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  • Domenica 26 gennaio 2025

Perché i palestinesi non possono ancora tornare nel nord della Striscia di Gaza

C'entra la mancata liberazione di Arbel Yehud da parte di Hamas, che secondo il governo israeliano avrebbe violato l'accordo per il cessate il fuoco

Sfollati palestinesi in attesa di poter tornare nel nord della Striscia di Gaza (AP Photo/Abdel Kareem Hana)
Sfollati palestinesi in attesa di poter tornare nel nord della Striscia di Gaza (AP Photo/Abdel Kareem Hana)
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Sabato moltissimi civili palestinesi sfollati durante la guerra di Israele nella Striscia di Gaza non sono potuti tornare nelle proprie case nel nord, al contrario di quanto previsto dall’accordo per il cessate il fuoco firmato dal governo israeliano e da Hamas.

In centinaia si erano radunati a sud del cosiddetto “corridoio di Netzarim”, una strada militarizzata costruita da Israele nei mesi scorsi che attraversa da ovest a est la Striscia a sud della città di Gaza, e divide quindi il sud dal nord della Striscia. Ma è stato impedito loro di attraversarlo, su decisione del governo israeliano, secondo cui Hamas non avrebbe rispettato gli accordi sul cessate il fuoco. Il ritorno nel nord della Striscia dei palestinesi sfollati doveva seguire la liberazione da parte di Hamas di alcune delle persone prese in ostaggio nell’attacco del 7 ottobre 2023: il 19 gennaio Hamas aveva liberato i primi tre ostaggi, tre giovani donne civili, e sabato mattina quattro soldate.

L’accordo per il cessate il fuoco prevedeva però che Hamas, prima di liberare le militari in ostaggio, liberasse tutte le donne civili. Quando venerdì Hamas ha presentato la lista delle persone che avrebbe liberato sabato, non c’era il nome di Arbel Yehud, una delle ultime donne civili israeliane ancora in ostaggio e ritenute vive. Il governo israeliano aveva detto che per questo la lista violava l’accordo sul cessate il fuoco, e Hamas, che aveva riconosciuto la violazione, aveva spiegato che c’erano state «complicazioni tecniche».

Queste complicazioni hanno a che fare col fatto che si presume che Yehud, che ha 29 anni ed era stata rapita il 7 ottobre nel kibbutz di Nir Oz, non sia in mano ad Hamas ma al Movimento per il Jihad Islamico in Palestina, il secondo gruppo armato palestinese più grande nella Striscia di Gaza dopo Hamas: fonti del Movimento per il Jihad Islamico hanno detto a CNN di credere che Yehud collaborasse con l’esercito israeliano ai programmi di ricerca aerospaziale – affermazione di cui non ci sono prove – e che quindi non sia da considerare un ostaggio civile, bensì militare.

Sabato il governo israeliano ha quindi accusato Hamas di non aver rispettato l’accordo sul cessate il fuoco e ha impedito ai civili palestinesi di spostarsi nel nord della Striscia: un membro di Hamas ha detto all’agenzia di stampa Reuters di aver informato i mediatori del cessate il fuoco che Yehud è viva e che sarà liberata sabato prossimo, e lo stesso ha detto un rappresentante di Hamas ad Al Jazeera; al momento però non ci sono stati comunicati ufficiali, né da parte di Hamas né del Movimento per il Jihad Islamico.

– Leggi anche: Hamas è già tornato?