Il cambiamento climatico ha aumentato le probabilità di incendi disastrosi a Los Angeles
Lo dice un primo studio di attribuzione sulle condizioni meteorologiche che hanno contribuito alla diffusione di quelli di gennaio
![Un quartiere di Los Angeles distrutto da un incendio](https://static-prod.cdnilpost.com/wp-content/uploads/2025/01/29/1738132442-los_angeles_incendi.jpg)
Il cambiamento climatico ha aumentato le probabilità che a Los Angeles si sviluppino incendi come quelli che nelle ultime settimane hanno bruciato 151 chilometri quadrati della città, causando la morte di 29 persone e la distruzione di più di 16mila case. Lo dice uno studio preliminare di World Weather Attribution (WWA), una collaborazione internazionale di scienziati esperti di clima che quando si verifica un evento meteorologico estremo particolarmente disastroso cerca di rispondere in modo rapido alla domanda: “c’entra il cambiamento climatico?”.
Secondo lo studio, le condizioni che hanno favorito gli incendi sono diventate del 35 per cento più probabili nel clima attuale rispetto a quello pre-industriale, quando l’atmosfera terrestre era meno calda di 1,3 °C: oggi si verificano in media ogni 17 anni. Il riscaldamento globale avrebbe inoltre aumentato del 6 per cento l’intensità di queste condizioni, cresciuta in particolare negli ultimi decenni.
Nella zona di Los Angeles e in molte altre aree del sud della California gli incendi della vegetazione sono un fenomeno naturale che per alcune specie di piante sono necessari per la riproduzione, ma quelli che si sono verificati questo gennaio sono stati anomali sia per estensione e durata che per il periodo dell’anno in cui sono avvenuti. Gli incendi si sviluppano generalmente tra luglio e settembre, quando l’umidità dell’aria è più bassa, le temperature sono più alte e la vegetazione è più secca per la carenza di precipitazioni estive.
Storicamente è comunque accaduto che incendi molto distruttivi avvenissero in autunno o all’inizio dell’inverno a causa dei Santa Ana, dei venti secchi che tra ottobre e marzo arrivano dai deserti dell’entroterra, abbassando l’umidità e diffondendo le fiamme in caso di incendi. Ma l’inizio della stagione delle piogge tra ottobre e dicembre contrasta i possibili effetti dannosi dei Santa Ana.
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Una zona di Pacific Palisades dopo gli incendi, Los Angeles, 27 gennaio (AP Photo/Jae C. Hong)
Il problema è che attualmente nella California meridionale è in corso una siccità: non ci sono state precipitazioni significative da maggio dello scorso anno. Per questa stessa ragione la vegetazione è particolarmente secca, una condizione grazie a cui gli incendi si propagano più velocemente. Ed è una vegetazione secca molto abbondante perché nei due inverni precedenti a questo era piovuto molto, e quindi le piante erano cresciute parecchio.
Per indagare i possibili legami tra gli incendi di gennaio e il cambiamento climatico gli scienziati della WWA hanno innanzitutto utilizzato l’Indice meteorologico antincendio (FWI), che viene calcolato a partire da numerosi dati meteorologici per individuare le condizioni che rendono lo sviluppo di incendi più probabile. In otto di undici modelli climatici presi in considerazione, i valori dell’FWI per il mese di gennaio sono aumentati con l’incremento del riscaldamento globale. Questa tendenza, stando ai modelli, continuerà in futuro: se la temperatura media terrestre crescerà di altri 1,3 °C rispetto ai livelli pre-industriali (è l’aumento previsto entro il 2100, con le politiche climatiche in vigore) i valori più alti dell’FWI diventeranno più probabili di un altro 35 per cento.
Gli scienziati hanno anche cercato di verificare se le attuali condizioni di siccità nell’area di Los Angeles abbiano un legame con il cambiamento climatico, a partire dai dati storici sugli indici di precipitazione. Hanno concluso che nel clima attuale siccità analoghe a quella di quest’inverno dovrebbero avvenire una volta ogni vent’anni. Anche in questo caso la frequenza è aumentata rispetto al clima pre-industriale, quando l’umanità non diffondeva nell’atmosfera grandi quantità di gas a effetto serra. Inoltre la stagione secca si è allungata di circa 23 giorni rispetto alla metà dell’Ottocento: significa che il periodo dei venti di Santa Ana si è sovrapposto sempre di più alla stagione secca, quando è più facile che un incendio si diffonda.
Lo studio della WWA ha comunque un limite. Non è riuscito a stimare se le particolari condizioni atmosferiche dell’8 gennaio 2025, quando gli incendi sono cominciati, siano diventate più probabili col cambiamento climatico: per verificarlo sarebbero necessari degli studi più approfonditi.
Gli scienziati hanno poi sottolineato che il grado di distruzione causato da un incendio della vegetazione dipende non solo dalle condizioni meteorologiche, ma anche dalla gestione del territorio e dalle strategie utilizzate per spegnere gli incendi. Il Palisades Fire, uno dei due incendi più grossi delle ultime settimane, si è sviluppato in una zona dove il rischio di grossi danni da incendi era particolarmente alto. Ci sono regole rigide sulla distanza che deve essere mantenuta tra la vegetazione e le infrastrutture umane in queste zone: le indagini sugli incendi dovranno verificare se fossero state rispettate.
– Leggi anche: Quelli che lavorano per spegnere gli incendi di Los Angeles
La World Weather Attribution (WWA) fu creata nel 2015 da due climatologi, la tedesca Friederike Otto e l’olandese Geert Jan van Oldenborgh. Ci lavorano gratuitamente scienziati di diversi autorevoli enti di ricerca del mondo, tra cui l’Imperial College di Londra e l’Istituto meteorologico reale dei Paesi Bassi, che per questo studio hanno lavorato insieme a numerosi ricercatori dell’Università della California.
Indagare i rapporti tra il cambiamento climatico ed eventi meteorologici specifici è una cosa più complicata di quello che si potrebbe pensare. Per dare risposte in tempi brevi, cioè prima che il ciclo delle notizie sposti l’attenzione su altri argomenti d’attualità, gli studi della WWA sono pubblicati senza essere sottoposti al processo di revisione dei risultati da parte di altri scienziati competenti (peer review), che nella comunità scientifica garantisce il valore di una ricerca, ma che richiederebbe mesi o anni di attesa. Tuttavia i metodi usati dalla WWA sono stati certificati come scientificamente affidabili proprio da processi di peer review, e le decine di studi di attribuzione che ha realizzato finora sono poi state sottoposte alla stessa verifica e pubblicate su riviste scientifiche senza grosse modifiche.