L’ossessione di David Lynch per i suoni
Nei suoi film musiche e rumori avevano un'importanza narrativa centrale, paragonabile a quella della regia e dei dialoghi

Una delle caratteristiche più evidenti dei film e delle serie dirette dal regista statunitense David Lynch, morto giovedì a 78 anni, è la spiccata attenzione per le musiche e per i suoni, che nel suo cinema avevano un’importanza pari a quella dei movimenti di macchina, della scenografia e dei dialoghi. In un’intervista di qualche anno fa disse che dal suo punto di vista il suono rappresenta «il 50 per cento di un film», e che in molti casi l’immagine dovrebbe essergli subordinata.
Coerentemente a questa visione, Lynch supervisionò il comparto sonoro di tutti i suoi film, occupandosi di ogni minimo dettaglio in modo maniacale. Contribuì in vari modi a definirne le musiche, nella maggior parte dei casi collaborando con il compositore statunitense di origini italiane Angelo Badalamenti, che tra le altre cose realizzò la celebrata colonna sonora di Twin Peaks, una delle serie tv più importanti e influenti di sempre.
Che fosse il rumore di una scarica elettrostatica o quello di un grammofono che gira a vuoto, un giro di contrabbasso o il crescendo di una sezione di archi, quello che si sente nei film di Lynch è fondamentale nella costruzione della tensione come della distensione, dell’inquietudine come della commedia. Non voleva che i suoi film fossero capiti, bensì seguiti con l’intuito e con le emozioni: e per orientare – o disorientare – lo spettatore erano determinanti le sue scelte per quanto riguarda il suono.
Lynch era anche un selezionatore dal grande gusto: si occupava, da solo o con l’aiuto di altri produttori, di scegliere la musica di tutti i suoi film, e nel farlo riusciva quasi sempre a spiazzare gli spettatori con scelte controintuitive, sorprendenti e disturbanti. Un esempio tra i tantissimi è la scena di Strade perdute con “Rammstein”, la canzone più famosa dell’omonimo gruppo metal tedesco.
Lynch si occupò intensamente anche di rumorismo, ossia della creazione dei rumori ambientali da inserire nei film. Si distinse come uno dei massimi esperti in questo campo già dai tempi di Eraserhead (1977), il suo primo film, una stranissima storia in bianco e nero su una coppia che ha un figlio mostruoso e prova ad allevarlo, in mezzo a donne con inquietanti malformazioni che vivono in termosifoni e polli meccanici.
– Leggi anche: David Lynch non si può spiegare bene
Il comparto sonoro di Eraserhead è considerato ancora oggi un capolavoro per il modo in cui Lynch e Alan Splet, il sound designer che negli anni successivi avrebbe collaborato con lui in The Elephant Man, Dune e Velluto blu, ricrearono i rumori dell’industria pesante di Philadelphia (la città in cui Lynch viveva ai tempi) con mezzi piuttosto rudimentali. Ci riuscirono senza disporre dei budget delle grandi produzioni hollywoodiane, arrangiandosi con mezzi di fortuna.
Inoltre, in Eraserhead Lynch e Splet si divertirono a giocare sul confine tra suoni diegetici (ossia che provengono da una fonte sonora ben identificabile all’interno dell’inquadratura o della scena, come un giradischi o una radio) ed extradiegetici (quelli che sentono gli spettatori ma non i personaggi). Come ha scritto il montatore Jacob T. Swinney, le trovate sonore di Eraserhead resero il film «disorientante e abrasivo», spingendo gli spettatori a farsi alcune domande: «Di che suoni si tratta? Da dove provengono? I personaggi li sentono?».
Oltre a Splet, l’altro compositore che cambiò la carriera di Lynch fu Angelo Badalamenti. I due collaborarono per la prima volta insieme in Velluto blu (1986), film ambientato in una piccola città del North Carolina e incentrato sulla torbida storia scoperchiata dal ritrovamento di un orecchio in un campo. Su Pitchfork, Daniel Dylan Wray ha ricordato che inizialmente Lynch lo contattò perché voleva realizzare una canzone simile alla cover di “Song to the Siren”, un famoso brano di Tim Buckley, realizzata dal gruppo di rock alternativo britannico This Mortal Coil.
– Leggi anche: Una canzone di Angelo Badalamenti, scelta da Luca Sofri
Il budget che aveva a disposizione non era però sufficiente ad acquistare i diritti della canzone, e così Lynch e Badalamenti decisero di farsene una “in casa”: il risultato fu “Mysteries of Love”, scritta dal primo, composta dal secondo e cantata da Julee Cruise, ai tempi cantante emergente. «A volte, quando non ottieni ciò che vuoi, c’è una ragione: in quel caso ebbi la possibilità di conoscere Angelo [Badalamenti] in profondità», ha detto Lynch a Pitchfork.
Da quel momento in poi lui e Badalamenti inaugurarono uno dei rapporti di complicità artistica più importanti del cinema contemporaneo: lavorarono di nuovo insieme in Cuore selvaggio, Strade perdute e Mulholland Drive, considerata l’opera più importante di Lynch. A differenza di quanto accadeva in Eraserhead, in quest’ultimo film Lynch declinò la sua morbosità per il suono in senso opposto: se in quel caso le fonti di suono erano inafferrabili, in Mulholland Drive «ogni suono è perfettamente distinguibile e accuratamente misurato nell’intensità, nell’orientamento spaziale, e nella definizione timbrica», ha scritto il docente di semiotica dell’Università di Bologna Lucio Spaziante in un articolo dedicato al comparto sonoro del film.
Il punto più alto che raggiunsero, però, fu la collaborazione in Twin Peaks, la serie tv che Lynch realizzò con lo sceneggiatore Mark Frost a partire dall’idea del cadavere di una ragazza, Laura Palmer, scoperto sulla riva di un fiume di una tranquilla città in mezzo ai boschi dello stato di Washington. Andò in onda tra il 1990 e il 1991, e la sua colonna sonora, scritta da Badalamenti con importanti interventi di Lynch, contribuì in modo decisivo al successo della serie.
– Leggi anche: «Chi ha ucciso Laura Palmer?»
Le due note che si ascoltano all’inizio della serie, e che resero quel “dàn dàn” famoso in tutto il mondo, erano riprese da “Falling”, una canzone che Lynch e Badalamenti avevano scritto nel 1989 per Floating into the Night, l’album di debutto di Cruise. L’altra composizione più riuscita e ricordata è il “Laura Palmer’s Theme”: nonostante sia una melodia di pianoforte ormai leggendaria, nel documentario Secrets from Another Place: Creating Twin Peaks Badalamenti ha raccontato che fu scritta piuttosto in fretta nel 1989, due anni prima dell’uscita della serie.
Mentre era seduto davanti alla sua tastiera Fender Rhodes, Lynch gli diede alcune indicazioni: «Ok, Angelo, adesso siamo seduti in un bosco buio e c’è un lieve vento che soffia attraverso gli alberi di sicomoro. E c’è la luna e qualche verso di animale in sottofondo e senti il bubolato di un gufo», disse. A quel punto, Badalamenti si mise a suonare e scrisse tutta la composizione in una quindicina di minuti.
Lynch e Badalamenti sarebbero tornati a lavorare su Twin Peaks 26 anni dopo, per una terza stagione a sua volta molto apprezzata, anche se di minor successo. Fu l’ultimo, grande progetto diretto da Lynch, che anche in quel caso diede all’elemento sonoro una certa centralità. Decise di far concludere quasi tutti gli episodi con un’esibizione di una band nel Bang Bang Bar, che compare in diverse scene della serie: accanto a nomi più famosi, come Eddie Vedder e Nine Inch Nails, parteciparono anche musicisti e gruppi associati alla scena del rock sperimentale americano e quindi non propriamente mainstream, a cui Lynch diede un’importante occasione di visibilità: Chromatics, The Cactus Blossoms, Trouble (la band di suo figlio Riley), Rebekah Del Rio e Au Revoir Simone, tra gli altri.
Oltre a questo esperimento, per la terza stagione Lynch e Badalamenti scelsero di concentrarsi su una proposta più eterogenea. Da un lato riproposero parte della vecchia colonna sonora e riempirono le scene di suoni che omaggiavano l’approccio rumorista, industriale e misterioso di Eraserhead; dall’altro diedero ampio spazio a vecchie canzoni di musicisti e gruppi come ZZ Top e Dave Brubeck. Coinvolsero nel progetto anche il compositore polacco Krzysztof Penderecki, che tra le altre cose si occupò di dare un suono alla celebre scena dell’ottavo episodio che metteva in scena l’esperimento “Trinity”, nome in codice del test condotto nel New Mexico in cui fu fatta esplodere la prima bomba nucleare della storia.
Oltre a occuparsi della musica dei suoi film, a partire dagli anni Duemila Lynch pubblicò anche dischi a suo nome. Il primo fu, nel 2001, BlueBOB, un disco blues contaminato da generi più pesanti, come il metal e l’industrial, a cui seguirono Crazy Clown Time (2011), che ripropose più o meno la stessa formula, e The Big Dream (2009), più vicino all’avant rock. Nel 2018 pubblicò in collaborazione con Badalamenti Thought Gang, un disco di free jazz difficile, ma che ottenne ottime recensioni da parte delle riviste specializzate nella musica sperimentale e d’avanguardia.
Lynch si era dedicato alla musica anche poco prima della sua morte: lo scorso agosto aveva pubblicato Cellophane Memories insieme alla cantante texana Chrysta Bell, con cui aveva collaborato a più riprese nei 25 anni precedenti e che aveva interpretato Tammy Preston nella terza stagione di Twin Peaks. Il giornalista del Guardian Alastair Shuttleworth lo ha definito un album «di fantasmi», dato che per realizzarlo Lynch ha utilizzato delle vecchie registrazioni di Badalamenti che conservava nel suo studio di Los Angeles.
– Leggi anche: David Lynch ha fumato troppo