Giorgia Meloni è indagata per la liberazione del capo della polizia giudiziaria libica

Insieme ai ministri Nordio e Piantedosi: l'ha comunicato lei in un video sui social network

(Simona Granati - Corbis/Corbis via Getty Images)
(Simona Granati - Corbis/Corbis via Getty Images)

Giorgia Meloni ha pubblicato sui suoi profili social un video in cui dice di essere indagata per la liberazione di Njeim Osama Elmasry, il capo della polizia giudiziaria libica. La liberazione era avvenuta la settimana scorsa con modalità molto irrituali.

Meloni ha detto che i reati ipotizzati sono favoreggiamento e peculato, e che sono indagati anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, e il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Nel video Meloni si è difesa in modo molto netto, facendo intendere che considera l’indagine un attacco politico. Meloni dice che «è possibile che [io] sia invisa a chi non vuole che l’Italia cambi e diventi migliore», e ripete più volte che ha ricevuto un «avviso di garanzia». In realtà l’Associazione Nazionale Magistrati, una specie di sindacato della categoria, ha precisato in un comunicato che quello ricevuto da Meloni non è propriamente un avviso di garanzia, ma un «atto dovuto» della procura.

Secondo la legge costituzionale numero 1 del 1989 il presidente del Consiglio e i ministri, per reati compiuti nell’esercizio delle loro funzioni, non sono indagati dalle procure della Repubblica ma da un particolare collegio di giudici, detto tribunale dei ministri, che esiste in ogni distretto di Corte d’Appello ed è composto da tre magistrati sorteggiati ogni due anni. Se una procura riceve una denuncia di questo genere la legge stabilisce che mandi gli atti al tribunale dei ministri «omessa ogni indagine», e che comunichi ai membri del governo interessati di averlo fatto. È questa comunicazione che Meloni ha ricevuto.

Dopodiché il tribunale dei ministri può archiviare l’indagine, oppure, se è un parlamentare, rimandare gli atti alla procura che a quel punto chiederà alla camera del parlamento competente l’autorizzazione a procedere contro la persona indagata. Se i ministri in questione appartengono a camere diverse, o non sono parlamentari, decide il Senato. Se appartengono a una sola camera decide la camera di competenza, anche se sono coinvolti ministri non parlamentari.

L’indagine della procura di Roma è nata da un esposto presentato da Luigi Li Gotti, avvocato con una carriera politica iniziata nella destra post fascista, come Meloni, poi proseguita nell’Italia dei Valori e nel centrosinistra (fra il 2006 e il 2008 fu sottosegretario alla Giustizia nel governo guidato da Romano Prodi).

Elmasry era stato arrestato una settimana fa in base a un mandato di arresto internazionale, ma era stato rilasciato poche ore dopo perché l’arresto non era stato convalidato da un giudice. Il governo italiano ha fatto rientrare Elmasry in Libia con un volo di stato, facendo molto arrabbiare la Corte penale internazionale che da anni indagava su di lui: l’accusa di peculato è motivata appunto con l’uso dell’aereo di stato. Il governo si è difeso dicendo che Elmasry era una persona pericolosa, ma diversi commentatori hanno fatto notare che è un importante leader di una milizia libica con cui il governo italiano ha consolidati rapporti. Ormai da anni l’Italia ha degli accordi con varie milizie libiche affinché fermino con la violenza i migranti che cercano di arrivare via mare in Italia.