I video in cui le persone famose parlano delle loro cose preferite

Che siano girati in un armadio pieno di DVD o nel backstage di un concerto, sono un formato che funziona sui social (come tutte le liste)

Una foto della puntata di “Closet Picks” con Francis Ford Coppola, dal canale  YouTube di Criterion
Una foto della puntata di “Closet Picks” con Francis Ford Coppola, dal canale YouTube di Criterion
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Nel 2010 Criterion, un’azienda di New York che si occupa di realizzare versioni restaurate di film d’autore per poi venderle in edizioni da collezione, pubblicò su YouTube un video in cui il regista Guillermo del Toro sceglieva i suoi DVD e Blu-ray preferiti dal “closet”, l’archivio dei DVD e dei Blu-ray prodotti fino a quel momento. Il video ottenne centinaia di migliaia di visualizzazioni, un po’ per il genuino entusiasmo mostrato da del Toro, un po’ perché tantissimi appassionati erano curiosi di conoscere i gusti di un regista di fama internazionale. Visto il successo ottenuto dal video, Criterion decise di trasformare quell’idea in un format.

Inizialmente lo chiamò “DVD Picks”, ma oggi è conosciuto come “Closet Picks”: video di pochi minuti in cui registi, attori e altre figure legate al cinema vengono invitati nel “closet”, cioè nell’armadio, per raccontare i film a cui sono più legati; attualmente Criterion ne realizza circa 6 al mese. Negli ultimi 15 anni Criterion ha usato i “Closet Picks” per far conoscere l’azienda al maggior numero possibile di persone, coinvolgendo nei contenuti registi e attori come Bong Joon Ho, Willem Dafoe, Bill Hader e Paul Dano, solo per citarne alcuni.

Tra le puntate pubblicate recentemente c’è quella con Francis Ford Coppola, che ha scelto dal “closet” la filmografia del regista francese Jacques Tati, Balla, ragazza, balla di Dorothy Arzner, un cofanetto con tutti i film di Noël Coward e David Lean e anche un film da lui diretto, Rusty il selvaggio.

Anche se Criterion ha anticipato i tempi, da qualche anno testate e siti che si occupano a vario titolo di intrattenimento hanno creato dei format che riprendono il concetto dei “Closet Picks”. L’idea da cui partono è infatti la stessa: chiedere a persone famose (registi, attori, musicisti, ma non solo) di stilare una lista delle cose che preferiscono. A volte queste cose possono avere a che fare con l’ambito di riferimento della persona intervistata (i dischi per un musicista, i film per un regista o un attore, e così via); in altri casi si tratta invece di oggetti che non hanno a che fare con il lavoro.

Non è un formato nato coi social, ovviamente: le riviste specializzate hanno spesso chiesto la stessa cosa alle celebrità. Sight and Sound, la rivista del British Film Institute, chiede periodicamente ai registi i loro dieci film preferiti. Rimanendo sempre in ambito cinematografico, un esempio famoso della declinazione di questo formato sui social è quello dei “quattro film preferiti” di Letterboxd: video in cui i redattori del sito chiedono a bruciapelo a registi e attori famosi quali siano i loro 4 film preferiti, ossia la stessa domanda che Letterboxd fa a chiunque si iscriva.

Uno dei video più famosi della serie è quello con Nicolas Cage, anche perché si è dilungato parecchio a raccontare come mai i suoi film preferiti sono proprio quei quattro. Giulietta degli spiriti di Federico Fellini, perché lo vide proiettato da suo padre a cinque anni e rimase sbalordito dai colori; I 400 colpi di François Truffaut, visto anche questo quando era piccolo, senza riuscire poi a togliersi dalla testa la scena finale sulla spiaggia; 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, di nuovo visto da bambino, a 4 anni in un drive-in; e Quarto potere di Orson Welles, che pensa ancora sia il miglior film della storia oltre cinquant’anni dopo averlo visto per la prima volta.

La rivista musicale Pitchfork applica la stessa formula ai dischi nella serie “Pitchfork Perfect 10”: brevi video, girati spesso nei backstage dei concerti e pubblicati soprattutto su Instagram sotto forma di reel, in cui musicisti e gruppi famosi descrivono brevemente il loro album preferito, spiegando perché lo reputano un disco “da 10”, il massimo punteggio che la rivista attribuisce nelle sue recensioni.

Per esempio i Bright Eyes, un famoso gruppo di folk rock statunitense, hanno scelto Greetings from Asbury Park, N.J., l’album di esordio di Bruce Springsteen; per la cantante francese Christine and the Queens (nome d’arte di Héloïse Letissier) il disco perfetto è invece quello che contiene la colonna sonora di Blade Runner, uno dei film di fantascienza più famosi e influenti di sempre, composta dal polistrumentista greco Vangelis e pubblicata nel 1994, 12 anni dopo l’uscita del film.

Nella moda un esempio noto è quello di GQ, che nella serie “10 essentials” chiede alle persone che ospita di “svuotare la borsa” per mostrare i 10 oggetti che portano con sé in ogni occasione, quelli di cui non possono fare a meno. A volte questi video creano delle sensazioni stranianti: può capitare infatti che tra i dieci oggetti mostrati ce ne sia qualcuno poco incline all’immagine pubblica dell’intervistato di turno. Per esempio, qualche settimana fa il trapper Tony Effe, noto per la sua ostentata frivolezza, ha inserito tra i suoi “10 essentials” una copia di L’arte di essere felici, una famosa opera del filosofo tedesco Arthur Schopenhauer.

Un format estesamente utilizzato da siti e testate che si occupano di sport è invece quello dell’“11 ideale”. Anche in questo caso, l’idea alla base è semplice e intuitiva: si chiede a un ex calciatore di creare la sua formazione ideale, dandogli la possibilità di scegliere i migliori 10 calciatori con cui ha giocato.

Ci sono poi tante altre varianti, come quella in cui bisogna scegliere le squadre più forti di tutti i tempi, i calciatori più forti di tutti i tempi, i migliori undici calciatori della settimana e così via. Questi tipi di video sono partiti dal calcio, ma sono ormai stati estesi a quasi tutti gli sport, dalla pallacanestro al rugby.

Contenuti del genere funzionano per vari motivi: uno di questi è che si prestano piuttosto bene allo scrolling continuo su social come Instagram o TikTok. Un altro è che danno a chi li guarda la possibilità di farsi un’idea dei gusti o delle abitudini dei professionisti di un determinato settore, attraverso domande che fanno parte delle conversazioni di ogni giorno. Domande molto abusate come «che musica ascolti?», «qual è il tuo film preferito?», «chi è il calciatore più forte di sempre, secondo te?» e così via. Anche le risposte a queste domande sono piuttosto inflazionate: spesso le persone intervistate mettono le mani avanti dicendo che dare una risposta ragionata è impossibile, o che la lista dei propri film, dischi o calciatori preferiti non è immutabile, perché cambia di giorno in giorno.

Un altro aspetto da considerare è che i contenuti che hanno in qualche modo a che fare con liste o elenchi vanno notoriamente molto forte su internet. Freelancer, un sito che si occupa di marketing e di tutti gli aspetti dei lavori da freelance, ha scritto che gli articoli, i post o i video a tema “liste” sono piuttosto vantaggiosi da produrre, per tanti motivi.

Il primo è che sono semplici da leggere o guardare dall’inizio da fine, e quindi le persone che li iniziano in molti casi li finiscono. Inoltre, generano curiosità tra gli utenti e sono versatili: possono essere declinati in vari modi, dalle liste incentrate sulla qualità (“i dieci film più belli di sempre”), a quelle che provano a dare delle informazioni o a stimolare delle ricerche (“dieci serie tv da vedere a gennaio”). Infine, pur essendo facili e veloci da realizzare, sono spesso un’ottima fonte di traffico.

Per questi motivi, secondo Freelancer, i contenuti e i video a tema liste «sono molto simili al fast food: sono economici, il loro sapore è sopravvalutato e non fanno molto bene alla linea, ma si sgranocchiano comunque volentieri» Format come “Closet Picks”, “GQ 10 Essentials” o i “quattro film preferiti” di Letterboxd ricalcano in parte queste strutture, ma ne amplificano l’interesse coinvolgendo persone molto famose.

Secondo Peter Becker, il fondatore di Criterion, questi video hanno successo anche per un altro motivo: permettono di mostrare persone normalmente considerate inaccessibili in contesti diversi da quelli professionali o promozionali, creando un’atmosfera informale che li rende meno “irraggiungibili” agli occhi di chi li guarda. «L’idea era dimostrare che tutti sono ugualmente esperti dei propri gusti», ha detto Becker in un’intervista a GQ. Quindi, ha aggiunto, «volevamo che le persone capissero che non si deve essere per forza un professionista o una persona esperta di cinema per avere gusto, interesse o curiosità» verso il settore.

– Leggi anche: I quattro film preferiti di Letterboxd