Ad Auschwitz si potrà visitare la casa del protagonista della “Zona d’interesse”
È il film che racconta la vita ordinaria della famiglia del comandante del campo durante l'Olocausto
La scorsa estate Grazyna Jurczak, una vedova polacca di 62 anni, ha deciso di vendere all’organizzazione non governativa Counter Extremism Project la casa dove aveva vissuto per più di quarant’anni insieme a suo marito e ai suoi due figli. Fra le ragioni che l’avevano portata a venderla c’era anche quella che da qualche mese intorno alla villetta si aggiravano sempre più persone: erano visitatori del campo di concentramento di Auschwitz, distante pochi metri, e che avevano visto il film La zona d’interesse, diretto da Jonathan Glazer, uscito nel 2023 e ambientato proprio nella sua casa.
Dal 1941 al 1944 nella casa di Jurczak aveva infatti vissuto la famiglia di Rudolf Höss, ufficiale nazista e comandante del campo, cioè la figura protagonista del film (in cui è interpretato dall’attore tedesco Christian Friedel). La casa stessa è al centro del film, che racconta con uno stile documentaristico l’ordinaria quotidianità della famiglia Höss per mostrare come lo sterminio degli ebrei sia stato deciso dai dirigenti nazisti ma compiuto concretamente da persone molto più in basso nella catena decisionale. Con lo stesso obiettivo il Counter Extremism Project sta lavorando per aprire la casa al pubblico nell’ambito delle commemorazioni dell’80esimo anniversario della liberazione di Auschwitz da parte delle truppe dell’Armata Rossa, il 27 gennaio 1945.
Nell’arco di cinque anni nel complesso di campi di concentramento e sterminio di Auschwitz-Birkenau, nel sud della Polonia, furono uccisi più di un milione di uomini, donne e bambini considerati nemici del regime nazista di Adolf Hitler. Fra di loro c’erano soprattutto persone ebree ma anche prigionieri politici, persone con disabilità, omosessuali e rom. Höss è considerato uno dei principali ideatori di questo piano di sterminio, ma finora la sua casa era rimasta inaccessibile perché era di proprietà della famiglia del marito della signora Jurczak, che la acquistò dopo la fine della guerra.
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Parlando con il New York Times, che ha raccontato la storia questa settimana, la signora Jurczak ha detto che per lei è difficile conciliare i ricordi felici della sua vita con il passato della casa, dalle cui finestre del primo piano si vedono gli edifici del campo. Dopo aver visto il film, che è stato girato in una villetta poco distante, e l’arrivo dei visitatori, ignorare quel legame era diventato praticamente impossibile. «Dovevo andarmene da lì», ha detto Jurczak.
Il giornalista del New York Times che ha intervistato Jurczak ha aggiunto che mentre raccontava della sua vita nella casa si è improvvisamente fermata dicendo di aver «paura di sembrare la signora Höss», riferendosi a Hedwig Höss, moglie di Rudolf Höss, che secondo lei era «forse anche peggio di suo marito». Nella sua autobiografia Rudolf Höss ha sostenuto che sua moglie fosse all’oscuro di quello che accadeva nel campo, ma la cosa sembra piuttosto improbabile.
La famiglia di Höss faceva una vita piuttosto lussuosa e usava pellicce, gioielli e oggetti costosi confiscati alle persone ebree; dalla casa si potevano vedere diverse parti del campo, fra cui anche il comignolo di uno dei forni crematori; inoltre la famiglia sfruttava alcuni prigionieri per i lavori nella casa e nel giardino. Stanislaw Dubiel, un uomo polacco che aveva lavorato per loro come giardiniere, raccontò che Höss aveva «costruito una casa così spettacolare e attrezzata che la moglie aveva detto di volerci ‘vivere e morire’». Come mostrato anche nel film, Hedwig Höss rimase a vivere nella casa con i figli per un altro anno, dal 1943 al 1944, dopo che suo marito fu trasferito.
La zona d’interesse è stato universalmente acclamato e ha vinto nel 2024 il premio Oscar come miglior film straniero, proprio per il modo in cui è riuscito a raccontare la vita ordinaria e felice della famiglia Höss, che, esattamente come lo spettatore, conviveva piuttosto serenamente con ciò che stava avvenendo a pochi metri di distanza. Pur non vedendolo sentiva tutti i suoni che potevano arrivare a chi viveva accanto a un campo di concentramento: urla, spari di mitragliatrici, forni attivi, ordini urlati e cani che ringhiavano.
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L’idea del Counter Extremism Project, in collaborazione con la direzione del museo di Auschwitz-Birkenau e di altre organizzazioni polacche coinvolte, è quella di trasformare la villetta e una proprietà adiacente in un Centro di ricerca sull’odio, l’estremismo e la radicalizzazione di Auschwitz: la casa, le cui pareti esterne erano già protette dall’UNESCO, sarà visitabile al pubblico e verrà costruito un altro edificio parzialmente interrato nel giardino dove verranno create una sala riunioni e una biblioteca.
Tutte le persone coinvolte nel progetto hanno posto l’accento sul ruolo che la casa e il Centro potranno avere nel ricordare gli elementi di ordinarietà presenti nei racconti e nelle ricostruzioni delle vite degli ufficiali nazisti responsabili dell’Olocausto. Nell’idea di chi sta promuovendo il progetto soffermarsi su questa “banalità” non ha l’obiettivo di attenuare l’orrore e la gravità dei crimini nazisti, ma al contrario di sottolineare quante persone ordinarie fossero coinvolte nel progetto di sterminio di massa.
Jacek Purski, direttore dell’Istituto per la sicurezza sociale, un gruppo polacco contro l’estremismo e la polarizzazione politica coinvolto nel progetto, ha detto al New York Times che la casa può diventare un mezzo per contrastare la rinascita in molti paesi europei delle ideologie estremiste. «Una casa è una casa, ma è in case normali e poco interessanti come questa che oggi si manifesta l’estremismo», ha detto Purski al quotidiano.
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Anche Piotr Cywinski, storico polacco che dirige il Museo di Auschwitz-Birkenau dal 2006, si è detto d’accordo. Nella sua intervista ha definito l’estremismo «non una malattia mentale» ma «un metodo» che, in specifiche condizioni, può essere messo in atto da persone normali. Ha ricordato, come mostra anche La zona d’interesse, che Höss «era un padre meraviglioso per i suoi figli e, allo stesso tempo, il principale organizzatore degli omicidi più brutali della storia del mondo».
Cywinski ha detto di essere desideroso di collaborare con il Counter Extremism Project, che essendo un’organizzazione privata ha più spazio di manovra sui progetti che possano collegare il passato al presente rispetto al suo Museo, la cui funzione specifica è quella di ricordare i crimini dell’Olocausto.
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