La produzione di petrolio e gas degli Stati Uniti è già ai massimi storici
Donald Trump ha dichiarato un'emergenza energetica nazionale, ma è un provvedimento soprattutto simbolico
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Tra le molte cose fatte subito dopo il suo insediamento, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato un’emergenza energetica nazionale con l’obiettivo di accelerare lo sviluppo di gasdotti, raffinerie e altre infrastrutture necessarie a produrre e distribuire gli idrocarburi. Secondo l’ordine esecutivo emesso da Trump, la produzione energetica degli Stati Uniti sarebbe «insufficiente» e questo rappresenterebbe «una minaccia inusuale e straordinaria» per l’economia, la sicurezza nazionale e la politica estera.
Gli Stati Uniti però sono già il primo paese al mondo per produzione di petrolio e gas naturale, e negli ultimi anni le estrazioni dei due combustibili sono costantemente aumentate. In particolare, dal 2008 la produzione di gas è sempre cresciuta, sia con presidenti Democratici (Barack Obama e Joe Biden) che con Trump, Repubblicano. Quella di petrolio ha rallentato solo tra il 2020 e il 2021 a causa della pandemia da coronavirus. «Non è chiaro quale sia l’emergenza», ha detto al New York Times Michael Gerrard, direttore del Sabin Center for Climate Change Law alla Columbia University di New York, definendo poi l’ordine esecutivo di Trump «più che altro performativo».
La grande crescita nella produzione statunitense di combustibili fossili dell’ultimo decennio è dovuta all’adozione di un’innovazione tecnologica, la fratturazione idraulica (fracking in inglese). La tecnica prevede di pompare sottoterra un fluido composto da acqua e alcuni additivi allo scopo di rompere gli strati di scisto, una roccia che può contenere gas naturale o petrolio. Questo metodo ha varie controindicazioni di impatto ambientale, perché può causare dei terremoti e inquinare le falde acquifere, ma ormai è largamente adottato negli Stati Uniti.
Una grande quantità di scisto ricco di idrocarburi si trova nel cosiddetto “Bacino Permiano”, tra Texas e New Mexico (nel sud), ma fino agli anni Duemila l’uso della fratturazione idraulica non era sostenibile economicamente e per questo non era stata sfruttata. Nel tempo è diventata meno costosa, grazie al progresso tecnologico.
È dal 2018 che gli Stati Uniti producono più petrolio greggio dell’Arabia Saudita e della Russia, gli altri due principali produttori. Lo scorso agosto è stato raggiunto l’attuale record mensile, 13,4 milioni di barili al giorno in media.
Per quanto riguarda il gas naturale gli Stati Uniti sono il primo produttore al mondo da più di un decennio: superarono la Russia, dove nel frattempo la produzione è rimasta più o meno costante, tra il 2009 e il 2010. Nel solo Bacino Permiano tra il 2014 e il 2024 la produzione di gas è aumentata di otto volte. Attualmente più del 75 per cento del gas prodotto negli Stati Uniti è ottenuto da rocce di scisto e sabbie compatte, un altro tipo di giacimento per cui è necessario usare il fracking.
La grande disponibilità di gas ha permesso agli Stati Uniti di beneficiare economicamente dalla guerra in corso in Ucraina: negli ultimi tre anni sono diventati uno dei principali fornitori di gas ai paesi europei, sostituendo la Russia, sottoposta a pesanti sanzioni economiche. Inoltre grazie alla crescita della disponibilità di gas le emissioni di gas serra degli stessi Stati Uniti sono diminuite negli ultimi anni. Il gas infatti ha in gran parte sostituito il carbone come fonte per la produzione di energia elettrica, il settore che impiega quasi la metà del gas estratto nel paese. Anche la combustione del gas causa emissioni (che sono la causa del cambiamento climatico), ma meno rispetto a quella del petrolio e soprattutto del carbone, la cui produzione statunitense è in calo dal 2008.
Lo scorso settembre Valerie Thomas, professoressa di ingegneria industriale del Georgia Institute of Technology, ha analizzato come le politiche degli ultimi governi statunitensi hanno influenzato la produzione di idrocarburi: «Trump può prendersi il merito di aver concesso più permessi per l’estrazione di petrolio e gas. L’amministrazione Biden ha stabilito molte regole per limitare le emissioni dovute ai combustibili fossili, ma ha anche rilasciato dei permessi per il petrolio e il gas e la produzione è aumentata nel suo mandato».
Biden infatti aveva introdotto delle misure per aumentare i costi per le centrali elettriche a carbone, limitare le concessioni future per l’estrazione di combustibili fossili e, al contempo, incentivare la produzione di energia elettrica attraverso pannelli fotovoltaici e pale eoliche. Trump è contrario alle auto elettriche e ai sussidi per l’uso delle fonti rinnovabili: subito dopo il suo insediamento ha sospeso tutti i permessi per la costruzione di nuovi impianti eolici.
In campagna elettorale ha anche promesso di dimezzare i costi dell’energia per i cittadini statunitensi, un tema su cui gli elettori sono molto sensibili soprattutto in seguito agli anni di alta inflazione e crisi energetica causata dalla guerra in Ucraina. È un obiettivo che gli esperti del settore ritengono improbabile da raggiungere, ma per Trump incentivare la produzione di gas e petrolio servirebbe proprio a questo.
L’anno scorso la produzione da scisto e da sabbie compatte è diminuita per la prima volta in più di vent’anni: non per problemi estrattivi, ma perché la diminuzione del prezzo del gas usato per l’energia elettrica aveva reso l’attività non particolarmente profittevole per le aziende petrolifere. Trump dice che aumentando la produzione i prezzi diminuiranno ulteriormente per i consumatori, ma senza dire che allo stesso tempo calerebbero ulteriormente i profitti per le aziende petrolifere perché ci sarebbe maggiore offerta.
Da sempre il prezzo del petrolio e del gas è legato anche al contesto economico e politico internazionale, oltre che al semplice rapporto tra domanda e offerta. Finora il prezzo minimo al barile con cui le aziende sono riuscite a ottenere profitti considerando i costi di estrazione è stato tra 45 e 50 dollari (equivalenti a 38-48 euro): attualmente si aggira intorno ai 75 dollari, un prezzo non storicamente alto, ma comunque ancora profittevole.
Dal punto di vista del gas poi il mercato non si è mai normalizzato dall’inizio della guerra in Ucraina: il prezzo del gas naturale è ormai strutturalmente più del doppio rispetto a prima della guerra, quando era ancora disponibile il gas russo a buon mercato per i consumatori occidentali. Dunque l’aumento della produzione di gas potrebbe essere comunque un buon affare per i produttori statunitensi, dato che difficilmente il prezzo scenderà sensibilmente nonostante l’aumento della produzione. Il prezzo del gas però resterebbe alto anche per i consumatori statunitensi, quelli che Trump vorrebbe favorire.