Amanda Knox è stata condannata in via definitiva per aver calunniato Patrick Lumumba
Lo aveva accusato dell'omicidio di Meredith Kercher nel 2007: si chiude così una vicenda giudiziaria durata 18 anni

La Corte di Cassazione, l’ultimo grado di giudizio nel sistema giuridico italiano, ha condannato in via definitiva Amanda Knox a tre anni di carcere per calunnie verso Patrick Lumumba, confermando la sentenza della Corte d’Appello. Knox aveva indicato alla polizia Lumumba come responsabile dell’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher nel 2007, omicidio per cui la stessa Knox era stata condannata e poi assolta in Cassazione. Lumumba aveva passato 14 giorni in carcerazione preventiva, ed era poi stato liberato in quanto totalmente estraneo ai fatti.
Knox in ogni caso non andrà in prigione, perché era già stata in carcerazione preventiva per quasi quattro anni, tra il 2007 e il 2011, quando era accusata dell’omicidio di Kercher (ha quindi già scontato la pena). Knox era già stata condannata in via definitiva per calunnia, ma la Corte di Cassazione aveva disposto un nuovo processo dopo che la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva condannato l’Italia per irregolarità nell’interrogatorio in cui Knox aveva accusato Lumumba. Questo era dunque il secondo processo in materia, e ormai l’ultimo a carico di Knox: mette fine a una lunga e tormentata vicenda giudiziaria durata 18 anni.
Knox, coinquilina di Kercher, indicò come responsabile Lumumba, al tempo suo datore di lavoro in un pub, durante un interrogatorio nella questura di Perugia il 6 novembre 2007, descritto successivamente da Knox come estremamente stressante. Nel 2019 la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva poi condannato l’Italia per le condizioni in cui Knox venne interrogata: non le venne detto che era indagata e non fu chiamato un avvocato; l’interprete che tradusse domande e risposte era una funzionaria della questura e non una professionista esterna accreditata alla polizia, come da protocollo. Knox sostenne anche di essere stata colpita con schiaffi alla testa perché riferisse alla polizia un nome.
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