Come si dovrebbe fare un inseguimento
Ci sono dei princìpi che vanno applicati in base alle situazioni, alcuni dei quali non sembrano essere stati rispettati nel caso di Ramy Elgaml
I nuovi video sul pericoloso inseguimento di Ramy Elgaml, il 19enne di origini egiziane morto a fine novembre a Milano mentre scappava dai carabinieri, hanno aperto un dibattito su cosa sia lecito fare per le forze dell’ordine in un’operazione di questo tipo. Stabilirlo in modo inequivocabile non è semplice nemmeno per chi lavora nel settore, perché sugli inseguimenti non esiste una legge con indicazioni precise: ci sono più che altro dei princìpi condivisi, che vengono man mano aggiornati anche sulla base dell’esperienza, e viene lasciato un margine di discrezionalità agli agenti che in situazioni di emergenza valutano caso per caso cosa fare.
Queste indicazioni sono contenute in linee guida messe a disposizione degli agenti, sia dei carabinieri che della polizia, e sono elaborate dal ministero dell’Interno. Non sono documenti pubblici, ma il Post ne ha ricostruito il contenuto parlando con fonti interne ai carabinieri e alla polizia. I princìpi più importanti sono gli stessi per tutte le fonti consultate e ribadite da diversi addetti ai lavori: per esempio non si può mai andare addosso ai veicoli inseguiti e in generale bisogna evitare qualsiasi contatto tra i mezzi, mantenendo in ogni momento un’adeguata distanza di sicurezza; non si possono fare sorpassi al veicolo inseguito né tagliargli la strada.
Dai video diffusi sull’inseguimento in cui è morto Ramy Elgaml sembra che almeno alcuni di questi princìpi non siano stati rispettati. A un certo punto una macchina dei carabinieri urta evidentemente lo scooter su cui era Elgaml, seduto dietro l’amico che guidava, e soprattutto poco prima dell’incidente un’altra macchina dei carabinieri e lo scooter sono vicinissimi, al punto che non si capisce in modo definitivo se ci sia un contatto o meno prima che entrambi finiscano sul marciapiede: quel che è certo è che lo scooter si scontra con un cartello stradale sul marciapiede e che nell’incidente Elgaml – che nel frattempo aveva perso il casco durante l’inseguimento – muore.
In generale, l’obiettivo di un inseguimento è far fermare il veicolo inseguito, ma anche farlo in condizioni di sicurezza, limitando il più possibile i rischi per l’incolumità sia degli agenti, sia della persona inseguita, sia di chiunque si trovi sul percorso. Ogni inseguimento però è diverso da un altro, e mettere in pratica queste regole di base può significare dover compiere azioni diverse a seconda dei contesti. Gli agenti frequentano periodicamente corsi di tecniche operative su varie situazioni specifiche, compresi gli inseguimenti. Servono a stabilire delle consuetudini per agevolare almeno in parte i momenti in cui bisogna prendere decisioni immediate in situazioni di estrema concitazione e adrenalina, in cui possono entrare in gioco fattori diversi dalle semplici indicazioni ricevute.
Tra le istruzioni più importanti c’è quella di chiedere rinforzi e mantenere un contatto costante con la propria centrale operativa, quella che coordina tutto l’inseguimento: l’idea è che con più automobili a disposizione si possa riuscire a far fermare un veicolo in meno tempo e senza incidenti, per esempio raggiungendolo contemporaneamente da più punti, in maniera da circondarlo e costringerlo a fermarsi. Un’altra tecnica è muoversi in maniera coordinata per creare intenzionalmente concentrazioni di traffico che possano costringere il veicolo inseguito a rallentare.
Le auto impiegate nell’inseguimento di Elgaml sono tre, negli ultimi video diffusi si vedono le immagini girate dalla dash cam (la telecamera montata sull’auto) di una sola, dietro allo scooter, e si vede almeno un’auto davanti che probabilmente cerca di rallentare lo scooter in fuga.
La cosa che più va evitata è il cosiddetto speronamento, cioè urtare volontariamente un veicolo con la parte frontale della propria automobile. Va evitato per due ragioni: quella più importante è che aumenta le probabilità di un incidente, e quindi di mettere a rischio l’incolumità delle persone coinvolte; quella secondaria è che può provocare danni all’automobile di servizio, che in molti casi devono essere ripagati dagli agenti stessi. «Non speronare il veicolo inseguito è prima di tutto una questione di buon senso», dice Massimiliano Zetti, segretario generale del Nuovo Sindacato Carabinieri (NSC).
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Durante l’inseguimento di Elgaml, il contatto certo tra l’auto dei carabinieri e lo scooter avviene dopo una curva, mentre entrambi i veicoli imboccano la stessa strada. Lo scooter vacilla ma poi riprende velocità e prosegue. Le indagini dovranno chiarire se l’urto sia stato causato intenzionalmente. Nel video si sente anche la registrazione degli agenti nell’auto, che dopo la collisione urlano: «Vaffanculo, non è caduto!».
Lo schianto sul marciapiede invece è ripreso da una telecamera di sicurezza e quindi le immagini sono meno chiare: si vedono una delle auto dei carabinieri impiegate nell’inseguimento e lo scooter vicinissimi, un fatto che anche in assenza di contatto potrebbe essere interpretato come un comportamento scorretto da parte degli agenti. Anche qui le indagini dovranno stabilire quanto il comportamento dell’auto abbia influito sullo schianto dello scooter.
Nell’inchiesta sono indagati tre carabinieri. Uno era quello che guidava l’auto dietro allo scooter prima dello schianto. Altri due sono indagati per falso in atto pubblico e depistaggio, con l’accusa di aver omesso dal verbale d’arresto l’impatto tra l’auto dei carabinieri e il motorino, e di aver fatto cancellare un video girato da un passante che dice di aver filmato l’incidente.
Le linee guida per gli inseguimenti indicano anche che si deve evitare di tagliare la strada al mezzo inseguito, o di cercare di superarlo con questo obiettivo: idealmente il veicolo va tenuto sempre a vista, mantenendo una distanza di sicurezza per evitare incidenti nel caso di frenate improvvise, e bisognerebbe gestire l’intervento per portarlo a fermarsi da solo.
Le registrazioni dei video sull’inseguimento di Elgaml invece sembrano far emergere un tentativo di fermare lo scooter grazie a una collisione, anche se naturalmente non si può dire con certezza che quello fosse l’obiettivo: si sente però imprecare più volte perché Elgaml e Bouzidi non cadono a terra, e un agente urlare «chiudilo, chiudilo che cade!», non si capisce bene a chi, mentre lo scooter supera le auto in modo molto spericolato. Quando lo scooter supera un’auto senza cadere, si sente un agente urlare: «Nooo, non è caduto!».
Alcuni addetti ai lavori sentiti per questo articolo sostengono che le frasi possano essere state decontestualizzate e che non siano necessariamente dimostrazione di un intento doloso degli agenti che inseguivano, ma che possano essere il risultato di una situazione molto concitata e adrenalinica. La frase in cui l’agente chiede di “chiudere” lo scooter, per esempio, non sembra essere rivolta a un collega (davanti non c’è un’altra auto dei carabinieri), e potrebbe essere quindi l’auspicio che qualcuno si metta in mezzo (per quanto spiacevole), più che una richiesta di tagliargli la strada.
Nelle linee guida non ci sono indicazioni esplicite su eventuali differenze tra un inseguimento di un’auto e quello di uno scooter, ma è evidente che le differenze tra i mezzi vadano tenute in conto dagli agenti e che chi guida uno scooter rischi di più la propria incolumità: è una premura che viene insegnata nei corsi di aggiornamento sulle tecniche operative.
Nel caso di Elgaml i generici criteri di prudenza e cautela erano ancora più importanti per via del fatto che lui a un certo punto perde il casco, e gli agenti lo sapevano: in uno dei video si vede il casco che cade e si sente un agente che dice: «Ha perso il casco!». L’inseguimento continua come prima, con l’automobile che poco dopo imbocca a tutta velocità una strada contromano, in una zona centrale di Milano vicino alla clinica Mangiagalli, per cercare di anticipare lo scooter nel suo percorso. Chi si occupa di inseguimenti dice che quando si notano situazioni di evidente pericolo per l’incolumità di qualcuno si può anche fermare l’inseguimento, e che non è raro farlo.
In generale, negli inseguimenti come nella gestione dell’ordine pubblico, a determinare la responsabilità con cui gli agenti operano è anche la proporzionalità tra le loro azioni e il presunto pericolo rappresentato dalle persone con cui interagiscono. Nel caso di Milano, oltre alle eventuali responsabilità degli agenti per la morte di Elgaml, un altro aspetto molto discusso ha riguardato l’opportunità di inseguire ad alta velocità e per diversi chilometri, nel centro della città, uno scooter con a bordo un 19enne e un 22enne che non si erano fermati a un controllo.
Anche in questo caso non ci sono regole molto definite: in Italia un inseguimento può cominciare perché le forze dell’ordine hanno dato comunicazione di fermarsi a qualcuno che non lo ha fatto, come nel caso di Milano, oppure dopo che è già stato commesso un reato, per esempio se viene segnalata una fuga dopo una rapina. Tendenzialmente è sempre considerato opportuno inseguire qualcuno che non si ferma a un controllo, perché potrebbe aver compiuto reati gravi ed essere una persona pericolosa (il fatto stesso non di non fermarsi a un controllo può essere interpretato come un atto di resistenza a pubblico ufficiale, anche se su questo non ci sono interpretazioni univoche). Ci sono però anche casi in cui, una volta raggiunta la persona inseguita, si scopre che il motivo della fuga era futile.
Ci sono paesi che prevedono criteri molto rigidi su quando sia possibile fare un inseguimento e quando no. Negli Stati Uniti, per esempio, ci sono stati che hanno introdotto le cosiddette no chase laws, cioè leggi sul “non inseguimento”, in base alle quali per esempio si può iniziare a inseguire una persona solo se si sospetta sia stata coinvolta in un reato grave. Ci sono poi criteri più rigidi sull’opportunità di iniziare un inseguimento se la persona sospettata è a bordo di un veicolo a due ruote (ma sono due sistemi diversi e difficili da paragonare).
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