Ora l’economia tedesca ha anche un problema con la carne
Nel Brandeburgo è stata scoperta una malattia molto infettiva che colpisce il bestiame, e diversi paesi hanno sospeso l'importazione di carni tedesche
In un allevamento della Germania, per la prima volta dal 1988, sono stati scoperti alcuni casi di afta epizootica, una malattia infettiva altamente contagiosa che colpisce i ruminanti e i suini (non si trasmette agli esseri umani). Le autorità federali e quelle locali del Brandeburgo, lo stato dove sono stati individuati i casi, hanno preso misure per contenerli e hanno detto che finora i test non ne hanno scoperti di nuovi. Come precauzione, però, diversi paesi hanno sospeso del tutto le importazioni dalla Germania di carne bovina, ovina e suina, oltre che di animali vivi: per primi Corea del Sud e Messico, martedì il Regno Unito.
Il provvedimento britannico in particolare è un grosso problema per la Germania, perché il Regno Unito è uno dei maggiori importatori di carne e derivati animali dal paese: per il territorio britannico la Germania è il terzo fornitore di carne suina e il secondo di prodotti caseari. Il danno economico legato alle esportazioni della carne – in un momento in cui l’economia tedesca è in grande difficoltà – potrebbe allargarsi: altri paesi stanno valutando di vietare temporaneamente le importazioni. La malattia è endemica in vari paesi di Asia e Africa, ma in Europa è stata debellata nei primi anni Duemila.
In realtà le esportazioni di carne tedesca al di fuori dell’Unione sono già bloccate. Anche solo una limitata presenza di casi, secondo le regole dell’Organizzazione mondiale della sanità animale (WOAH, nell’acronimo in lingua inglese), comporta che le autorità sanitarie tedesche non possano emettere uno dei certificati veterinari necessari per esportare fuori dall’Unione Europea. In pratica la Germania ha momentaneamente perso lo status di “paese senza afta epizootica”, cioè non può certificare l’assenza della malattia. La WOAH ha comunque riconosciuto la rapidità con cui la Germania le ha notificato il caso, offrendole la sua collaborazione.
Il primo caso è stato individuato il 10 gennaio in un bufalo d’acqua di un allevamento di Hönow nel Brandeburgo, lo stato che circonda ma non include Berlino, la capitale. A causa della malattia, in tutto sono morti tre bufali d’acqua. Mercoledì il ministero dell’Agricoltura tedesco Cem Özdemir ha comunicato che la situazione è sotto controllo. Özdemir però ha aggiunto che è ancora troppo presto per considerare il problema del tutto risolto.
Attorno all’allevamento a Hönow è stata disposta una specie di zona rossa: sono stati fatti test agli animali di fattorie e allevamenti in un raggio di tre chilometri, tra i quali non ci sono stati nuovi casi. Ne sono comunque state abbattute decine in via precauzionale, inclusa la mandria di 14 bufali dell’azienda agricola dov’è stato scoperto il caso. C’è poi una zona di monitoraggio con un raggio di dieci chilometri. Il governo statale ha inoltre disposto un divieto di spostare animali all’interno del Brandeburgo, che scade mercoledì ma verrà probabilmente rinnovato. Come misura precauzionale, sono stati chiusi gli zoo di Berlino.
Per ora la Commissione Europea non ha esteso questa zona rossa oltre il Brandeburgo: significa che le esportazioni di carne e prodotti caseari dal resto della Germania possono proseguire verso i paesi dell’Unione (mantenendo quindi la maggioranza delle sue esportazioni). Il governo italiano fa sapere che al momento non reputa necessarie misure particolari, e che è in contatto con il governo tedesco. Non risultano casi in altri paesi europei.
Il divieto del Regno Unito rimane assai problematico per il settore agricolo tedesco. Lo scorso anno la Germania ha esportato derivati animali nel Regno Unito per un valore di circa 1 miliardo di euro. Peter Hardwick, un consigliere dell’associazione di categoria dell’industria della lavorazione di carne britannica, ha detto al Financial Times che il divieto d’importazione dovrebbe essere allargato a tutto il bestiame europeo (cioè agli animali vivi): gli agricoltori britannici ormai da anni chiedono misure più restrittive nelle importazioni di carni europee.
Nella maggior parte dei casi l’afta epizootica (foot and mouth disease, in inglese) non è mortale per gli animali che la contraggono, anche se riduce la loro produzione di latte e il loro peso. Può trasmettersi dagli animali morti a quelli vivi ed è contagiosa per tutti gli ungulati (l’ordine animale che include bovini, ovini e suini, ma anche altri animali), anche quelli selvatici. Si chiama “afta” per il suo sintomo più visibile: bolle che si concentrano sulla bocca, gli zoccoli e le mammelle.
Negli anni Novanta la malattia è stata debellata in Europa grazie a massicce campagne di vaccinazioni. Da allora non sono più obbligatorie, e i nuovi casi sono stati rari. L’ultimo focolaio in un paese europeo è stato nel 2011 in Bulgaria, dove furono abbattuti oltre 1.300 animali, e ci vollero sei mesi per superare l’emergenza. Nel 2001 si verificò invece una grave epidemia nel Regno Unito: furono abbattuti 6,5 milioni di animali, per un danno economico di almeno tre miliardi di sterline (3,6 miliardi di euro).