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  • Giovedì 9 gennaio 2025

Le azioni legali contro i soldati israeliani che vanno all’estero

Alcune associazioni li denunciano per crimini di guerra nei paesi in cui vanno in vacanza, basandosi su quello che i soldati stessi pubblicano sui propri profili social

Un gruppo di ragazze in abiti militari al centro della foto si fa un selfie, dietro di loro un cumulo di palazzi in rovina
Militari israeliane si fanno un selfie al confine con la Striscia di Gaza a febbraio del 2024 (AP Photo/Tsafrir Abayov)
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Lo scorso weekend il 21enne israeliano Yuval V. si trovava in vacanza in Brasile con un suo amico quando il consolato israeliano lo ha avvertito dell’esistenza di un mandato di arresto nei suoi confronti. Yuval V. è un riservista dell’esercito israeliano e negli scorsi mesi aveva preso parte all’invasione della Striscia di Gaza, in cui sono stati uccisi almeno 46mila palestinesi.

Un tribunale federale brasiliano aveva ordinato alla polizia di aprire un’indagine per stabilire se in quel contesto Yuval V. avesse commesso dei crimini di guerra, questione che si stanno ponendo ormai da mesi esperti di diritto internazionale e vari tribunali. Domenica il ministero degli Esteri israeliano ha spiegato di avere aiutato Yuval V. a lasciare il paese prima che le autorità brasiliane potessero effettivamente cercare di trattenerlo.

Il tribunale ha agito dopo una denuncia presentata la settimana prima dalla Hind Rajab Foundation, una delle organizzazioni che negli ultimi mesi si sono date l’obiettivo di perseguire legalmente soldati israeliani che negli ultimi mesi hanno combattuto nella Striscia di Gaza e in Libano e che quindi secondo alcune interpretazioni potrebbero aver compiuto dei crimini di guerra. In Israele il caso di Yuval V. ha aperto un notevole dibattito pubblico, dato che negli ultimi tempi ci sono stati vari episodi del genere.

Non è chiaro quante siano le cause aperte al momento contro soldati israeliani che hanno combattuto nella Striscia di Gaza e in Libano. All’inizio di dicembre Ynet, uno dei principali siti di news israeliani, aveva scritto che l’esercito aveva avvertito circa 30 soldati e ufficiali che avevano combattuto nella Striscia di Gaza di evitare di viaggiare all’estero per via di azioni legali aperte nei loro confronti. A otto soldati che già si trovavano all’estero è stato detto di tornare immediatamente in Israele.

Domenica il ministero degli Esteri ha detto di essere a conoscenza di almeno 12 casi di denunce: oltre che in Brasile il ministero sostiene di averne rilevate alcune in Sri Lanka, Thailandia, Belgio, Paesi Bassi, Serbia, Irlanda e Cipro. Molte sono però state formulate solo recentemente ed è possibile che nei prossimi mesi aumenteranno, anche sulla base della decisione del tribunale brasiliano. Per questo motivo lunedì la commissione per gli Affari Esteri e la Difesa della Knesset, il parlamento israeliano, ha convocato una riunione d’emergenza per discutere «la protezione dei soldati israeliani dai procedimenti giudiziari all’estero».

Soldati israeliani prendono posizione mentre entrano nella sede dell’UNRWA, a Gaza, l’8 febbraio 2024 (AP Photo/Ariel Schalit)

La Hind Rajab Foundation ha sede in Belgio e prende il nome da una bambina palestinese di 6 anni uccisa nella Striscia a gennaio del 2024. Non denuncia tutti i soldati israeliani indistintamente, ma si concentra su quelli che ritiene abbiano compiuto delle azioni al di fuori di quelle permesse nei conflitti armati dal diritto internazionale.

L’organizzazione è stata criticata per i suoi metodi, dato che prima di sporgere denuncia formalmente pubblica online le foto e i nomi completi dei soldati che accusa. Inoltre uno dei suoi fondatori, l’attivista libanese Dyab Abou Jahjah, ha definito i militanti di Hamas che hanno partecipato all’attacco del 7 ottobre 2023 contro Israele dei «combattenti della resistenza». Nel 2003, in un’intervista con il New York Times, aveva detto che quando aveva 19 anni, nel 1991, aveva ricevuto «addestramento militare» da parte di Hezbollah, prima di lasciarlo e trasferirsi in Belgio, dove tuttora vive.

Le cause di questo tipo sono comunque portate avanti da moltissime associazioni, fra cui anche la Federazione Internazionale per i Diritti Umani (FIDH), un’importante organizzazione non governativa internazionale fondata in Francia nel 1922. Le cause si sono moltiplicate da quando a novembre la Corte Penale Internazionale (ICC) ha emesso un mandato d’arresto per crimini di guerra e crimini contro l’umanità nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, proprio per via delle decisioni prese in questi mesi durante l’invasione della Striscia.

Le organizzazioni non sporgono queste denunce a Israele, dato che i tribunali israeliani non sono esattamente solerti nei confronti dei propri soldati, ma direttamente all’ICC oppure ai tribunali di altri paesi, basandosi sulla doppia nazionalità di alcuni soldati o aspettando che loro lascino il territorio israeliano (spesso per andare in vacanza). Queste denunce sono basate sulla cosiddetta “giurisdizione universale”: un principio del diritto internazionale che permette di perseguire gravi crimini indipendentemente dal luogo in cui sono stati commessi e dalla nazionalità dei sospettati o delle vittime.

I paesi scelti per le denunce fanno tutti parte dello Statuto di Roma, ossia il trattato con cui fu creata la Corte con l’obiettivo di perseguire i più gravi crimini internazionali: genocidio, crimini di guerra, crimini contro l’umanità e aggressione.

Prima di sporgere denuncia le organizzazioni come la Hind Rajab Foundation raccolgono materiale utilizzando fonti più o meno tradizionali: una parte importante delle informazioni le ricava infatti dai profili social dei soldati stessi. In questo anno e mezzo di guerra Israele ha dovuto convocare centinaia di migliaia di riservisti, ossia non soldati di professione, ma cittadini che hanno svolto il servizio militare obbligatorio e che possono essere convocati per tornare temporaneamente nell’esercito per esercitazioni o in caso di crisi.

– Leggi anche: Il sistema dei riservisti in Israele, spiegato

Molti di loro sono giovani e durante la loro permanenza nella Striscia hanno usato attivamente Instagram, pubblicando foto e video delle loro operazioni, nonostante le ripetute richieste ufficiali dell’esercito di non farlo, anche per non rischiare di rivelare informazioni sensibili al nemico.

In alcuni casi si tratta di semplici selfie, magari dentro all’ospedale di al Shifa, uno degli ospedali più importanti della Striscia e fra i più violentemente attaccati da Israele; in altri casi a essere pubblicati sono video che mostrano soldati celebrare l’uccisione di quello che la Hind Rajab Foundation ha identificato come un civile. Altre accuse riguardano la tortura di prigionieri palestinesi o il loro utilizzo come scudi umani, una pratica che è stata oggetto di diverse inchieste giornalistiche, fra cui una estremamente approfondita pubblicata dal New York Times.

– Leggi anche: L’inchiesta di Haaretz sull’uso dei palestinesi come “scudi umani” da parte dell’esercito israeliano

Yuval Kaplinski, ex capo della Divisione Internazionale della Procura di Stato israeliana, ha detto al canale televisivo Channel 12: «Se un soldato pubblica un video in cui si vedono case distrutte, o pubblica [un video di] una demolizione di case, e dice: “Faremo esplodere tutte le case di Gaza, e uccideremo i civili, e ci insedieremo lì, e distruggeremo tutta Gaza e tutti i suoi abitanti”, sta, essenzialmente, dichiarando che sta compiendo un crimine di guerra».

L’organizzazione continua a monitorare gli account social anche dopo che i soldati hanno smesso di prestare servizio, e in molti casi aspetta che loro mettano una storia o pubblichino una foto in un paese straniero per denunciarli.

Soldati israeliani si trovano all’ingresso di un tunnel di Hamas, nel sud della Striscia, a settembre 2024 (AP Photo/Leo Correa)

Con Yuval V. è andata proprio così. La Hind Rajab Foundation lo teneva d’occhio da un po’, poi ha aspettato che uscisse dal paese e pubblicasse delle foto online in Brasile e ha presentato una denuncia contro di lui a un tribunale brasiliano. Nella denuncia lo accusa di diversi crimini, fra cui la distruzione di un edificio residenziale nella Striscia di Gaza al di fuori di un contesto di combattimento: un’azione che per il diritto internazionale costituisce effettivamente crimine di guerra.

Il dossier lungo 500 pagine presentato al tribunale, e consultato dal sito di news brasiliano Metropoles, include dati sulla geolocalizzazione di Yuval V. e delle foto e video che lo mostrerebbero posizionare personalmente alcuni esplosivi e prendere parte a delle operazioni potenzialmente illegali. Uno dei video inseriti come prova, che la Hind Rajab Foundation ha pubblicato anche sui suoi profili social, mostra un’esplosione controllata di un palazzo in cui si sentono diversi soldati ridere, e uno di loro canticchiare la canzone degli Europe “The Final Countdown”.

Fra le cause più importanti che sono state mosse in questi mesi, c’è quella che il 17 dicembre la Federazione Internazionale per i Diritti Umani e altre organizzazioni hanno presentato al tribunale giudiziario di Parigi contro un soldato franco-israeliano che aveva prestato servizio nella Striscia di Gaza, chiedendo l’apertura di un’indagine per «crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidio, tortura e complicità in questi crimini». Le accuse si basano ancora una volta su diversi video pubblicati sui social media, in cui alcuni soldati israeliani, parlando in francese, si vantano di aver torturato i detenuti palestinesi.

Il sito di news francese Mediapart si era già occupato del caso a marzo del 2024, raccontando come alcuni di questi video mostrino dei prigionieri palestinesi bendati e con le mani legate, alcuni feriti, mentre vengono insultati da soldati israeliani.

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