Una risoluzione del Parlamento Europeo ha accostato i simboli di nazismo e comunismo sovietico, di nuovo
PD, AVS e M5S hanno votato contro un paragrafo che chiede di vietarli entrambi; anche la Lega si è opposta ma per motivi diversi

Giovedì durante la sessione plenaria del Parlamento Europeo è stata approvata una risoluzione che, tra le altre cose, mette sullo stesso piano i simboli del nazismo e dei regimi comunisti sovietici. Questo passaggio è stato criticato da alcuni europarlamentari italiani, e in diversi hanno votato contro o si sono astenuti.
L’oggetto della risoluzione era la disinformazione e la falsificazione della storia con cui la Russia giustifica l’invasione dell’Ucraina. Il passaggio problematico sta nel quattordicesimo paragrafo e dice che il Parlamento Europeo «deplora il continuo utilizzo negli spazi pubblici di simboli dei regimi totalitari e chiede di vietare, all’interno dell’Unione, l’uso dei simboli nazisti e comunisti sovietici, così come dei simboli dell’attuale aggressione russa contro l’Ucraina».
L’accostamento dei simboli di comunismo e nazismo ha portato i parlamentari del Partito Democratico (PD), dell’Alleanza Verdi e Sinistra (AVS) e del Movimento 5 Stelle (M5S) a votare contro questo specifico paragrafo (che poi è stato approvato lo stesso con 469 voti a favore, 104 contro e 23 astensioni). Al Parlamento Europeo le risoluzioni vengono votate punto per punto, poi c’è una votazione finale su tutto il testo, alla quale giovedì gli eurodeputati del PD non hanno partecipato (il testo è passato con 480 voti favorevoli, 58 contrari e 48 astensioni).
Secondo la prassi, ogni testo che viene votato in aula è prima concordato in commissione dai vari gruppi politici: è stato così anche per questa risoluzione. È comune che le divergenze politiche si concentrino sui singoli paragrafi, per ricomporsi nel voto finale con una maggioranza più ampia, salvo per i provvedimenti più controversi. Il paragrafo sui simboli era presente fin da subito nella proposta di testo comune messa ai voti: non è stata insomma un’imboscata dei gruppi di estrema destra, che in vari altri casi hanno invece presentato emendamenti più ideologici all’ultimo momento (accordandosi a volte con il Partito Popolare, il principale gruppo del Parlamento Europeo, di centrodestra).
Sul paragrafo il PD ha votato in dissenso con il suo gruppo, i Socialisti e Democratici (S&D), che è stato prevalentemente a favore anche sul testo generale. Una nota degli eurodeputati del PD ha detto che «non spetta al Parlamento riscrivere la storia dell’Europa e per questa ragione abbiamo deciso di non partecipare al voto su una iniziativa che è diventata strumentale». La vicepresidente del Parlamento Europeo, Pina Picierno (del PD), era assente per motivi di salute, ma ha detto che lei invece avrebbe votato come i suoi colleghi di S&D.
Gli eurodeputati italiani erano a favore del resto della risoluzione, che chiede ai paesi membri dell’Unione di contrastare meglio la disinformazione e le ingerenze russe, rafforzando le sanzioni ai media del regime che diffondono la propaganda di Putin e ne sostengono le intenzioni espansionistiche.
L’eurodeputata dei Verdi Benedetta Scuderi, che ha votato contro il paragrafo, spiega però che il problema era la «faziosità» della risoluzione, che cita genericamente i simboli senza spiegare quale intenda. «Un conto è il regime sovietico, un conto è l’ideologia politica comunista, che non è illegale e in un paese come l’Italia è stata molto forte. Chiaramente siamo tutti contro l’uso della svastica, ma dire di togliere anche falce e martello vuol dire cancellare un’intera pagina della politica, anche europea», dice Scuderi.
Sul quattordicesimo paragrafo, peraltro, ha votato contro anche la Lega (a differenza di Fratelli d’Italia e Forza Italia), per ragioni diverse da quelle di PD, AVS e M5S. In sostanza il partito si è detto contrario per principio a un divieto che limita la libertà di parola, a prescindere dai simboli coinvolti.
Nel 2019 ci fu un caso simile su un’altra risoluzione in occasione degli ottant’anni dall’inizio della Seconda guerra mondiale. Anche in quel caso era un testo congiunto, e ci fu una polemica politica più ampia in Italia perché all’epoca il PD votò a favore di un documento che equiparava in modo ancora più netto «omicidi di massa, genocidi e deportazioni» dei «regimi nazisti e comunisti». Il testo presentava anche il patto Molotov-Ribbentrop, l’accordo di non aggressione tra il Terzo Reich e l’Unione Sovietica, come una delle cause principali della guerra, una correlazione causa-effetto forzata dal punto di vista storico.