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  • Venerdì 10 gennaio 2025

I comuni con meno di mille abitanti avranno meno soldi nel 2025

La legge di bilancio ha quasi azzerato un contributo che serviva per interventi di efficientamento energetico, tra le altre cose

Una veduta di Livemmo, frazione di Pertica Alta, un comune di 553 abitanti in provincia di Brescia (Elisabetta Tonoli, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons)
Una veduta di Livemmo, frazione di Pertica Alta, un comune di 553 abitanti in provincia di Brescia (Elisabetta Tonoli, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons)
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Nel 2025 i comuni con meno di mille abitanti avranno meno soldi da spendere per interventi come l’efficientamento energetico dell’illuminazione pubblica e la messa in sicurezza di scuole e altri edifici pubblici. La legge di bilancio per il 2025, il più importante provvedimento di programmazione economica approvato a fine dicembre, ha infatti sostanzialmente azzerato un contributo per gli investimenti di circa 58mila euro all’anno introdotto nel 2019 da un decreto-legge del primo governo di Giuseppe Conte.

Andrea Ferri, vicedirettore dell’Istituto per la finanza e l’economia locale (IFEL), spiega che fino al 2024 la legge del 2019 prevedeva un contributo di più di 80mila euro all’anno per ogni comune con meno di 1.000 abitanti, poi diminuiti a circa 58mila. «Sono cifre importanti, specie per i comuni più poveri delle cosiddette aree interne, lontani dalle zone turistiche», dice Ferri. IFEL e ANCI, l’Associazione nazionale dei comuni d’Italia, hanno riportato il dettaglio della riduzione dei fondi per gli investimenti dei comuni stabilita dalla legge di bilancio in una nota pubblicata a fine dicembre.

In Italia i comuni con meno di mille abitanti sono 2.020, oltre il 25 per cento dei 7.900 comuni italiani. La legge del 2019 prevedeva contributi ai comuni per investimenti dedicati a interventi di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile con importi diversi in base al numero di abitanti. Per i 5.525 comuni con meno di 5.000 abitanti, cioè circa il 70 per cento dei comuni italiani, era previsto un contributo di 50mila euro all’anno. Ferri spiega che questa misura era poi stata assorbita da un’altra legge (la 160 del 2019, la legge di bilancio per il 2020) e da una missione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) sotto forma di contributi per le “piccole opere”, erogati fino al 2024. In aggiunta, per i comuni con meno di mille abitanti era stato previsto un contributo ulteriore. La legge di bilancio ha stabilito una riduzione quasi totale della spesa che prevedeva questo ulteriore finanziamento.

La legge di bilancio ha previsto altri finanziamenti per i piccoli comuni, come il sostegno economico ai comuni con meno di mille abitanti che hanno deliberato il dissesto finanziario e un fondo per rafforzare i servizi sociali sempre per i comuni in difficoltà finanziaria. Sono risorse però che non compensano l’abolizione del contributo di quasi 60mila euro.

Per il presidente dell’Unione nazionale comuni comunità enti montani (UNCEM), Marco Bussone, la decisione avrà un impatto negativo su un complesso di comuni già molto fragile e frammentato. Per Bussone sarebbe urgente promuovere una riforma che realizzi più unioni di comuni, cioè forme di associazione tra comuni confinanti che mantengono una certa autonomia (le amministrazioni non vengono fuse tra loro) ma condividono la gestione di alcune funzioni e servizi. Le unioni di comuni, dice Bussone, permetterebbero di ottimizzare la gestione delle risorse, che sono scarse, agevolando il lavoro delle amministrazioni e aumentando di conseguenza l’efficacia degli investimenti e dei servizi per la popolazione. «Per quanto riguarda i servizi è ormai imprescindibile l’aiuto dei comuni più grandi: i comuni periferici devono essere aiutati», aggiunge Bussone.

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Da anni si discute di come risolvere i problemi dei piccoli comuni. Il governo italiano introdusse i primi incentivi economici per le fusioni di comuni negli anni Novanta e nel tempo sono state varate diverse misure per favorire i processi di unione e fusione di comuni. L’assegnazione dei contributi ai piccoli comuni è inoltre complessa, perché deve tenere conto di molti indicatori che valutano le difficoltà di un territorio e del fatto che spesso le risorse non bastano a coprire le necessità di tutti. Lo si era visto per esempio nel 2022 quando erano stati assegnati i fondi ai comuni con meno di 15mila abitanti per progetti di “rigenerazione urbana”. Per affrontare la mancanza di risorse, che causa una diminuzione dei servizi e dunque favorisce la tendenza allo spopolamento nella maggior parte delle cosiddette aree interne italiane, alcuni comuni si sono inventati soluzioni nuove, come hanno fatto nelle valli piemontesi con i trasporti pubblici.

Alcuni sindaci di piccoli comuni del Piemonte, come San Martino Canavese e Azzano d’Asti, hanno spiegato al Corriere Torino che senza questi fondi saranno molto in difficoltà. Il sindaco di Bobbio Pellice (Torino) Mauro Vignola ha detto di avere usato quei soldi in passato per acquistare e installare pannelli fotovoltaici su edifici pubblici e riparare gli infissi, e che puntava a usarli ora per isolare il tetto della scuola. Vignola ha aggiunto che dovrà aumentare l’IMU, l’imposta sulle proprietà immobiliari, sulla seconda casa per compensare. Ferri, il vicedirettore di IFEL, fa sapere che IFEL e ANCI proveranno a ridiscutere la misura con il governo.

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