Il ritorno a casa di Cecilia Sala
La giornalista italiana è molto provata ma in buone condizioni, dopo le tre settimane di detenzione dura in Iran
La sera di mercoledì 8 gennaio la giornalista italiana Cecilia Sala è tornata a casa sua a Roma: nel pomeriggio, intorno alle 16:15, era atterrata all’aeroporto romano di Ciampino con un aereo partito da Teheran, in Iran, dove era stata arrestata il 19 dicembre e detenuta per tre settimane in condizioni molto dure nella prigione di Evin. Fuori da casa sua c’erano ad aspettarla molti giornalisti e telecamere, a cui dopo essere scesa dalla macchina ha detto brevemente: «Ringrazio tutti, ringrazio il governo e quelli che mi hanno tirato fuori».
Giovedì mattina Sala ha postato sui suoi profili social una delle prime foto che le sono state scattate dopo che è scesa dall’aereo, quella in cui abbraccia il suo compagno Daniele Raineri, giornalista del Post. «Ho la fotografia più bella della mia vita, il cuore pieno di gratitudine, in testa quelli che alzando lo sguardo non possono ancora vedere il cielo», ha scritto Sala. «Non ho mai pensato, in questi 21 giorni, che sarei stata a casa oggi. Grazie».
È una delle poche cose che ha detto pubblicamente da quando è arrivata: tra le prime c’era stata una breve frase nel podcast quotidiano che cura per Chora Media, Stories (e che in questi giorni veniva registrato da altri suoi colleghi): «Ciao, sono tornata».
Sala sta bene ma è molto provata. A Ciampino ad accoglierla c’erano tra gli altri il suo compagno Daniele Raineri, i genitori, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, il ministro degli Esteri Antonio Tajani e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Con quest’ultima Sala ha parlato brevemente dopo essere atterrata, ringraziandola molto e scusandosi per il suo eloquio, che percepiva essere impacciato: «Scusate ma è tanto che non metto così tante frasi una di seguito all’altra», ha detto.
Poi ha chiesto cosa dovesse fare e le è stato spiegato che per procedura avrebbe dovuto essere interrogata da alcuni agenti del Raggruppamento operativo speciale (ROS) dei Carabinieri, l’unità speciale che si occupa di sicurezza e terrorismo, per descrivere quello che le è successo. Prima di parlare con loro ha chiesto se potesse fumare una sigaretta, cosa che ha fatto fuori dall’hangar di Ciampino dove era stata accolta.
Sala ha 29 anni e lavora per Chora media e per il Foglio. Era stata arrestata il 19 dicembre nell’albergo in cui alloggiava a Teheran, dove era andata per lavorare con un regolare visto giornalistico. Ufficialmente le autorità iraniane non l’hanno accusata di nessun reato, hanno solo detto che era stata arrestata per «aver violato le leggi della Repubblica islamica».
Nella prigione di Evin, dove vengono detenuti oppositori politici e cittadini stranieri, ha dormito per molti giorni per terra, in isolamento in una cella con la luce sempre accesa e con pochissime possibilità di comunicare con l’esterno. Solo da martedì 7 gennaio le sue condizioni di detenzione erano migliorate: era stata portata in una cella più grande, con un’altra detenuta che non parlava inglese, ma con cui Sala ha detto di essere un po’ riuscita a comunicare a gesti, indicando oggetti nella stanza («lei ne diceva il nome in farsi e io in inglese», ha detto).
Le hanno portato gli occhiali da vista, che fino a quel momento le erano stati negati, e un libro, Kafka sulla spiaggia dello scrittore giapponese Haruki Murakami. In una telefonata col suo compagno Daniele Raineri, Sala aveva detto: «compralo anche tu, così lo leggiamo insieme, a distanza».
Mercoledì sera Giorgia Meloni ha parlato al Tg1: «Cecilia Sala è tornata a casa. È una bella giornata, una vittoria di tutti della nazione nel suo complesso».