Di Elvis sono diventati un mito perfino gli imitatori
Le persone che si vestono e cantano come lui sono un fenomeno che da un certo punto in poi ha vissuto di vita propria
Elvis Presley è forse la massima espressione della cultura pop americana: nacque a Tupelo, nello stato del Mississippi, l’8 gennaio di 90 anni fa, e nel corso della sua carriera fu oggetto di un’adorazione trasversale e incondizionata, paragonabile forse soltanto a quella che i Beatles ottennero dall’altra parte dell’oceano qualche anno dopo di lui e, per molti versi, ispirandosi a lui.
Elvis morì a 42 anni nel 1977, ma di fatto il suo mito non è mai passato di moda: continua a generare un interesse ininterrotto e ciclicamente attestato da libri, film e varie altre opere artistiche e prodotti culturali a lui dedicati, e anche da fenomeni di costume direttamente collegati alla sua figura. Uno dei più peculiari e conosciuti è quello dei cosiddetti Elvis impersonator, gli imitatori di Elvis che tirano a campare e a volte hanno costruito delle carriere imitandolo e suonando le sue canzoni in occasione di matrimoni, feste di compleanno e fiere locali.
Nel lessico comune statunitense, questi personaggi sono conosciuti con l’acronimo di ETA (Elvis Tribute Artist), e interpretano la loro professione nei modi più disparati: ci sono gli imitatori specializzati nelle parodie, quelli che puntano principalmente sull’immagine per convincere i turisti a scattare qualche foto e quelli che fanno valere il loro talento nell’imitare lo stile vocale e le movenze dell’Elvis originale, e che quindi si guadagnano da vivere come musicisti.
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Si stima che gli imitatori di Elvis nel mondo siano migliaia, così tanti che ormai la battuta secondo cui “Elvis una volta arrivò terzo a una gara di sosia di Elvis” è diventata una sorta di leggenda metropolitana, la stessa che in Europa ha per protagonista Charlie Chaplin.
La figura dell’imitatore di Elvis è ormai talmente presente nell’immaginario collettivo da essere diventata un tropo narrativo a sé stante: da più di mezzo secolo ricorre infatti in molte storie di finzione, soprattutto cinematografiche e televisive.
Per fare qualche esempio, nel film La rapina (2001) Kurt Russell, Kevin Costner, Courteney Cox e Christian Slater sono una banda di criminali travestiti da Elvis, e pur non dicendolo esplicitamente anche Sailor Ripley, il personaggio che Nicolas Cage interpreta in Cuore selvaggio di David Lynch (1990), si rifà in modo molto evidente all’iconografia e alle pose tipiche di chi imita Elvis. L’imitatore di Elvis è anche una figura immancabile di molti matrimoni che vengono celebrati ogni giorno a Las Vegas: è possibile assumerne uno per accompagnare la celebrazione, o anche richiederlo come cerimoniere.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, gli ETA cominciarono a farsi notare mentre Elvis era ancora in vita. Il primo di cui si ha notizia è Carl Cheesie Nelson, che già nei primi anni Cinquanta, quando la carriera di quello originale era ancora agli inizi, cantava i primi successi di Elvis nei locali di Texarkana, in Arkansas, dove diventò una specie di idolo locale. Negli anni Nelson sviluppò un rapporto di amicizia personale con Elvis, che fu raccontato anche in un libro. Un altro tra i primissimi imitatori di Elvis fu il canadese Jim Smith: nel 1956, quando aveva ancora 16 anni, cominciò a copiarne le movenze e a vestirsi come lui: ottenne un suo piccolo successo, e diventò un ospite frequente di una radio canadese.
Tra gli anni Sessanta e Settanta gli imitatori di Elvis aumentarono, facendosi notare soprattutto nei talent televisivi, spesso per la loro resa involontariamente comica. In quello stesso periodo la fama della categoria aumentò grazie al successo del comico Andy Kaufman, che inserì in tutti i suoi spettacoli degli spezzoni in cui imitava Elvis con toni grotteschi, surreali e decadenti.
Oggi vengono organizzati molti concorsi per sosia di Elvis: il più famoso si tiene ogni anno a Memphis, la città che ospita Graceland, l’imponente villa che il cantante acquistò nel 1957, e che da allora è diventata la destinazione dei pellegrinaggi di migliaia di fan che vogliono omaggiarlo.
Come ha notato Jacob Rubin su Slate, dagli anni Ottanta in poi gli ETA hanno preso ispirazione soprattutto dall’ultima fase della carriera di Elvis, quella calante, in cui indossava la celebre tuta, portava i basettoni, aveva preso molto peso e tirava a campare suonando a Las Vegas.
Secondo Rubin, gli ETA tendono a celebrare l’Elvis «ingrassato e autoparodiante» soprattutto per via dei tanti miti che circolano sulla morte del cantante. Già dalla fine degli anni Settanta, infatti, cominciarono a diffondersi varie teorie complottiste secondo cui Elvis, in realtà, sarebbe ancora in vita. Di conseguenza, ha scritto Rubin, imitare Elvis nella sua fase calante è un modo per «preservarlo proprio nel momento immediatamente precedente alla sua morte».