile tra Real Madrid e Maiorca, alcune mogli e compagne dei calciatori hanno raccontato di aver subito aggressioni e molestie mentre uscivano dallo stadio.

La trequartista del Barcellona Alexia Putellas, due volte vincitrice del Pallone d’Oro, ha spiegato così la contraddizione dietro a questa scelta: «Se andiamo lì [in Arabia] è ovviamente per motivi economici. Se non ci andiamo, siamo condizionate dal non avere quei soldi, e così diventa difficile crescere e bisogna fronteggiare chi dice che “non produciamo niente”», cioè chi critica le difficili condizioni economiche delle calciatrici portando come argomento il fatto che il movimento non generi abbastanza introiti (e invece è più complesso di così).

Putellas ha detto anche di star cominciando a pensare che sia «solo una battaglia delle donne» quella contro il tentativo dell’Arabia Saudita di ripulirsi l’immagine ospitando eventi sportivi (su tutti, i Mondiali maschili di calcio del 2034). In effetti da anni l’Arabia e altri paesi della zona come il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti sono sempre più attivi nell’organizzazione di importanti competizioni di calcio, Formula 1, tennis, pugilato, ma dal mondo dello sport maschile non sono praticamente mai arrivate grosse critiche e opposizioni.

Alexia Putellas, 30 anni (David Ramos/Getty Images)

Tra le poche persone legate al calcio che si sono esposte contro questa crescente influenza ci sono le oltre cento calciatrici che due mesi fa hanno scritto una lettera al presidente della FIFA Gianni Infantino per contestare il grosso accordo di sponsorizzazione sottoscritto in aprile tra la federazione calcistica mondiale e Saudi Aramco, la compagnia petrolifera statale saudita. «L’annuncio da parte della FIFA di Saudi Aramco come suo partner principale ci ha riportate così indietro che è difficile accettarlo appieno», si leggeva.

Le calciatrici spagnole avevano già dimostrato di saper fare fronte comune un anno e mezzo fa, quando di fatto costrinsero l’allora presidente della federazione spagnola Luis Rubiales a dimettersi dopo che, durante i festeggiamenti per la vittoria dei Mondiali, aveva baciato senza consenso la giocatrice della Nazionale Jennifer Hermoso. In quell’occasione avevano anche rivendicato la necessità di più ampie riforme nel calcio femminile spagnolo.

Sul caso della Supercoppa, l’avvocata María José López, direttrice dei servizi all’associazione delle calciatrici spagnole (AFE), ha scritto sul quotidiano El País un commento nel quale analizza le possibilità delle calciatrici di opporsi alla Supercoppa in Arabia Saudita. Secondo López le giocatrici avrebbero ragioni giuridiche valide per boicottare il torneo e non rischiare di commettere inadempimenti contrattuali. Potrebbero in sostanza fare una sorta di obiezione di coscienza e decidere di non voler prender parte a un evento sportivo che, essendo organizzato in un paese illiberale, legittima di fatto la discriminazione di genere.

La federazione spagnola e il suo presidente Rafael Louzán hanno invece difeso l’idea di portare anche la Supercoppa femminile in Arabia Saudita (piuttosto redditizia per la RFEF) dicendo che in questo modo si promuove il calcio femminile e si aiuta il suo sviluppo nel paese.