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  • Mercoledì 29 gennaio 2025

Il comune di Roma riprova a togliere le “key box”

Inizierà un'operazione di un mese per rimuoverle in tutta la città, ma con metodi diversi rispetto al primo tentativo, che era stato annullato dalla procura

L'assessore al Turismo Alessandro Onorato durante le rimozioni delle "key lock" (Roma Capitale)
L'assessore al Turismo Alessandro Onorato durante le rimozioni delle "key lock" (Roma Capitale)
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L’assessore al Turismo del comune di Roma, Alessandro Onorato, ha detto che oggi, mercoledì 29 gennaio, inizierà in città un’estesa operazione per rimuovere le cosiddette key box: sono le cassettine per le chiavi usate dai gestori di alloggi turistici, per permettere ai clienti che hanno prenotato il soggiorno online di entrare direttamente nell’appartamento con un codice e senza incontrare il gestore. Il comune ci aveva già provato una volta, ma poi la procura non aveva convalidato il sequestro perché non ritenuto legittimo. Di questa nuova iniziativa ha scritto per prima l’edizione romana di Repubblica.

Nell’operazione saranno impiegati 15 operai e 20 vigili urbani per un mese, dal lunedì al venerdì, con l’incarico di rimuovere tutte le key box collocate sia all’esterno delle abitazioni private che negli spazi pubblici (a Roma sono posizionate un po’ ovunque, anche sui lampioni della luce o sulle panchine). Le key box sono diventate una sorta di simbolo del turismo di massa, e delle sue conseguenze negative che il fenomeno ha sulle città e chi ci vive.

Nell’altro tentativo, il comune aveva agito con un procedimento di tipo penale dopo la diffusione di una circolare del ministero dell’Interno che aveva reso obbligatorio per le strutture ricettive fare le procedure di check-in di persona. La circolare non aveva vietato le key box, le aveva semplicemente rese inutili: secondo la procura, per rimuoverle, il comune avrebbe prima dovuto verificare se i gestori dei vari alloggi fossero andati di persona a fare il check-in degli ospiti o meno, e quindi se avessero effettivamente agito in violazione dell’ordinanza.

Stavolta il comune ha individuato due procedure per rimuovere le key box che non ricadono nell’ambito penale, ma amministrativo, su cui quindi il comune ha facoltà di agire in maniera autonoma. Per quanto riguarda la rimozione delle key box dalle abitazioni private, il comune fa sapere che prima della rimozione si procederà con una multa, all’intero condominio nel caso in cui non sia possibile individuare il proprietario della key box, con l’ordine di rimuovere la cassetta. Nel caso in cui non proceda poi alla rimozione lo farà il comune.

Per poter procedere con multe e rimozioni ci sono alcuni requisiti: gli edifici in questione devono essere compresi nell’area UNESCO, l’agenzia delle Nazioni Unite che incentiva la protezione e la conservazione di luoghi significativi dal punto di vista storico, culturale e ambientale. Gran parte delle abitazioni private in cui vengono utilizzate le key box si trova in quest’area. Non solo: saranno oggetto di multa, e di successiva rimozione, se toccano fisicamente un qualsiasi punto identificabile come “spazio pubblico”, come un pezzo di muro o tubo che non fa parte del condominio.

In alcune aree specifiche, tra l’altro, gli edifici sono soggetti a un doppio vincolo: non solo quello dell’area UNESCO, che ha regole gestite a livello nazionale, ma anche quello della cosiddetta “carta della qualità”, un insieme di regole sulla gestione di spazi ed edifici di interesse culturale, architettonico o archeologico che fa capo invece alla Sovrintendenza Capitolina, l’ufficio comunale che si occupa della tutela di questi spazi.

Il comune fa sapere che in entrambi i casi per poter mettere le key box i proprietari delle case avrebbero dovuto inviare richieste alla Sovrintendenza sia nazionale che romana, a suo dire mai arrivate. Non è chiaro quante abitazioni siano.

Per quanto riguarda le key box negli spazi pubblici, il comune di Roma procederà invece direttamente alla loro rimozione, e farà leva su un altro strumento: il divieto di mettere lucchetti in giro per la città incluso nel Regolamento di Polizia urbana. Quel divieto era stato pensato per limitare i cosiddetti “lucchetti dell’amore”: le cataste di pesanti lucchetti di cui sono pieni alcuni ponti ed edifici storici romani, per via di una moda diffusa soprattutto negli anni Duemila in varie città europee.

– Leggi anche: Negli alloggi turistici non si potrà più fare il check-in a distanza