Israele ha rimandato a venerdì la decisione sul cessate il fuoco
Dopo aver parlato di una «crisi dell’ultimo minuto» sull'accordo con Hamas, e aver continuato a bombardare la Striscia di Gaza
Nella serata di giovedì fonti vicine al governo israeliano citate da diversi media hanno detto che la riunione per approvare l’accordo con Hamas per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza è stata rimandata a venerdì. Mercoledì sera l’accordo era stato dato per concluso da tutti i governi che partecipano alle trattative, compreso quello statunitense, e approvato dai negoziatori di Hamas e di Israele riuniti a Doha, in Qatar. Giovedì mattina però erano sorti dei problemi e l’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva detto che c’è stata una «crisi dell’ultimo minuto» perché Hamas avrebbe fatto delle richieste aggiuntive, che non erano previste nella versione dell’accordo approvata mercoledì.
Per questo il governo israeliano ha rimandato una riunione, prevista per giovedì mattina, durante la quale avrebbe dovuto approvare definitivamente l’accordo: cosa che se mercoledì era data per scontata, oggi potrebbe essere meno sicura. Il segretario di stato uscente degli Stati Uniti Antony Blinken ha confermato giovedì nel tardo pomeriggio che si aspetta che il cessate il fuoco comincerà domenica come da accordi.
Non è chiaro da dove vengano queste richieste di Hamas citate da Netanyahu. I negoziatori di Doha hanno detto che Hamas ha acconsentito al cessate il fuoco, e i rappresentanti del gruppo che si trovano in Qatar hanno negato di aver imposto nuove condizioni. Ma in generale c’è poca chiarezza sul processo di approvazione dell’accordo all’interno di Hamas: il gruppo ha vari centri di potere e la sua leadership è divisa tra persone fuori e dentro la Striscia di Gaza. Questi ultimi inoltre operano nei tunnel sotterranei, e sono molto difficili da raggiungere.
Mercoledì sera, dopo che era stata data notizia dell’accordo, a Gaza la popolazione civile ha festeggiato la futura fine dei combattimenti e dei bombardamenti israeliani, che in 15 mesi hanno provocato più di 46 mila morti, la maggior parte dei quali civili. Giovedì però Israele ha continuato a bombardare la Striscia: secondo le autorità palestinesi i bombardamenti hanno ucciso più di 80 persone da quando l’accordo è stato annunciato, mercoledì sera.
L’accordo prevede il rilascio graduale di tutte le persone detenute, a partire da 33 nella prima fase dell’accordo, che dovrebbe durare 42 giorni (questo chiaramente se i negoziati proseguiranno positivamente).
È possibile che le difficoltà nell’approvazione definitiva del cessate il fuoco siano soltanto temporanee: l’accordo è stato annunciato come definitivo praticamente in tutto il mondo, ed è stato accolto positivamente sia dagli alleati di Israele (come gli Stati Uniti) sia da quelli di Hamas (come l’Iran). Farlo fallire adesso sarebbe un grave problema per tutte le parti e con ogni probabilità provocherebbe proteste sia a Gaza sia in Israele. Sarebbe un problema soprattutto per i civili palestinesi, che da oltre un anno sono sottoposti a bombardamenti e attacchi, sono costretti a spostarsi continuamente da una parte all’altra della Striscia e vivono nella cronica carenza dei beni di prima necessità, a partire dal cibo e dalle medicine.